🇫🇷 Alphonse Karr: note di viaggio di un intellettuale raffinato
Cominciò così – “Je partis un jour de Gênes pour la Spezzia…” – la storia “spezzina” di un raffinato intellettuale. Si chiamava Jean-Baptiste Alphonse Karr, più comunemente noto come Alphonse Karr, ed era uno che non si faceva certo pregare per dirne quattro, a modo suo, a quanti riteneva meritevoli di severe rampogne. Karr era un giornalista piuttosto stimato all’ombra della Tour Eiffel, tanto in gamba da guadagnarsi presto i gradi di redattore capo del Figaro, una delle “gazzette” più autorevoli di Parigi. Nondimeno, siccome quel ruolo gli andava stretto, pensò bene di inventarsi editore fondando un mensile, Les guêpes (le vespe), con il quale dare libero sfogo al suo caustico humour nei riguardi dei potenti che non gli garbavano troppo. Per fare un esempio delle stilettate che vibrava qua e là, ecco un paio dei suoi aforismi più pungenti per la classe politica di allora (e dei nostri tempi, a ben vedere!): “Les apôtres deviennent rares, tout le monde est Dieu” (Gli apostoli diventano rari, sono tutti padreterni)”. Oppure “Plus ça change, plus c’est la même chose” (Più cambia, più è la stessa cosa).
Il nostro Alphonse – il quale al mestiere di giornalista abbinava quello di novelliere (scrisse una settantina di romanzi) – amava infatti cimentarsi nella spinosa arte della satira, e Les guêpes pareva la vetrina ideale per dare visibilità alle sue corrosive esternazioni.
Nato a Parigi il 24 novembre 1808, a 25 anni, si sposò con Louise Estelle Clémentine dalla quale ebbe una figlia, Thérèse, tornando a vivere a Saint-Maur, una cittadina della Marna, nell’Île-de-France, ch’egli conosceva bene per avervi trascorso l’infanzia e l’adolescenza. Il matrimonio con Louise però non ebbe fortuna, e la coppia ben presto si separò. Fuggito nel ’51 a Nizza, dopo avere dimorato per qualche tempo anche a Genova e a Nervi, finalmente liberato dall’esilio dalla caduta di Napoleone III, Karr si stabilì in ultimo a Saint-Raphaël, di nuovo sulla Côte d’Azur, ma nel Var.
A questo punto, possiamo passare alle sue… vacanze spezzine. Vacanze che furono due, a distanza di ventidue anni l’una dall’altra.
La prima avvenne nell’estate del 1853. Allorché attorno alla metà di luglio – nel giorno in cui “Je partis de Gênes pour la Spezzia” – la sua carrozza varcò Porta San Bernardino, che si trovava in Via Prione, qualche metro più a monte dell’omonimo convento, oggi Museo diocesano ed etnografico, il francese trovò una grande agitazione nelle strade. Qualcuno gli spiegò poi che tutto quel trambusto dipendeva dal fatto che dai primi di luglio l’intera famiglia reale piemontese aveva preso alloggio nell’Hotel Croce di Malta ubicato alla marina, fuori dalla cinta murata, per trascorrervi l’estate. Con la sovrana, l’arciduchessa Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena, c’erano la regina-madre Maria Teresa d’Asburgo-Toscana, vedova di re Carlo Alberto, e i principini Maria Clotilde (dieci anni), Umberto (principe di Piemonte, nove), Amedeo (duca d’Aosta, otto), Oddone (duca di Monferrato, sette), e Maria Pia (sei). Re Vittorio sarebbe passato più tardi a trovarli, soffermandosi forse dal 20 al 28 luglio quando partì per La Maddalena.
Per una piccola comunità qual era quella spezzina, si trattava davvero di un evento non da poco.
Poiché il Croce di Malta, l’albergo più elegante della città, era interamente occupato da sovrani, dai cortigiani, dagli ufficiali del seguito, e dal personale di servizio, si può supporre che Karr avesse trovato sistemazione alla Locanda Odessa o all’Hotel Milano, due esercizi di tutto rispetto, poco distanti dal mare.
La Spezia – raccontò poi il giornalista – è una piccola città posta al fondo di un grande golfo, costituito da nove insenature più o meno profonde, ciascuna delle quali ha il suo paesino o la sua borgata. Alle spalle della città, in lontananza, si elevano colline coperte di uliveti e di castagneti. Sulla sinistra si stende un bosco ove ritrovai, con gioia, gli alberi di Francia – gli stessi sotto i quali mi trastullavo da bambino, sofferto e amato da adulto – ontani, betulle, querce, tigli, ecc.
Mai vista un’acqua così trasparente!
Appena arrivato, sul far della sera, lo scrittore aveva voluto andare a dare un’occhiata al golfo ed era salito su una imbarcazione che lo aveva condotto, disse, «sulle acque più trasparenti che io avessi mai visto».
