ESPACE CULTURE
À LA UNE
Larence des Cars première femme à diriger le Louvre.
Le Président de la République, sur proposition de la ministre de la Culture, Roselyne Bachelot-Narquin, nomme Laurence des Cars à la présidence du musée du Louvre. C’est la première fois que le musée le plus visité du monde sera dirigé par une femme, en 228 ans d’histoire.
Présidente de l’établissement public du musée d’Orsay et du musée de l’Orangerie, conservatrice générale du patrimoine, Laurence des Cars a été précédemment directrice du musée de l’Orangerie, ainsi que directrice scientifique de l’Agence France Museum en charge du projet du Louvre Abu Dhabi. Depuis 2017, elle a profondément renouvelé et dynamisé le musée d’Orsay autour d’une programmation d’expositions, de spectacles vivants et une nouvelle approche des œuvres, ouvertes à tous les publics et aux artistes d’aujourd’hui.
A la tête du Louvre, Mme des Cars aura pour mission de réaffirmer la vocation universelle du premier musée du monde. Dans cette perspective, elle fera du dialogue entre l’art ancien et le monde contemporain l’une de ses priorités, avec le souci constant de la transmission au plus grand nombre. Elle placera la jeunesse, particulièrement éprouvée par la crise, au centre de la politique de l’établissement. Elle aura également à cœur de mettre en place de nouvelles coopérations au service d’une programmation culturelle ambitieuse, faisant une large part aux partenariats internationaux.
Laurence des Cars a souligné qu’il n’y a pas tous les arts, toutes les civilisations et toutes les cultures dans le musée du Louvre, mais que l’institution a une «vocation universelle» et c’est justement ce potentiel qui l’intéresse. «Il peut s’ouvrir au monde d’aujourd’hui tout en nous parlant du passé, poser le regard du temps long sur notre présent», résume-t-elle.
Laurence des Cars prendra ses nouvelles fonctions le 1er septembre, afin d’accompagner jusqu’à cette date la réouverture du musée d’Orsay.
Le Centre Pompidou s’implante aux États-Unis.
L’aventure internationale continue pour le Centre Pompidou. Après l’Espagne, la Belgique et la Chine, c’est au tour des États-Unis d’accueillir une antenne du centre culturel parisien. En à peine 6 ans, le Centre Pompidou a bâti cinq antennes, dont quatre à l’étranger. C’est dans ce contexte d’expansion effrénée qu’un nouveau bâtiment sera construit d’ici 2024 sur le sol américain, dans la ville de Jersey City, en face de New York et de sa Statue de la Liberté. Prenant soin de toujours s’installer dans des lieux aux architectures marquées, comme à Malaga, au sud de l’Espagne, où le centre est abrité dans un cube géant décoré par Daniel Buren, le musée investira cette fois-ci une ancienne gare de tramway construite en 1912 et réhabilitée pour l’occasion. Si le choix de s’implanter dans cette ancienne cité industrielle peut dérouter, la présence importante de jeunes artistes fuyant les loyers exorbitant de la “Grosse Pomme” permet en partie de l’expliquer. En effet, les différentes exportations du musée à l’international s’accompagnent d’une valorisation des scènes artistiques locales, en plus de l’exposition des collections de l’institution. Cependant, le développement du Centre Pompidou en dehors des frontières hexagonales n’est pas guidé par ces seuls objectifs. En s’offrant une visibilité sur trois continents distincts, le centre d’art moderne et contemporain parisien assure à la France un rayonnement culturel important.
Annette di Leos Carax aprirà il festival di Cannes.
Cannes avanza a marce forzate verso le date stabilite di luglio (6-17), ansioso di rivendicare il proprio ruolo centrale nel sistema dei festival dopo lo stop del 2020 e di avere una edizione di rinascita tutta in presenza. E’ stato annunciato il film di apertura: Annette, il primo film in lingua inglese del talento anticonvenzionale poetico e traboccante del cinema francese Leos Carax, ambizioso sin dal cast: protagonisti la diva francese premio Oscar Marion Cotillard e Adam Driver. La storia, da un’idea originale dello stesso regista, è ambientata in una Los Angeles contemporanea e racconta di Henry, uno stand-up comedian con uno spiccato senso dell’umorismo, e Ann, cantante di fama internazionale. Sul palcoscenico sono la coppia perfetta, felici, pieni di salute e radiosi. La nascita della prima figlia Annette, una bambina misteriosa con un destino eccezionale, cambierà la loro esistenza. « Ogni film di Carax è un evento, e questo lavoro mantiene tutte le aspettative. – ha dichiarato Pierre Lescure, presidente del Festival di Cannes – Annette è un vero regalo per gli amanti del cinema, della musica e della cultura in generale, il titolo che stavamo aspettando dopo l’ultimo, durissimo anno ». « Tutta l’opera di Carax è un’espressione di quelle alchimie misteriose che sono il segreto del cinema, fatto insieme di modernità ed eternità », ha aggiunto il delegato generale Thierry Frémaux.
