🇫🇷 Lamartine e il suo viaggio in carrozza da Genova alla Spezia

Alphonse de Lamartine (1790-1869 )
Poeta, scrittore, storico e politico, nel 1826 Lamartine viaggia in carrozza, fra Genova e La Spezia, in una notte estiva.

La luna splendida illuminava il mare. I pini, gli ulivi, i castagneti, le rocce della costa oscuravano la terra… La corsa focosa dei cavalli accresceva la vertigine della mia ammirazione davanti al sublime e misterioso spettacolo…. Fu un’ebbrezza data dalla terra, dal mare, dalla notte, una febbre di entusiasmo per il bel paese; non pensavo a scrivere, avevo la mente piena di altre impressioni. Ma qualche mese dopo trovandomi a Livorno, terra senza poesia, ricordai la notte lungo la via Aurelia e cercai di descriverla in poesia.[…]Preferisco il fremito di una vela sulle onde orlate di schiuma di questo bel golfo, preferisco l’ombra di un pino…preferisco i grandi rami di un castagno …. che i due o trecento versi in cui ho cercato di fermare quella notte.

Henri Decaisne, Alphonse de Lamartine, Musée des Ursulines-Mâcon

Poésie ou Paysage dans le golfe de Gênes

La lune est dans le ciel et le ciel est sans voiles;
Comme un phare avancé sur un rivage obscur,
Elle éclaire de loin la route des étoiles
Et leur sillage blanc dans l’océan d’azur.

A sa clarté tremblante et tendre
L’oeil qu’elle attire aime à descendre
Les molles pentes des coteaux.
A longer ces golfes sans nombre
Où la terre embrasse dans l’ombre
Les replis sinueux des eaux.

[…]

A travers l’ombre opaque et noire
Des hauts cyprès du promontoire,
Il voit sur l’humide élément
Chaque flot où sa lueur nage
Rouler, en mourant, sur la plage,
Une écume, un gémissement.

[…]

L’oeil qui mesure ses rivages
Voit étinceler sur leurs plages
L’écume flottante des mers.

[…]

Dal luglio 1825 Lamartine era segretario d’ambasciata a Firenze. 
Di lì, nel poemetto “Le dernier chant du pélerinage d’Harold”, aveva dedicato alcuni versi all’Italia, paragonandone il misero presente con le mitiche glorie del passato, mettendo in rilievo la miseria della situazione italiana del tempo.
Lamartine aveva raffigurato l’Italia come un paese in rovinosa decadenza morale e l’aveva definita una terra “abitata da morti”.
Era uno schema retorico usato spesso anche dagli stessi intellettuali italiani ma che aveva suscitato, fra i patrioti italiani, indignazione e sdegno.
Molte reazioni vennero subito tacitate dalla censura per evitare incidenti diplomatici, vista la posizione politica di Lamartine che era allora segretario dell’ambasciata di Francia a Firenze.
Qualcuno riuscì però ad eludere la censura: l’esule napoletano Gabriele Pepe, in uno scritto, celato all’interno di un opuscolo d’esegesi dantesca (di cui si vendettero duecento copie in due giorni), definiva Lamartine: «fiacco e imbelle», «rimatore di crassa dappocaggine» che «si sforza di supplire all’estro ond’è vacuo […] con baie contro l’Italia, baie che chiameremmo ingiurie».
Inevitabilmente si venne ad un duello alla spada fra Pepe e il poeta francese: il 19 febbraio 1826, a Firenze, sulle rive dell’Arno, al di là di Porta San Frediano. 
Lamartine rimase lievemente ferito al braccio destro e lo scontro ebbe termine.

L’offesa rimase comunque una ferita aperta! Così l’immagine del «popolo de’ morti» che si risveglia nella lotta per l’unità nazionale venne spesso ripresa negli anni cruciali del Risorgimento italiano.

Il poeta Giuseppe Giusti vi si ispirò per il componimento umoristico La terra dei morti (1842), ove tratteggiava il «bel camposanto» d’Italia onde trasmettere il quadro opposto di una realtà ben viva.

Fino ad arrivare al Carducci dell’ode “Piemonte” (1890), celebrazione del ruolo del Piemonte nella lotta per l’unità e l’indipendenza nazionale.

Un’ulteriore rivendicazione si ebbe però anche più tardi quando l’artista futurista Fillia e i suoi collaboratori presero spunto dall’antica diatriba, causata da quei versi che definivano l’Italia “Terra dei morti”, per scegliere ad hoc il nome della neonata rivista futurista, (Quindicinale di turismo, arte, architettura / direttore artistico Fillia, La Spezia, Casa d’arte, 1933), chiamandola appunto, con rinnovata speranza: “La Terra dei vivi”.

Riscatto dell’ingiuria mai dimenticata.

(FR)

Monument écroulé, que l’écho seul habite!
Poussière du passé, qu’un vent stérile agite
Terre, où les fils n’ont plus le sang de leurs aïeux!
Où, sur un sol vieilli les hommes naissent vieux;
Où le fer avili ne frappe que dans l’ombre;
Où sur les fronts voilés plane un nuage sombre;
Où l’amour n’est qu’un piège, et la pudeur qu’un fard;
Où la ruse a faussé le rayon du regard;
Où les mots énervés ne sont qu’un bruit sonore,
Un nuage éclaté qui retentit encore!
Adieu! Pleure ta chute en vantant tes héros!
Sur des bords où la gloire a ranimé leurs os,
Je vais chercher ailleurs (pardonne, ombre romaine!)
Des hommes, et non pas de la poussière humaine!»

(IT)

Monumento crollato, abitato solo dall’eco!
Polvere del passato, sollevata da un vento sterile
Terra, dove i figli non hanno più il sangue degli avi!
Dove, su un suolo invecchiato gli uomini nascono vecchi;
Dove il ferro svilito colpisce soltanto nell’ombra;
Dove sulle fronti velate aleggia una nuvola oscura;
Dove l’amore non è che un inganno, e il pudore un belletto;
Dove l’astuzia ha alterato la dirittura dello sguardo;
Dove le parole irose non sono che un rumore sonoro,
Una nuvola esplosa che riecheggia ancora!
Addio! Piangi la tua caduta vantando i tuoi eroi!
Su rive ove la gloria ha rianimato le loro ossa,
Altrove vado a cercare (perdona, ombra romana!)
Uomini, e non polvere umana!

@ Annalisa Tacoli

🇫🇷 “PERCORSI” – Lamartine e il suo viaggio in carrozza da Genova alla Spezia