🇷🇴 Il Golfo della Spezia visto da Dora d'Istria

Nel 1867 la rivista parigina « Le Tour du Monde » pubblica un articolo di 16 pagine dal titolo Le golfe de La Spezia par Mme Dora d’Istria con « Texte et dessins inédits ». Infatti vi troviamo 9 incisioni, su disegni tratti da fotografie, di Thérond, Bayard e Riou, uno degli illustratori di Jules Verne. In coda al testo il nome dell’autrice è accompagnato dalla menzione « Membre de la Société de Géographie de France », fondata nel 1821.
Le illustrazioni, molte volte riprese e diventate note ai collezionisti, hanno per titoli: Hôtel de la Croix-de-Malte, Panorama de La Spezia, Panorama de Porto Venere, Costume bourgeois à La Spezia, Vue de Portovenere prise de l’île Palmaria, Paysanne de Biassa, Vue de Fezzano Rive occidentale du golfe, L’île Palmaria et la villa du marquis Pieri Nerli, infine Rocca dei Cappucini. Si aggiungono una carta del golfo e la pianta della caverna di Cassana.
Ma chi era Dora d’Istria? È, sotto pseudonimo, la principessa Elena Ghika, figlia del principe Michele Ghika la cui famiglia, di origini albanesi, si era stabilita da tempo in Moldavia cui diede molti uomini di stato. Dora/Elena nacque a Bucarest nel 1828. Fece eccezionali studi ad Atene, Dresda, Vienna, Venezia e Berlino presso i più rinomati dotti dell’epoca. Dopo il matrimonio (1848) con un principe russo visse a Pietroburgo che presto lasciò per stabilirsi a Firenze dove rimase sino alla morte (1888) in un ambiente stimolante e cosmopolita. Amica di Garibaldi, estimatrice di Mazzini, si era appassionata per le lotte nazionali, in particolare quella dell’Italia. Aveva scritto sempre in francese molte opere di vario genere.

Ritratto litografato di Dora d'Istria (Wikipedia)

L’articolo è composto da 4 capitoli, molto vari, che tracciano un ritratto vivo della città, della sua gente senza dimenticare l’aspetto scientifico, geologico e naturalistico.
Il testo è basato non solo su letture ma più spesso sull’esperienza viva di chi conosce per esperienza diretta la città e il golfo. 

 

Infatti Dora d’Istria aveva evidentemente fatto parecchi soggiorni in città, per cui inserisce scenette colte dal vivo che danno vivacità al testo.
Inizia con il sottolineare quanto sia cambiata la città che Byron, evocato a più riprese con Shelley, non avrebbe riconosciuta: da città isolata, era ormai raggiungibile da Pisa con il treno “en quelques heures” (la linea da Genova era ancora in costruzione) o con la nave (“des paquebots sillonnent fréquemment le golfe”). La città tranquilla e sonnecchiosa “autrefois plongée dans il dolce far niente” è diventata una città di cui l’industria e i lavori per la costruzione dell’arsenale  evocano i progetti napoleonici,  ne modificano l’aspetto: “cette cité retentit aujourd’hui du bruit des marteaux et du sifflement des machines à vapeur”.
Rimangono tuttavia intatti “le golfe merveilleux” “la plus belle des mers” et “de ravissants paysages » Con frasi di un lirismo un po’ convenzionale, Dora evoca il chiaro di luna sul golfo, o il venticello che porta in mare petali di fiori, le notti magiche (“L’air est tellement transparent que du quai on aperçoit les objets comme en Grèce […] il n’est pas une barque qui échappe au regard. Barques et navires se balancent indolemment sur les eaux où leur image se reflète »).

Dora d’Istria dedica molto spazio alla vegetazione: agli aranci del “boschetto”, alti quanto i meli del nord ovest francese, alle agavi ma soprattutto alle palme che hanno dato il nome all’isola Palmaria dove però sono scomparse. “Sarebbe auspicabile che la municipalità della Spezia prenda sotto la sua speciale protezione quei venerabili rappresentanti del vecchio mondo”. Gli ideatori dei nostri giardini e del lungo mare si sono forse ispirati a questo testo?
Ma l’autrice s’interessa soprattutto alla gente, di tutte le condizioni, dei suoi costumi, dei suoi passatempi. Mentre i contadini, magri perché denutriti, sono vestiti poveramente con stoffe scure e portano in testa un berretto rosso che pende talvolta sulla spalla, talvolta sulla fronte, i “popolani” portano “de larges pantalons gonflés sur les hanches et de vastes chapeaux”. 

