ESPACE CULTURE
À LA UNE
Cannes 2020 cambia forma.
Il Festival di Cannes quest’anno non può svolgersi nella sua forma originale. Gli organizzatori del festival affermano di essere al lavoro per “esplorare tutte le possibilità per realizzare Cannes 2020 in un modo o nell’altro”. Nell’attesa, possiamo approfittare di un evento molto interessante. Si intitola We are one: a global Film Festival l’evento che mette insieme 20 festival cinematografici dal 29 maggio al 7 giugno per un appuntamento gratuito su YouTube. Da Venezia a Cannes, le manifestazioni cureranno sezioni dell’evento.
Non è la prima volta che il festival di Cannes si ferma. Nato nel 1939 con la presidenza di Louis Lumière, il festival fu interrotto durante la seconda guerra mondiale, per rinascere nel 1946 e consolidarsi come grande festival cinematografico del mondo accanto alla Mostra del cinema di Venezia, alla Berlinale e al festival di Locarno. Venne chiuso una seconda volta nel maggio ’68 per solidarietà con i lavoratori francesi in sciopero.
In Normandia un pittore disegna la primavera che torna nonostante tutto.
“Ricorda, non possono cancellare la primavera”. Il pittore David Hockney da qualche mese si è trasferito in una casa in Normandia, dove ha iniziato a dipingere e a disegnare alberi con l’aiuto dell’iPad: mandorli in fiore, fiori piantati nella terra, boccioli, una casetta di legno costruita su un albero che sta rinascendo. Segnali della natura che procede, nonostante tutto. Il suo progetto è proprio quello di mettere insieme un’installazione composta da una serie di disegni della campagna normanna realizzati con l’iPad in questi giorni di solitudine. Il modello dichiarato è l’Arazzo di Bayeux, un tessuto dell’XI secolo, lungo 90 metri, su cui è raffigurata la conquista normanna dell’Inghilterra, culminata con la battaglia di Hastings del 1066: una testimonianza unica della vita quotidiana medievale in tempo di guerra. Quella di David Hockney, invece, sarà la testimonianza della natura che rinasce comunque, mentre il mondo è isolato nella guerra all’epidemia: “La gente ama le immagini. Non scompariranno. Si pensava che il cinema avrebbe ucciso il teatro, ma il teatro esisterà sempre perché è vivo. Il disegno e la pittura continueranno a esistere perché la gente ne ha bisogno.” L’arte, come la primavera e le stagioni che si succedono, è una costante della vita dell’uomo. Qualsiasi cosa accada.
Les Inséparables un roman inédit de Simone de Beauvoir.
Son histoire s’inspire de l’amitié passionnelle que l’autrice du Deuxième sexe a entretenue avec Élisabeth Lacoin et dont le décès à l’âge de 21 ans l’a bouleversée.
Abandonné dans les années 1950 par son autrice, un roman inédit de Simone de Beauvoir doit paraître en France cet automne. Le livre, intitulé Les inséparables, raconte une histoire d’amitié “passionnelle et tragique”, celle que l’écrivaine a entretenue avec Élisabeth Lacoin, dite “Zaza”, décédée d’une inflammation de l’encéphale à l’âge de 21 ans. Une mort qui a dévasté la romancière. Pourquoi? Parce que sa relation avec cette dernière a considérablement nourri son approche féministe et son regard sue le sexisme. “Nous avons lutté ensemble contre le destin révoltant (de devoir être mères) qui nous attendait, raconte-t-elle dans ses mémoires. J’ai cru que j’avais payé de sa mort ma propre liberté.” Quand elle montre à Jean Paul Sartre les 176 pages de son manuscrit en 1954, cinq ans après la parution du Deuxième sexe, il n’est pas impressionné. Simone de Beauvoir, elle, ne va pas plus loin. Avant de mourir, elle souffle à Sylvie Le Bon de Beauvoir, sa fille adoptive (et héritière de ses écrits), d’en faire ce que bon lui semblera. Depuis tout ce temps, le texte n’a pas bougé. Il est resté bien au chaud, conservé au domicile de la philosophe, comme une bonne partie des archives de sa mère. Il aurait pu être publié à la disparition de son autrice, souligne son ancienne confidente, “mais d’autres textes prioritaires se sont tout simplement mis en travers du chemin. C’est pourquoi j’en viens maintenat à ses romans et nouvelles.” Elle est consciente de l’intérêt du livre, pour lequel il lui a d’ailleurs fallu réfléchir à un titre. “Simone de Beauvoir a détruit les oeuvres dont elle était mécontente. Ella n’a pas détruit celle-ci”, soutient l’héritière de ses écrits. C’est avec les éditions L’Herne qu’elle a décidé de la publication du livre. Il doit paraître en octobre.