Maylis de Kerangal finalista al Premio Lattes Grinzane.
Maylis de Kerengal, con il suo romanzo Un mondo a portata di mano (Un monde à portée de main), è tra i cinque finalisti del Premio Lattes Grinzane 2021, riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes (editore, pittore, scrittore, fra i più importanti intellettuali del secolo scorso), giunto alla sua XI edizione, che fa concorrere insieme autori italiani e stranieri ed è dedicato ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno. I cinque romanzi finalisti sono stati selezionati dai docenti, intellettuali, critici e scrittori che formano la Giura Tecnica e sono ora affidati alla lettura e al giudizio di 400 studenti delle Giurie Scolastiche, avviate in 25 scuole superiori, da Bolzano a Trapani. Con i loro voti, i giovani giurati decreteranno il libro vincitore tra i cinque in gara, che sarà proclamato sabato 2 ottobre 2021, nel corso della cerimonia di premiazione al Teatro sociale Busca di Alba. «La varietà e la qualità delle proposte – spiega la Giuria Tecnica – sono state davvero notevoli e la giuria ha cercato di riconoscerle, anche pensando ai giovani giurati chiamati alla lettura della cinquina e alla scelta del vincitore. Importanza e qualità della testimonianza storica o biografica o civile sono stati quindi tenuti in conto non meno della felicità e della freschezza o della sapienza e dell’eleganza della scrittura.
Un mondo a portata di mano, romanzo di formazione ambientato nel mondo del trompe-l’œil, segue la giovane protagonista alla ricerca di sé, attraverso l’immersione nell’intimità dell’arte, l’apprendimento rigoroso, i ritmi di lavorazione serrati, il grande coinvolgimento fisico nella pittura, come momenti di crescita e maturazione.
Emmanuel Carrère premiato a Taormina.
Va agli scrittori Olga Nawoja Tokarczuk, Emmanuel Carrère e David Grossman il Taobuk Award 2021 for Literary Excellence: la consegna dei prestigiosi riconoscimenti è stata chiave di volta, sabato 19 giugno nel Teatro Antico di Taormina, della Serata di Gala di Taobuk – Taormina Book Festival, la kermesse letteraria e culturale ideata e diretta da Antonella Ferrara. « Un conto è raccontare la Storia, un conto è viverla – osserva Antonella Ferrara – Il tema ‘Metamorfosi. Tutto muta’ impone un’analisi in tempo reale delle trasformazioni radicali in atto, che sono cronaca di questi anni, mesi, giorni, ore. L’XI edizione del festival si allarga alle scienze non esclusivamente umanistiche, preconizzando un Homo Novus che si confronta con nuove frontiere. E la letteratura, da Ovidio ad oggi, è maestra nella rappresentazione dell’opportunità che può scaturire da un mutamento profondo. Lo stesso che serpeggia nel mistico nomadismo che è la cifra peculiare del premio Nobel Olga Tokarczuk, o nel mal de vivre che innerva i romanzi di Emmanuel Carrère. Fino alla pace auspicata da David Grossman quale metamorfosi che oscuri la guerra. Perciò facciamo nostra la lezione della magnifica terna a cui andrà quest’anno il Taobuk Award for Literary Excellence ».
Rendez-vous 2021: il cinema è donna.