Per farsi un’idea dei costumi, Dora ha partecipato alla festa della Madonna dell’Acquasanta, la prima domenica di luglio. Vestite a festa le contadine sfoggiano vestiti dai colori vivaci e molti gioielli. Si adornano di fiori che mettono “coquettement dans leurs cheveux au-dessus de leur oreille droite, à côté d’un très-petit chapeau plat en paille terminé par deux rubans attachés aux cheveux ». Nota che persino i buoi « ont leur coquetterie » e portano con une “visible satisfaction” una specie di diadema da cui cadono delle palline multicolori. Ma nelle colline scoscese solo il mulo permette di trasportare i pesi come il vino.

Dora d’Istria sfata la credenza che non ci sia in Italia una classe media, anzi essa è viva e ha dato al paese molti uomini politici: cita Mazzini, Rattazzi e Crispi. Le donne più facoltose seguono le mode parigine con maggior gusto che in città più importanti, mentre le borghesi sono “fedeli al velo nero che cade sulle orecchie e copre la chioma. Alcune hanno il velo bianco genovese che le avvolge elegantemente con una nuvola e di cui la brezza apre le graziose pieghe”, ma, obietta l’autrice, una moda che rende seducenti le giovani ma non sta bene alle vecchie.
Non mancano gli spettacoli visto che La Spezia ha più teatri di altre città importanti: il teatro civico costruito nel 1844 e uno nuovo ”le théâtre des Variétés”. Le signore spezzine passeggiano meno che in altre città, forse per mancanza di un luogo adatto. C’è, è vero, “il caroggio dritto” ma questo è percorso soltanto dalle pesanti diligenze e dalle vetture. In realtà la vita di società è concentrata nei mesi estivi con i bagni che chiudono al primo settembre. 
Nella stagione estiva bagnanti, marinai e borghesi affollano la spiaggia. La sera i villeggianti, inglesi, tedeschi e italiani si accalcano nei caffè o all’aperto discutendo “ les affaires des deux mondes”!

Questi turisti approfittano del soggiorno per visitare la città e i suoi dintorni . La Spezia è dominata dal “vecchio castello merlato di S.Giorgio e [dal]la bastia”; poco lontano la Rocca dei Cappuccini, “una terrazza deliziosa circondata di cipressi, di querce e di agavi”. Questa ”rocca” è di grande utilità alla città perché la protegge dal paludismo che rende pericoloso il “piano di Migliarina”.
Mentre Lerici sembra non averla colpita, poiché menziona che ha 5.400 abitanti, razza di marinai, la riva occidentale del golfo è descritta con dovizia di particolari. Dora d’Istria si sofferma su Portovenere, costruita su marmo portoro. Sul tempio alla dea Venere è stata costruita una chiesa “oggi in rovine”. Dalla punta il turista abbraccia “un orizzonte meraviglioso, le coste incantevoli della Liguria, l’isola Palmaria, la Gorgona e Capraia infine le montagne della Corsica”.

L’alto castello che domina, circondato da fichi verde scuro e d’ulivi azzurrini, le sue case alte e strette le une contro le altre come per resistere meglio alla tempesta, le sue rovine che l’azione dei secoli sembra aver identificato con la roccia, la bella cattedrale di San Lorenzo […] tutto trattiene lo sguardo e induce al sogno gli spiriti meditativi.

La popolazione di 800 anime fornisce eccellenti marinai e abili piloti. Il Tino ha offerto un rifugio a san Venerio. Sul sito Lucius, vescovo di Luni, fondò nel 610 un convento di cui esistono ancora dei resti, convento spostato poi alle Grazie. Le reliquie di San Venerio, per timore dei pirati sono state trasferite alla Spezia. Al Tinetto si erano insediate per qualche tempo delle religiose. Sussistono resti delle celle.

Ma la geografa, dopo aver descritto minutamente l’orografia del golfo non poteva esimersi dal citare due curiosità naturalistiche locali, ossia la “polla di Cadimare” di cui si sono occupati numerosi uomini di scienza, tutti menzionati, fra i quali spiccano i nomi di Spallanzani, Capellini e Guidoni; quest’ultimo nato a Vernazza e autore del saggio intitolato Delle meravigliose fontane ed altre curiosità naturali del golfo.
La seconda è la caverna di Cassana, dove sono stati rinvenuti ossi di orso preistorico studiati da Giovanni Capellini.

Il testo, corredato dalle illustrazioni, nonostante la sua eterogeneità e le numerose divagazioni dell’autrice, ci tramanda una specie di istantanea enciclopedica del golfo e dei suoi abitanti in anni di cambiamento, una visione colta sul vivo da una donna attenta osservatrice della realtà che la circonda e desiderosa di farla conoscere ad un largo pubblico.

@ Hélène Colombani

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