Joël Dicker sort L’Enigme de la chambre 622: quelle est l’histoire de son nouveau roman ?
Tout a commencé par une photo énigmatique postée par Joël Dicker sur son compte Instagram, le 7 janvier. On y voit des montagnes, un grand ciel bleu, et une date : « 25.03.2020 ». Les 50 000 abonnés de l’écrivain suisse ont immédiatement compris qu’une nouvelle enquête s’ouvrait devant eux, celle du nouveau roman de Joël Dicker. La semaine suivante, il semait un nouvel indice en publiant une nouvelle photo d’un paysage montagneux bordé d’immeubles, avec un numéro que l’on devine être celui d’une chambre d’hôtel, « 622 ». Il y a quelques jours, Joël Dicker a dévoilé le manuscrit et au passage, le titre de son nouveau livre, L’Enigme de la chambre 622. Un nouveau polar, après le succès de La vérité sur l’affaire Harry Quebert (2012), Le livre des Baltimore (2015), et La disparition de Stephanie Mailer , sorti en 2018, aux Editions de Fallois.
Après nous avoir fait voyager aux Etats-Unis, Joël Dicker publie son premier roman dont l’intrigue se déroule chez lui, dans les Alpes suisses. Un écrivain passe des vacances au Palace de Verbier, où des années plus tôt, un meurtre a eu lieu pour lequel le couple n’a jamais été arrêté. Que s’est-il passé dans la chambre 622 ? Sans le vouloir, l’écrivain va se retrouver au cœur de l’enquête.
Très attendu par ses lecteurs, ce nouveau livre nous tiendra-t-il en haleine comme l’a fait La vérité sur l’affaire Harry Quebert? Le succès de son polar a été tel qu’il en a vendu plus de 3 millions d’exemplaires à travers le monde, et que TF1 l’a adapté en mini-série avec Patrick Dempsey.
LIVRES
Autori vari, L’Italia del Père-Lachaise. Vite straordinarie degli italiani di Francia e dei francesi d’Italia (L’Italia del Père-Lachaise. Vies extraordinaires des Italiens de France et des Français d’Italie), a cura di Costanza STEFANORI, Skira Editore.
Il cimitero Père-Lachaise, nel XX° arrondissement, ospita tra i tanti personaggi celebri, molti italiani e francesi di origine italiana; sono 61 i personaggi illustri italiani o francesi di origine italiana, sepolti nel cimitero monumentale parigino che vengono celebrati in questa pubblicazione. Alcuni sono conosciuti nel mondo intero, come Rossini e Modigliani, ma molti altri, benché anch’essi straordinari, sono immeritatamente caduti nell’oblio. Riscoprirli e valorizzarne la vita e le opere è oggi particolarmente importante, non soltanto per ricordare le loro gesta, ma anche per mantenere vivo il ricordo di ciò che essi hanno rappresentato e rappresentano ancora per tutti noi. Accompagnando i testi, bilingui, con un notevole apparato di immagini (scatti recenti e fotografie d’epoca, accanto a riproduzioni di stampe e di dipinti) il libro racconta, di ciascuno di quegli italiani, la storia. Tutte storie “straordinarie” nel senso che ogni esistenza è affascinante e degna di interesse in quanto ogni esistenza è unica e inimitabile.