L’undicesima edizione di “Rendez-vous Festival del Nuovo Cinema Francese”, iniziativa dell’Ambasciata di Francia in Italia, realizzata dall’Institut français Italia e co-organizzata con UniFrance, si è svolta a Roma dal 9 al 13 giugno. Nel solco del tradizionale format della manifestazione, nata con l’intento di far scoprire la pluralità di voci del cinema d’Oltralpe, quest’anno il festival ha messo al centro della scena le DONNE DEL CINEMA FRANCESE. Una panoramica di cineaste e attrici, volti noti ed esordienti, per offrire un’istantanea di un cinema creativo, vitale, plurale. Ha aperto la manifestazione ANTOINETTE DANS LES CÉVENNES | IO, LUI, LEI E L’ASINO di Caroline Vignal, che in Francia ha già collezionato più di 200mila spettatori. Sono stati presentati in anteprima PASSION SIMPLE di Danielle Arbid e J’AI AIMÉ VIVRE LÀ di Régis Sauder, due film strettamenti legati all’opera di Annie Ernaux, la scrittrice francese, amatissima in Italia, che attraverso una scrittura autobiografica del reale, ha indagato il femminile e il sociale, raccontando i mutamenti del tempo e scrivendo un personale manifesto femminista, divenuto universale. Monica Bellucci è la protagonista di L’HOMME QUI A VENDU SA PEAU | L’UOMO CHE VENDETTE LA SUA PELLE, candidato all’Oscar 2021 come miglior film straniero, della regista tunisina Kaouther Ben Hania. Il Premio France 24 – Rendez-vous 2021 di quest’anno è andato all’esordio eccellente SOUS LE CIEL D’ALICE a firma della giovane regista Chloé Mazlo, il film vede protagonista Alba Rohrwacher. Ci porta in viaggio nei Balcani la regista Aude Léa Rapin con LES HÉROS NE MEURENT JAMAIS, la sua opera prima nella quale dimostra di saper padroneggiare con levità un mélange sottile e abile di registri, giocando del limite tra finzione e documentario. LA DARONNE | LA PADRINA è una commedia, insolente e brillante, a firma del regista francese Jean-Paul Salomé, con una sempre più sorprendente Isabelle Huppert. Nella panoramica, non poteva mancare il cinema eccentrico ed esilarante di Quentin Dupieux: direttamente dalla Mostra del Cinema di Venezia 77, è arrivato a Roma MANDIBULES – DUE UOMINI E UNA MOSCA. Il focus speciale dell’XI edizione del festival è dedicato a Emmanuelle Béart, attrice versatile, perfezionista e sensibile, femme fatale dal fascino magnetico che non ha mai smesso di vivere con intensità il suo tempo e di mettere la sua notorietà al servizio del sociale. Attivista per numerose campagne umanitarie e ambientaliste, da ambasciatrice per l’UNICEF a militante per i diritti dei sans papier. L’attrice ha presentato, in anteprima nazionale, il suo ultimo film L’ÉTREINTE, al fianco del regista Ludovic Bergery.
LIVRES
Muriel BARBERY, Una rosa sola (Une rose seule), Edizioni E/O.
Muriel Barbery torna al suo antico amore, il Giappone, con un romanzo delicato come una rosa.
Per le vie di Kyōto il viaggio intimo di una giovane donna alla ricerca di se stessa.
Con questo romanzo potente e profondo, un ritorno alla narrativa realista dopo la parentesi fantastica, un’avventura nelle travagliate metamorfosi dell’animo umano, ritroviamo con piacere l’inconfondibile voce dell’autrice dell’Eleganza del riccio.
Rosa fa la botanica, ha quarant’anni, vive a Parigi ed è tristissima. O, per meglio dire, è depressa. Conosce i fiori, ma non li guarda; le piacciono gli uomini, ma solo per una sera; niente la appassiona, niente riesce a smuoverla dalla cappa plumbea in cui trascorrono le sue giornate, la vita le sembra un faticoso percorso senza senso. Così è quasi per forza d’inerzia che parte per Kyōto per assistere all’apertura del testamento del padre. Di lui non sa niente, sa solo che è giapponese e che quarant’anni prima ha avuto un’effimera relazione con la madre. Non l’ha conosciuto da vivo, va a conoscerlo da morto.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
“E proprio la cura e la precisione con cui Barbery restituisce la finezza e la complessità di quell’universo lontano trasforma il romanzo in un’ode appassionata al Giappone e alla sua bellezza fuori dal tempo”. – Fabio Gambaro, Robinson
Muriel Barbery è autrice del best-seller internazionale L’eleganza del riccio, di Estasi culinarie, Vita degli elfi, Uno strano paese e I gatti della scrittrice. Ha vissuto a Kyōto, Amsterdam e Parigi. Attualmente vive nella campagna francese.
Rachid BENZINE, Canto d’amore a mia madre (Ainsi parlait ma mère), Corbaccio Editore.
