Jean Léon Gérôme e l'invito della “divina contessa”
“La Spezia que j’adore, La Spezia où je rêve en fermant les yeux”. Così scriveva nel suo Journal intime, Virginia Oldoini contessa di Castiglione, dimostrando con queste parole tutto l’affetto per la sua città. Ed è proprio questo affetto per il suo joli golfe che traspare in una lettera, scritta in un francese perfetto, che ella inviò all’avvocato Léon Cléry, uno dei suoi più cari e devoti amici.
In essa la contessa lo prega di convincere il famoso pittore francese Jean Léon Gérôme, cognato di Cléry, ad andare alla Spezia, suo ospite nella casa che ella aveva dato in abitazione al pittore Agostino Fossati, a quel tempo amministratore dei suoi beni e che ella chiamava affettuosamente “il mio pittore”.
Jean Léon Gérôme (1824 – 1904) era all’epoca uno dei più importanti pittori e scultori francesi. Nelle sue opere elaborò una fusione fra il Neo-classicismo ed il Romanticismo in cui i temi universali classici, attraverso un personale studio psicologico, si traducevano in una pittura che potremmo definire di genere storico mitologico.
Per la realizzazione dei suoi dipinti ma anche delle opere scultoree, Gérôme viaggiò molto acquisendo negli anni sempre nuove esperienze. Venne in Italia, soprattutto a Roma dove trascorse un lungo periodo di tempo, studiandone le antichità classiche.
Interessato al mondo orientale visitò la Turchia, l’Egitto ed il Medio Oriente e da questi suoi numerosi viaggi derivò un’ampia produzione pittorica di stile orientalista ed etnografico.
Non si sa, però, se Gérôme nelle sue venute in Italia si sia fermato alla Spezia, accettando così l’invito della Castiglione.
Non ne rimane ulteriore traccia nel Journal intime della contessa e neppure nella sua corrispondenza con Léon Cléry. Ciò che è rimasto è questo affettuoso e sincero invito che ella, tramite Cléry, rivolse al grande pittore francese affinché venisse a vedere le bellezze del suo joli golfe.
“Mi avete chiesto se voglio andare alla Spezia con Gérôme…Non è da escludere, come si era già detto a Dieppe. Ne parleremo. Nel frattempo – ed io vi prego di fare in modo che Gérôme non rifiuti – avrei il piacere di offrigli la più completa ospitalità nella mia “montagna” e di farlo accogliere alla Spezia e nei dintorni con tutti gli onori, dal mio amministratore, che è per l’appunto un pittore, il solo del posto.
E’ una persona buona e semplice che ha una moglie graziosa e tre deliziose bambine; abitano tutti le mie case di cui sono custodi.
Il pittore e sua moglie si faranno in quattro per Gérome, se egli si accontenterà della loro vita modesta e di mangiare le mie fave, i miei polli, le mie uova e le mie fragole, di bere il mio vino bianco ed il mio olio, che io desidero che egli ne porti con sé un po’, poiché a Parigi non se ne trova di così buono.
Ho già scritto che venga preparata una delle camere della loro casa, che, essendo abitata, è più confortevole della mia villa. Ho anche disposto che l’atelier, modesto ma ben sistemato, che io ho dato al mio pittore, sia da lui e con lui stesso messo a completa disposizione di Gérôme. In quel luogo egli potrà fare i suoi studi con tutta comodità, poichè vi è una bella prospettiva.
Potrà scegliere, tra tutti i paesaggi dei dintorni dipinti dalla sua guida, quelli che egli riterrà opportuno andare a studiare dal vero.
Il mio pittore l’accompagnerà molto volentieri dappertutto e gli faciliterà l’accesso agli arsenali, ai forti e ai conventi, dove è conosciuto ed apprezzato, poiché li frequenta spesso. Inoltre egli potrà accompagnare Gérôme nei villaggi vicini, splendidi per il panorama e ricchi di oggetti artistici, in casa dei parroci, dai fattori che spesso lo incaricano di vendere i loro oggetti preziosi, di cui ha pieno il suo atelier: ricami, porcellane, pizzi, smalti, cristalli, lampadari.
Ultimamente aveva trovato una Madonna d’argento, cesellata da Benvenuto Cellini, splendida, e un orologio da tasca a doppia cassa, di smalto, decorato con figure danzanti del Trianon.
Vi mando, unitamente a questa lettera, alcuni studi del mio pittore per dimostrare a Gérôme che egli non si troverà per nulla a disagio con un simile collega, anche se questi non ha mai imparato la pittura in codesto posto che era un deserto. Ma, fin da bambino, per i suoi colori, che da noi sono sempre presenti, e per suo diletto, questo pittore è riuscito a rendere il paesaggio spezzino molto fedelmente con delle tinte che sembrano impossibili. Riprenderò questi studi quando Gérôme li avrà esaminati.
Fatemi sapere quando partirà affinché io possa dargli tutte le indicazioni e la chiave della mia “montagna” che è il mio amore. Egli vi dirà, poi, che ho veramente ragione di esserne innamorata e di esserci affezionata poiché la vista è splendida ed il clima buono.
Mi raccomando, però, che egli faccia in modo di fare un bel giro nei miei possedimenti all’alba o al tramonto e, al suo ritorno, voi non mi direte più – ne sono sicura – di vendere la mia “montagna”.”
Una lettera rivelatrice di un attaccamento profondo da parte di Virginia Oldoini alla sua “montagna”, cioé ai suoi possedimenti sul colle dei Cappuccini e di una sincera stima per Agostino Fossati che diventerà il più famoso pittore spezzino dell’Ottocento.
@ Maria Giuliana Zucchini
Fonti bibliografiche: R. de Montesquiou, La Divine Comtesse, Paris, Goupil, 1913, pag.104 – lettera tradotta da M.G.Zucchini