Progetto editoriale promosso dal Com.It.Es (Comitato elettivo degli italiani residenti all’estero) di Parigi e dal Consolato Generale d’Italia a Parigi con il sostegno della Direzione Generale per gli italiani all’estero del Ministero degli affari esteri e della Cooperazione internazionale, questo volume, originale e denso di emozioni e di vincoli culturali, vuole far rivivere queste personalità eccezionali per scoprire l’eredità che ci hanno trasmesso, rendendo omaggio a queste importanti figure che hanno contribuito a rendere grande la Francia e a consolidare il rapporto speciale che lega i due paesi.
Straordinario è anche il luogo dove questi illustri personaggi hanno trovato sepoltura: il Père-Lachaise non è infatti solo il cimitero monumentale più importante di Parigi, è un vero e proprio luogo della memoria europea.
Il progetto gode della partecipazione di più di 120 autori volontari, tra cui professionisti, studenti, insegnanti di italiano, presidenti di associazioni, accademici, intellettuali, scrittori, giornalisti, persone del mondo dello spettacolo, che rappresentano le diverse componenti dell’immigrazione italiana oggi, oltre a specialisti, autori francesi e membri della famiglia dei personaggi. Un lavoro, insomma, tutt’altro che facile e certamente non privo di ostacoli come ha raccontato anche la curatrice dell’opera, Costanza Stefanori: “Siamo partiti da appena dieci tombe e poco per volta siamo arrivati alle attuali: per rintracciarle con precisione ci siamo dovuti affidare alle fonti più diverse ed anche alle testimonianze orali delle persone, perché l’archivio del cimitero non era direttamente accessibile al pubblico”. Tra gli autori del volume, infine, spiccano anche firme note come quella dello scrittore Corrado Augias e del giornalista Massimo Nava. “I cimiteri sono i luoghi in cui meglio si conservano le memorie dei popoli”, ha commentato Augias mentre Nava ha sottolineato “la grande capacità della Francia di saper accogliere ed esaltare talenti”.
Romain GARY, Il senso della mia vita (Le sens de ma vie. Entretien), Neri Pozza Editore.
«Penso di non avere abbastanza vita davanti a me per scrivere un’altra autobiografia». Realizzata da Jean Faucher per Radio Canada nel 1980, pochi mesi prima che Romain Gary ponesse fine alla sua vita, la conversazione, che costituisce il contenuto di queste pagine, è un documento indispensabile per tutti coloro che amano la figura e l’opera dell’autore della Vie devant soi. Gary non soltanto rivolge a Faucher osservazioni che, come quella indicata, stringono il cuore, ma rivela ambizioni, speranze, successi e umiliazioni che hanno caratterizzato la sua esistenza. Rivelazioni condotte, naturalmente, alla sua maniera, con una spontanea mescolanza di struggenti confessioni – come quella che concerne le ragioni del divorzio da Jean Seberg – e di gustosi aneddoti sulla sua giovinezza, trascorsa peregrinando in paesi diversi – Russia, Polonia, Lituania – fino ad approdare alla terra promessa, la Francia, l’incarnazione stessa della grandezza, della bellezza, della giustizia agli occhi di sua madre, intrepida francofila, com’era tradizione tra i russi nati nel XIX secolo. Una vita movimentata e pittoresca, degna del più stravagante dei romanzi. Una vita che da Educazione europea fino agli Aquiloni, l’ultimo commovente romanzo, estremo omaggio alla grandezza e alla fragilità dell’amore, racchiude l’avventura esistenziale e letteraria di uno dei grandi scrittori del Novecento.
Anne CARSON, The Albertine Workout, Edizioni Tlon.
La poetessa Anne Carson (scrittrice, traduttrice e grecista canadese) dedica un libro al personaggio più sfuggente del capolavoro di Proust. Scritta in uno stile unico, geniale, tra prosa forense e appunti d’esplorazione, Anne Carson compie così la sua personale ricerca di Albertine, il grande amore di Marcel, il narratore di À la recherche du temps perdu. L’opera è al tempo stesso pamphlet, esercizio di stile, accurata sequenza di note a margine del capolavoro di Proust, poema in prosa, dichiarazione d’amore al citato autore e ad Albertine, suo personaggio e musa, conosciuta anche come “la fuggitiva”. L’appellativo non è casuale, essendo Albertine il personaggio più sfuggente del romanzo, quello di cui sappiamo meno, incerti anche sull’identità di genere, e anche per questo il personaggio di cui vorremmo sapere di più. Tutto questo in cinquantanove paragrafi che condensano e restituiscono la vivida dissezione del corpo e della mente di una protagonista femminile, tra questioni di genere e desiderio.