Dopo essersi soffermato a descrivere con un certo lirismo la magia del crepuscolo, lo scrittore spiegava che per i giorni che intendeva trascorrere a Spezia aveva reclutato un barcaiolo. «Era un giovane pieno di vita, civettuolamente vestito di bianco, con una larga cintura rossa e scarpe anch’esse rosse, quanto meno quella sera, poiché l’indomani aveva sostituito scarpe e cintura rosse con scarpe e cintura blu. Ma ne aveva anche di verdi».
Giuseppe, così si chiamava, possedeva bandiere di tutti i Paesi, il che gli consentiva di alzare di volta in volta sull’asta della sua barca il vessillo della nazione del cliente di turno.
Il particolare delle bandiere ci fa capire che in quegli anni il movimento di turisti stranieri era alquanto intenso, e che Spezia non era quel borgo misero, sporco e sempre alle prese con il colera del quale molti anche oggigiorno purtroppo vanno raccontando.
Karr comunque declinò l’invito. Lui amava scoprire i luoghi dei suoi viaggi nel loro aspetto più genuino spiegò, per cui preferiva lasciare le cose come stavano. Pregò pertanto Giuseppe di ammainare il vessillo francese, che già aveva inalberato, per sostituirlo con quello piemontese.
All’epoca, con i viaggiatori per diletto che arrivavano sempre più numerosi alla scoperta di un golfo, del quale all’estero si diceva un gran bene, quello del barcaiolo era diventato uno dei mestieri più praticati. Sono giunti fino a noi i nomi di Moscoja, così chiamato perché suo padre aveva partecipato alla battaglia di Mosca con Napoleone, di Dané, detto Picosso, di Sanvenero, detto Nanè, e di Giuseppe, il battelliere di Karr.
Che belle le donne spezzine!
Durante le sue passeggiate in città e nei paesi della riviera lo scrittore fu colpito dalla bellezza delle donne, una bellezza a quanto pare non comune. «In generale – annotò nel suo taccuino – le donne sono molto belle in questi paesi, soprattutto le donne del popolo e le paesane; io mi chiedo piuttosto tristemente se ho fatto bene a trascorrere tutta la mia giovinezza in mezzo alla popolazione parigina dove di una donna ci sono più setole, crini e merletti che donna, per venire infine a 45 anni a giocare il ruolo del Tantalo scoraggiato.».
Eppure, l’esser belle, anzi, molto belle, non era una ragione sufficiente per esentare le rappresentanti del gentil sesso dalle fatiche da uomini. Karr rivelava che esse «sono impiegate nel trasporto di grandi pesi. Esse scendono dalle montagne tagliando per i boschi come gli uomini; esse vanno lontano a prendere l’acqua, e vengono giù con lastre di marmo portate sul capo, e quando i pezzi sono troppo grossi, li portano in due, stando affiancate, spalla a spalla l’una con l’altra, come dei buoi al giogo».
Egli ebbe anche modo di scoprire che le più anziane filavano tutte canapa, lino o altro con la rocca e con l’arcolaio per dipanare la conocchia. Era così radicata e in fondo così semplice quella intrapresa che, come osservò Karr, le matrone lavoravano con la rocca anche passeggiando.
Au clair de lune con la Regina
Una sera, uscito dal suo albergo per fare due passi lungo la riva del mare, Karr era tutto assorto nei suoi pensieri quando d’improvviso
…una nave calò l’ancora nel golfo e da lì partirono due scie luminose che dopo avere descritto un arco nell’aria andarono a stendersi sull’acqua. Nello stesso momento, un piccolo battello a vapore entrò nel golfo e questa apparizione provocò un certo movimento sulla spiaggia. Il battello accostò al pontile e dei valletti in livrea sollevando delle torce illuminarono lo sbarco della regina del Piemonte che rientrava da una gita. Dalla nave in rada proveniva intanto una gran bella musica, e la regina si diresse con passo lento verso il suo albergo. È una grande e bella persona dall’incedere assai nobile; portava con grande naturalezza un ampio scialle blu, che formava delle pieghe molto belle, degne di un mantello reale
Curiosi i copricapi delle donne
Durante il suo girovagare sulle rive del golfo Karr fu tratto in inganno da uno strano modo di fare delle donne. Poiché le massaie che andavano a rifornirsi d’acqua alle fontane trasportavano sulla testa, opportunamente acconciata con delle cercine, delle lucenti brocche di rame, lo scrittore credette lì per lì che fossero «cappelli di rame che luccicavano al sole», e lo appuntò sul quadernetto che si portava sempre appresso. Poi capì di cosa si trattava e si rammaricò dell’abbaglio che aveva preso.
La sirena della grotta
Il soggiorno sulle rive della Sprugola riservò al giornalista francese anche un incontro con una… sirena. Racconta Karr che volendo fare un giro e non avendo trovato Giuseppe al solito posto, prese il canotto usato in quei giorni e da provetto vogatore qual era si spinse nel golfo verso una scogliera che si scorgeva dalla banchina.
In una grotta assai profonda nella quale il mare entrava fino a una spiaggia di sabbia fine e bianca, una bella donna faceva il bagno pensando di essere sola. Io forzai allora sul remo per allontanarmi, ma lo sciacquìo causato dal legno attirò l’attenzione della bagnante la quale, spaventata, si affrettò ad uscire dall’acqua ed a correre sulla rena per avvolgersi in un grande drappo bianco che però la copriva meno dell’acqua blu».
