🇫🇷 Stendhal: da Genova a Livorno

Ne “L’Italie en 1818” Stendhal propone di distinguere due tipi di viaggiatori che sembrano coesistere nel corso dei secoli: coloro che si interessano ai costumi, da coloro che vedono soltanto i muri. 
Da un lato il viaggio scientifico, in cui si nota l’attenzione antropologica per la popolazione ( e che si accentua durante l’illuminismo); dall’altro il viaggio di formazione culturale ed estetica per cui il bel paese è un museo a cielo aperto, a cui si aggiunge l’osservazione del paesaggio.
Ancora diversa è però, come vedremo, la sua personale idea di viaggio.
Ricordando il suo arruolamento nel 1800 e la partenza da Parigi annota “ero assolutamente ebbro, pazzo di felicità e di gioia. Qui comincia un’epoca di entusiasmo e di felicità perfetta.”. Sarà sottotenente nell’Armata d’Italia, considera Milano come patria d’adozione e, grande appassionato di opera lirica ci confida “vivere in Italia e ascoltare musica divenne la base di tutti i miei ragionamenti.
L’opera di Stendhal che maggiormente ha contribuito ad una descrizione precisa e dettagliata della Liguria e soprattutto della città di Genova è “Mémoires d’un touriste” pubblicato nel 1838.
Qui l’autore spiega, fin dalle prime pagine, il motivo di questo suo nuovo viaggio nell’Italia che ha sempre sognato: un viaggio semplicemente “di piacere”.

Silvestro Valeri - Stendhal en uniforme de consul -

Stendhal ricorda di essere arrivato nella città ligure alle cinque del mattino a bordo di un imbarcazione, il Sully e di avere espresso subito la volontà di passare un’intera giornata a visitare Genova, prima di ripartire alla volta di Marsiglia. A Genova visita chiese e monumenti. “Per dovere di viaggiatore” sale sulla cupola della Chiesa di Carignano. Per rinfrescarsi si fa accompagnare in

[…] un caffé buio, composto di due stanze sudice e di un cortile pavimentato di marmo. […] Che differenza col lusso amabile di Milano e di Venezia […] Ho lasciato al più presto il triste caffè dove però sono tornato diverse volte durante la giornata a bere delle eccellenti bibite, soprattutto l’acqua rossa, con cinque o sei ciliege in fondo al bicchiere e il profumo delizioso dei noccioli. Questa bibita eccellente e mai abbastanza lodata costa tre soldi, cosa che mi ha riconciliato con la bruttezza del caffè.”

Il Teatro Carlo Felice da: https://www.bbalcentrodigenova.i/carlo-felice-genova/

Rinfrescato dallo sciroppo di amarena, verso sera entra nella “cattedrale bianca e nera costruita a bande orizzontali”. Visita le gallerie di via Balbi dove lo affascinano i Van Dick. Poi va a teatro.

Credevo che i genovesi amassero soltanto il denaro; amano anche, mi dicono, la loro indipendenza, contano di riacquistarla alla prima convulsione dell’europa. Questa riflessione politica me l’ha suggerita il fatto che sono stati obbligati a dare il nome di Carlo Felice al superbo teatro che si sono costruiti.

Altre citazioni riferite a Genova e alla Liguria si rintracciano in un appunto dettato da Stendhal, al cugino Romain Colomb, in previsione di un viaggio in Italia di quest’ultimo; il testo, quasi una guida turistica ante litteram, venne pubblicato più tardi sotto il titolo “Journal d’un voyage en Italie et Suisse pendant l’année 1828”. Stendhal dettò i suoi suggerimenti al cugino che li annotò accuratamente su un quadernetto.

Si potrebbe andare a Genova con la diligenza ma è molto meglio prendere un vetturino. C’è il vantaggio di vedere da vicino quattro o cinque italiani e di conoscerli più a fondo di quanto non si farebbe con cinquanta visite.

Con 10-14 franchi al giorno il vetturino vi fa percorrere 30 miglia italiane (10 comuni leghe francesi). Nel prezzo sono compresi la cena e il letto e, quando si riparte, si lasciano 30 centesimi al cameriere. La maggior parte degli italiani in questi casi non pranza; a mezzogiorno prende un riso in brodo e una tazza di caffè.
Il vetturino parte alle 5 del mattino, sosta da mezzogiorno alle 3 e fa in modo di arrivare al tramonto; è in questo momento, chiamato Ave Maria, che i briganti si mettono in caccia. Durante il viaggio è il vetturino che sceglie la locanda.
Fra Sarzana e Genova (Itinerario Italiano 1818) ci sono 12 stazioni di posta e 18 ore piene di viaggio, con inevitabile pernottamento a mezza via.

Da Genova si segue la costa, con qualche disagio, fino a Sarzana attraverso le poste di Recco, Rapallo, Sestri, Moncaglie e Levanto… Gli “avvenimenti” e le “raccomandazioni” di Stendhal al cugino, riferiti ad un attraversamento del fiume Magra ci riguardano da vicino:

Per 36 franchi, in tre giorni e mezzo, un vetturino vi porterà a Livorno; se la Magra è in piena, fare attenzione a non affogare: si prende una barca e con un tragitto di un quarto di lega sul mare si arriva dall’altra parte; questa strada è la più bella d’Italia. Più si va piano meglio è…
(Stendhal – Guida ad uso di chi viaggia in Italia.)

Agostino Fossati - Portovenere

Qualche altro frammento di uno Stendhal “genovese” si trova sia nella Correspondance che nel Journal, tuttavia si tratta di citazioni rapide e di brevi osservazioni.
Un testo più intimista che descrittivo è “Rivages de la mer”, scritto a Recco nel 1814 e rinfuso in Voyage en Italie del 1828.
Più vicina a noi invece è ancora una frase scritta in una lettera all’amico Adolphe de Mareste nel 1819: Otto giorni a Genova. Traversata da Genova a Livorno, deliziosa, durata 27 ore con cena a Portovenere.” … Purtroppo non dice nient’altro!

 

Però se ripensiamo a George Sand e a ciò che lei ci racconta di un suo pranzo a Portovenere, possiamo immaginare anche Stendhal, ospite di una trattoria a conduzione famigliare, a condividere il pasto della famiglia.
Zuppa di legumi o fritto di pescato?

@ Annalisa Tacoli

🇫🇷”PERCORSI” – Stendhal: da Genova a Livorno