« Nessuno ci ha mai detto tanto, di Albertine, e al contempo nessuno la nasconde così bene, ricordandoci che l’amore è un’eterna domanda, e il cuore delle cose non può essere catturato, ma solo intravisto. » Dall’introduzione di Eleonora Marangoni.
Michel ONFRAY, Teoria della dittatura (Théorie de la dictature), Ponte alle grazie Editore.
Secondo Onfray, siamo in dittatura, o poco manca. George Orwell, nelle sue due celebri distopie – « 1984 » e « La fattoria degli animali » – non solo aveva offerto una feroce critica dei totalitarismi novecenteschi, ma aveva di fatto prefigurato molti aspetti di una possibile dittatura futura, che Onfray vede avvicinarsi alla realizzazione: è la dittatura del neoliberismo universale, incarnata in Europa dall’Unione Europea nata dopo Maastricht per dare realtà ai suoi dogmi. Partendo poi dalla « Fattoria degli animali », Onfray giunge alla conclusione che qualsiasi rivoluzione porta alla fine a un quadro nuovamente reazionario. I nuovi governanti si rivelano altrettanto iniqui. Si ritorna sempre e comunque al vecchio ordine, se non a una situazione peggiore. È tutto inutile, allora? No: lottare fieramente per l’affermazione del bene, per quanto sia una condizione tragica, è l’unica forma di vita degna dell’uomo.
Massimo NOVELLI, Pierrot le Fou. Storia del bandito che leggeva Boris Vian e della sua donna, Oltre edizioni.
Chi era Pierre Carrot, più conosciuto con il soprannome di Pierrot le Fou, considerato dalla polizia francese il nemico numero uno? Ce lo racconta in questa straordinaria e avvincente biografia, che ha nella scrittura il ritmo di una scarica di mitra, Massimo Novelli, giornalista torinese di lungo corso, autore fin qui di libri dedicati a significative figure della storia minore e della letteratura come Guido Seborga, Renzo Novatore, Sante Pollastro, Stefano Terra e altri. Pierrot le Fou, il personaggio che il regista Jean-Luc Godard fece rivivere nel film del 1965 Pierrot le Fou (Il bandito delle 11 in italiano) nell’interpretazione di Jean-Paul Belmondo, ritorna qui nella veste di protagonista delle cronache degli anni che vanno dal 1940 al dopo guerra con la leggenda delle sue imprese, del suo amore per la bella Katia e della sua incerta uscita di scena. Massimo Novelli ce ne fa un ritratto a tutto tondo sullo sfondo dell’epoca, quello degli esistenzialisti, delle caves, di Juliette Greco, Sartre e Boris Vian, che lui, tra una rapina e l’altra, tra un carcere, una fuga e l’altra, ha attraversato.
Valentina MAINI, La mischia, Bollati Boringhieri.