Un po’ appartato c’era comunque il battelliere che aveva portato lì la signora e che stava a rispettosa lontananza pronto ad accorrere a un richiamo della cliente. «Se queste righe – concludeva Karr – dovessero per caso finire sotto gli occhi di quella bella bagnante, ebbene, la prego di scusarmi per averle creato tanto turbamento
Essendo la riviera di levante del golfo una spiaggia ininterrotta dal colle dei cappuccini sino a San Bartolomeo, quella grotta doveva trovarsi nell’altro versante della rada, dalle parti di Marola, e più precisamente nel ventre del promontorio di San Gerolamo situato fra Marola e Cadimare, bellissimo colle visibile dal ponte di sbarco, disgraziatamente spianato nel 1863 dai badilanti di Domenico Chiodo. Se ci fosse ancora, una cavità del genere, profonda e con la spiaggia di bianca sabbia fine al suo interno, sarebbe una gran bella attrattiva per i turisti.
Il ritorno, ventidue anni dopo
Del secondo soggiorno nel golfo, avvenuto nel giugno del 1875, Karr racconta in Notes de voyage d’un casanier, pubblicato nel 1877, offrendoci altri cammei di vita vacanziera, in una città peraltro ben diversa da quella che aveva conosciuto.
La Spezia, il suo golfo, le montagne che lo racchiudono, formano, senza dubbio, uno dei più affascinanti angoli della terra. Io ero venuto qui ventidue anni fa, all’epoca era una povera piccola borgata, con un ancora più povero albergo, dove l’arrivo di un viaggiatore suscitava scalpore. Il governo italiano ha realizzato un progetto di Napoleone primo e ha fatto di questo golfo meravigliosamente ospitale, con un fondale nel quale le ancore tengono con perfetta sicurezza, un magnifico arsenale marittimo.
Fumi e fracassi sotto un cielo blu
Cosa strana! La Spezia, dove oggi si sente, lo ammetto, il martello risuonare e suonare un po’ troppo sul legno e sul ferro, dove delle alte ciminiere di officine, mandando in alto le loro grigie e perpetue fumate, sembrano volere produrre delle nuvole per questo cielo sempre blu che non ne vuole e che le fa disperdere da una vittoriosa brezza; la Spezia, la cui popolazione è decuplicata dopo ventidue anni, nulla ha perduto del suo fascino pittoresco, grazie al talento artistico degli italiani. In effetti quattro villaggi, del tutto nuovi per me, si sono aggrappati e quasi sospesi ai fianchi delle montagne; tutte quelle case dalle varie forme, irregolari, bizzarre, dipinte con diversi colori, circondate da uliveti e castagneti, sono di un effetto delizioso, e devono ispirare un sentimento d’invidia a coloro che non hanno, come me, trovato il loro nido sulle affascinanti e pittoresche spiagge di Saint-Raphaël. Per dirla tutta, io temo che le nuove costruzioni che vi si stanno realizzando non porteranno quel giovamento che invece Marola, la Casa di mare, e gli altri nuovi villaggi, raggruppati come mandrie di capre sopra il mare, hanno apportato alla Spezia.
La straniera e la bella cameriera
C’è un teatro alla Spezia, e mi sembra di averne visto un secondo, modestamente nascosto sotto un traliccio, in fondo a un giardino. Ci sono dei bagni di mare e dei bagni d’acqua dolce. A proposito di questi ultimi, ieri, una bella straniera che mi ha fatto l’onore di accettare la mia amicizia, rimase colpita dalla bellezza della ragazza che la serviva al bagno, e, uscendone, le disse: “I vostri bagni lasciano a desiderare, l’acqua era troppo calda, la biancheria troppo fredda, ecc. ma tu sei così carina che voglio donarti qualcosa”. E con la punta delle dita prese un piccolo biglietto di banca italiana e glielo donò. La bella ragazza la quale, come la straniera, aveva le sue buone ragioni per essere contenta della sua avvenenza – non c’è nulla che impedisca di apprezzarla anche negli altri – prese il biglietto con un inchino e disse: “Poiché paghiamo per la bellezza, signora, è giusto che anch’io vi regali qualcosa”. E sporgendosi verso il giardino colse una rosa e la offrì alla viaggiatrice.
Alfonse Karr morì il 29 settembre del 1890 nel suo eremo di Saint-Raphaël.
@Gino Ragnetti
Riferimenti bibliografici
Pierre-Yves Grandemange e Pierre Gillon, Jean-Baptiste Alphonse Karr (1808-1890) écrivain, in Le vieux Saint-Maur, Société d’histoire et d’archeologie de Saint-Maur-des-Fossés (levieuxsaintmaur.fr)
John Grand-Carteret, XIXe siècle, Librerie de Firmin Didot & C., Parigi, 1893.
Enciclopedia britannica
Alphonse Karr, Promenade hors de mon jardin, Michel Lévy Frères, Parigi, 1856.
Alphonse Karr, Notes de voyage d’un casanier, Calmann Levy, Parigi, 1877.