«Ci sono scrittori che più che esordire irrompono sulla scena. Scrivono romanzi che, di colpo, sconvolgono le regole del gioco. Valentina Maini è una di questi». Andrea Bajani
Siamo nel 2007 in una Bilbao psichedelica, sfinita dagli ultimi fendenti del terrorismo basco. Gorane e Jokin hanno venticinque anni, sono gemelli e figli di due militanti dell’ETA. Cresciuti senza regole, prendono direzioni opposte e complementari: del tutto accondiscendente e passivo, Jokin, batterista eroinomane, sembra ricalcare le orme dei genitori, mentre Gorane, ambigua e introversa, prova a scostarsi dal loro insegnamento rifugiandosi in un mondo astratto che prosegue dentro di sé. A unirli però c’è un sentimento viscerale, anarchico, incomprimibile. Quando Jokin – che non regge più alla pressione – fugge e i genitori vengono coinvolti in una tragica vicenda, Gorane è preda di strane allucinazioni che la costringono ad andare da uno psichiatra. A Parigi Jokin conosce Germana, una splendida ragazza italofrancese con bizzarre manie da piromane, e inizia a suonare in giro per locali con un gruppo drum’n’bass. Eppure, nonostante la distanza fisica, le vite dei gemelli sembrano destinate a non separarsi mai. Sarà infatti il romanzo di uno scrittore francese a ricongiungerli. La mischia è un’opera polifonica, un mondo che collega la realtà ai nostri sogni più reconditi, un mondo dove l’unica forza trainante sembra essere quella cieca della violenza. Può la libertà – fragile e illusoria conquista del nostro tempo – rivelarsi uno strumento di tortura che occulta gabbie che non avevamo previsto? Valentina Maini risponde con le pagine di questo esordio sorprendente – una rete di storie che coinvolgono famiglie borghesi, spacciatori, maniaci, scrittori, tagliatori di valigie, cartomanti e donne delle pulizie – e lo fa con la decisione di Roberto Bolaño e Mathias Énard: guardando il caos dritto negli occhi.
Valentina Maini è nata nel 1987 a Bologna. Ha conseguito un dottorato in Letterature comparate tra Bologna e Parigi e ha pubblicato racconti su diverse riviste. Traduce dal francese e dall’inglese. Con la raccolta di poesie Casa rotta, (2016) ha vinto il premio letterario Anna Osti.
Je suis née à Bologne en 1987, mais j’ai passé la plupart de mon temps à Paris. J’ai obtenu un doctorat international en littératures comparées (Bologna-Paris) et je travaille en tant que traductrice. J’aime le dessin et l’illustration, la danse contemporaine et l’écriture. J’aimerais tout faire. Quelques-unes de mes nouvelles ont été publiées dans des revues, tels que « Atti Impuri », « TerraNullius », « Effe », « Retabloid », « Horizonte ». J’ai écrit même des articles sur des revues académiques. En 2017, mon premier recueil de poèmes, Casa rotta, a gagné le prix Anna Osti. Mon premier roman, La mischia, est sorti en 2020.
Massimo RAFFAELI, Marca francese. Saggi e note 2004-2018, Vydia Editore.
Il volume raccoglie il frutto di una ventennale, finissima scrittura sulla letteratura francese, frequentata, come afferma Raffaeli, da “autodidatta”, da un punto di osservazione – e di lettura – dichiaratamente eccentrico, periferico, già in quel riferimento alla “Marca” incastonato nel titolo. Un percorso di restituzione critica incardinato sulle figure speculari del gigantesco Céline e dell’ “impassibile testimone” Patrick Modiano (Premio Nobel 2014), passando, tra gli altri, per Rimbaud e Verlaine, Proust e Baudelaire, Zola e Queneau, Gide e Camus.
Massimo Raffaeli scrive da decenni di critica letteraria su quotidiani e riviste. Collabora ai programmi di Radio3 Rai e della Radio Svizzera Italiana.
Alain MABANCKOU, Le cicogne sono immortali (Les cigognes sont immortelles), 66th and 2nd.
Le cicogne sono immortali è il romanzo più politico di Mabanckou, quello in cui l’universo famigliare si allarga rapidamente fino a diventare un affresco del colonialismo, della decolonizzazione e dei vicoli ciechi del continente africano, di cui il Congo è una potente e dolorosa metafora.
«Michael racconta con leggerezza le sorti una famiglia africana nel momento in cui si scontra con la grande Storia. Un testo autobiografico e un romanzo storico allo stesso tempo» – La Lettura
«Alain Mabanckou riprende il suo alter ego, Michel, per raccontare attraverso l’ingenuo adolescente i mali del colonialismo e del socialismo africano, la corruzione, l’ipocrisia. Aiutandosi con una massiccia dose di ironia» – Brunella Schisa, il Venerdì
«Nel romanzo “Le cicogne sono immortali” Alain Mabanckou racconta un momento cruciale della sua terra attraverso gli occhi di Michel, un ragazzino di nove anni. Affresco storico politico di un paese tra colonialismo e post colonialismo» – Robinson
Continuazione ideale di Domani avrò vent’anni, Le cicogne sono immortali ci riporta nella Pointe-Noire di fine anni Settanta, in tre giorni cruciali nella storia del Congo-Brazzaville. Ritroviamo Michel, il piccolo sognatore, oggi un ragazzino di tredici anni con la testa sempre tra le nuvole; papà Roger, attaccato ventiquattro ore su ventiquattro alla radio per ascoltare le ultime notizie dal mondo; mamma Pauline, la venditrice di caschi di banane, forte, impavida; insieme a una spassosa carrellata di personaggi. Non mancano i cinema Rex e Duo, che trasmettono sempre i soliti film, il quartiere Trois-Cent, quello delle prostitute, e tutti i luoghi cari alla memoria di Mabanckou e dei suoi lettori. I tre giorni in cui si svolge la vicenda sono appunto giornate cruciali: il presidente Marien Ngouabi, capo della rivoluzione socialista congolese, è appena stato assassinato e la gente segue con apprensione l’evolversi degli eventi. Tre giorni che cambieranno la vita del protagonista. Ed è proprio attraverso le parole piene di ingenuità di Michel che Mabanckou torna a raccontare, con il consueto umorismo e il gusto per il grottesco, il proprio paese, con tutte le sue contraddizioni ma anche la sua bellezza nostalgica.
Banine, I miei giorni nel Caucaso (Jours Caucasiens), Neri Pozza Editore.
Neri Pozza pubblica per la prima volta in Italia I miei giorni nel Caucaso di Banine, pseudonimo di Umm-El-Banine Assadoulaeff (Baku, 1905 – Parigi, 1992), l’autobiografia che la scrittrice francese di origini azere pubblicò per la prima volta nel 1954, ottenendo un grande successo di pubblico e critica.
Baku, 1905. Nascere in una famiglia scandalosamente ricca – il capostipite, Assadullah, nato contadino, morì milionario grazie al petrolio zampillato dal suo campo pieno di sassi – ma allo stesso tempo altrettanto stravagante e popolata da loschi individui, porta con sé sicuri privilegi e indubbi grattacapi.
Ultima di quattro sorelle, Banine viene alla luce in un giorno d’inverno movimentato da scioperi, pogrom e altre manifestazioni del genio umano. Nonostante questo, la sua infanzia trascorre felice, allietata dalle torte rigonfie di crema di Fräulein Anna, balia tedesca, e dalle perenni recriminazioni in azero della nonna paterna, una creatura stupefacente, un gigante sbucato da una fiaba di Perrault. Ogni anno la famiglia trascorre diversi mesi in campagna. La casa è grande, eppure a malapena sufficiente a ospitare l’orda che la invade in primavera: la temibile nonna con le sue innumerevoli serve; la figlia maggiore con il marito, la minore senza marito; i loro cinque figli, terrore di Fräulein Anna, bugiardi, ladri, spioni e quant’altro; infine, il figlio più piccolo della nonna, l’infantile e allegro zio Ibrahim, ancora celibe. Là dove i doveri diminuiscono, la libertà cresce, il tempo favorisce i giochi – le zie sono tutte avide giocatrici di poker, passione che coltivano assieme a quella per la maldicenza – e, soprattutto, le liti. Nella famiglia di Banine i litigi hanno infatti un ruolo fondamentale, e per due ragioni: una è da attribuire al temperamento violento e naturalmente predisposto alla lite di tutti i suoi membri; l’altra è l’eredità. La famosa, eterna, inafferrabile eredità, quella che bisogna dividere dopo la morte del capostipite. Questa vita di splendori e baruffe è tuttavia destinata a subire un drastico mutamento. La Rivoluzione d’Ottobre porterà il caos nel Caucaso, una dittatura militare, dominata dagli armeni, prenderà il potere a Baku e darà la caccia ai ricchi azeri, costringendo Banine e la sua famiglia a una precipitosa fuga…
Al contrario di certe persone nate in famiglie povere ma “a posto”, io sono nata in una famiglia per niente “a posto” ma molto ricca. È il divertente e ironico incipit di questo memoir animato da un irresistibile humour, che ritrae magnificamente la vita e il mondo che rendevano un tempo attraenti le rive del Caspio.
Lexie ELLIOTT, La ragazza francese, Piemme.
Erano in sei. Studenti di Oxford, amici da sempre. Doveva essere un’indimenticabile vacanza in Provenza. Finché non incontrarono lei. E nulla fu più come prima.
«Kate, ti ricordi quell’estate?» È Tom, uno dei suoi vecchi amici di Oxford, a dare la notizia a Kate Channing. Kate se la ricorda bene, quell’estate di dieci anni prima, e quella vacanza con il gruppo di amici del college. Erano in sei, studenti, amici, qualcuno più che un amico. La casa che avevano affittato, nell’idilliaca campagna francese in Provenza, sembrava uscita da un romanzo: era semplicemente perfetta. Tranne che per un dettaglio. La ragazza della porta accanto. Severine. Kate ricorda bene che, da quando era comparsa lei, la loro enigmatica vicina di casa francese, con il suo foulard rosso e il suo bikini nero minuscolo e la pelle dorata dal sole, nulla era più stato come prima. Fino a quell’ultima notte. Il terribile litigio e tutto ciò che ne conseguì. Finita la vacanza, ognuno prese la sua strada e di Severine, scomparsa nel buio di quella notte, nessuno seppe più nulla.
E adesso c’è Tom dall’altro lato della cornetta. «Kate, l’hanno trovata. Hanno trovato Severine. Morta.» E mentre la polizia cerca di fare luce su ciò che accadde così tanti anni fa, Kate lotta con i sospetti che, inevitabilmente, si addensano su di lei, e con la propria incerta memoria, per salvare se stessa e il suo terribile segreto. Un thriller senza respiro, in cui il passato non perdona nessuno, da una delle più promettenti nuove autrici del genere.
EXPOSITIONS ONLINE
I misteri degli Impressionisti.
Sui canali social del Gruppo Arthemisia, che organizza molte mostre, si possono seguire le lezioni curate da Sergio Gaddi, responsabile de I racconti dell’arte, che descrive quadri e contesti della mostra Impressionisti segreti ospitata a Palazzo Bonaparte a Roma. “Ho commentato alcune opere – spiega Sergio Gaddi – raccontando pezzi di grande importanza. Mi è stato chiesto di fare da filo conduttore di una mostra che conosco molto bene.” Da evidenziare, spiega il curatore, l’immenso valore della sede scelta: “Palazzo Bonaparte fu la residenza della madre di Napoleone, uno scrigno segreto aperto in via esclusiva per mostrare altrettanti gioielli segreti, opere impressioniste di assoluto valore ma parte di collezioni private. In alcuni casi si tratta di quadri mai mostrati prima al pubblico”.
http://www.arthemisia.it
Riscoprire Pompei al Grand Palais.
Straordinari i materiali che il Grand Palais di Parigi offre al visitatore digitale della mostra Pompei: video che consentono passeggiate immersive, ricostruzione in 3D della Casa con giardino, la simulazione della statua di Livia in realtà aumentata, e anche i filmati realizzati dietro le quinte dell’allestimento.
https://www.grandpalais.fr/fr
Tutto Raffaello in 13 minuti.
Una passeggiata in mostra permette di visitare online in meno di 13 minuti l’esposizione dell’anno, Raffaello 1520 – 1483, allestita alle Scuderie del Quirinale a Roma. A poterla gustare dal vivo, abbandonandosi alla visione delle duecento opere qui raccolte, un centinaio di capolavori tra dipinti e disegni di mano dell’artista, e un centinaio di mano dei suoi contemporanei e allievi, richiederebbe un paio d’ore. Il filmato scandisce le principali tappe della vicenda dell’artista.
www.scuderiequirinale.it