Storia di un figlio che legge ad alta voce a una madre che non si stanca mai di ascoltarlo
«Rachid Benzine racconta l’amore filiale in tutta la sua complessità in questo libro toccante e pieno di dolcezza.» Le Monde
«Vi chiederete senza dubbio cosa stia facendo nella camera di mia madre. Io, professore di Letteratura all’Università di Lovanio. Che non mi sono mai sposato. In attesa, con un libro in mano, che mia madre si ridesti. Una madre affaticata, sfinita, provata dalla vita e dai suoi imprevisti. La pelle di zigrino (La peau de chagrin) di Balzac è il titolo del libro. Una vecchia edizione, così consumata che l’inchiostro dei caratteri si è sbiadito. Mia madre non sa leggere. Avrebbe potuto scegliere qualsiasi altra opera. Chissà perché questa? Non lo so. Non l’ho mai saputo. Del resto, non lo sa nemmeno lei. Ma è questo il libro che mi chiede di leggerle quando si sente disposta ad ascoltare, quando ha bisogno di essere tranquillizzata, quando ha semplicemente voglia di godersi un po’ la vita. E la compagnia di suo figlio.» Di solito sono le madri che leggono ad alta voce ai propri figli piccoli. Qui è un figlio, adulto, che legge alla madre anziana. Che non sa leggere, ma che ha fatto di tutto perché lui potesse andare a scuola. Attraverso la lettura il figlio esprime l’amore, l’accudimento, la gratitudine per la propria madre. E al tempo stesso l’amore per la letteratura che è sempre, in qualunque circostanza, un ponte che collega mondi e persone. Un legame prezioso, consolatorio e salvifico.
Rachid Benzine, nato in Marocco e cresciuto in Francia, è professore, islamista e ricercatore presso il Fonds Ricoeur. Figura di spicco dell’islamismo liberale aperto al dialogo con il cristianesimo, è autore di numerosi saggi. Canto d’amore a mia madre è la sua prima opera di narrativa.
Mélissa DA COSTA, I quaderni botanici di Madame Lucie (Les lendemains), Rizzoli.
Per essere felici non si deve nascondere la tristezza.
«Una voce che invita ad aprire gli occhi e il cuore» – Ici Paris
«Un inno alla rinascita» – Annachiara Sacchi, la Lettura
Fuori è l’estate luminosa e insopportabile di luglio quando Amande Luzin, trent’anni, entra per la prima volta nella casa che ha affittato nelle campagne francesi dell’Auvergne. Ad accoglierla, come una benedizione, trova finestre sbarrate, buio, silenzio; un rifugio. È qui, lontano da tutti, che ha deciso di nascondersi dopo la morte improvvisa di suo marito e della bambina che portava in grembo. Fuori è l’estate ma Amande non la guarda, non apre mai le imposte. Non vuole più, nella sua vita, l’interferenza della luce. Finché, in uno di quei giorni tutti uguali, ovattati e spenti, trova alcuni strani appunti lasciati lì dalla vecchia proprietaria, Madame Lucie: su agende e calendari, scritte in una bella grafia tonda, ci sono semplici e dettagliate indicazioni per la cura del giardino, una specie di lunario fatto in casa. La terra è lì, appena oltre la porta, abbandonata e incolta. Amande è una giovane donna di città, che non ha mai indossato un paio di stivali di gomma, eppure suo malgrado si trova a cedere; interra il primo seme, vedrà spuntare un germoglio: nella palude del suo dolore, una piccola, fragrante, promessa di futuro.
Mélissa Da Costa, scrittrice francese, si occupa di comunicazione in ambito energetico. I quaderni botanici di Madame Lucie, pubblicato in Francia con grande successo, è il suo primo romanzo tradotto in Italia.
Jérôme COLIN, Campo di battaglia (Le Champ de bataille), Einaudi.
Il racconto di una quotidiana, devastante, divertente guerra familiare. Da una parte un ragazzo in balia degli ormoni e delle pressioni sociali, dall’altra suo padre. Al centro, i sentimenti inquieti, spesso inspiegabili ma pieni di amore, tra genitori e figli.
«Jérôme Colin ritrae il momento fatale in cui la bestia divora l’innocenza per rigurgitare un adolescente». L’Express
«Il guaio con i bambini è che crescono. Un bel mattino, senza preavviso, si presentano in sneaker, rispondono a grugniti, ascoltano musica orrenda, sbattono le porte. Mangiano, dormono, si fanno la doccia, sudano, puzzano, cambiano umore ogni cinque minuti. Ti esasperano. Ti odiano. Ti disprezzano. Consumano tonnellate di carta igienica. E, come se non bastasse, smettono di considerarti Dio in Terra».
L’unico posto in cui il padre di un quindicenne può trovare rifugio è il bagno di casa. Solo qui, circondato da pareti piastrellate e dal silenzio, può cercare di capire cosa è andato storto. Perché questa è la storia di una coppia che rischia di andare in pezzi di fronte agli assalti ripetuti di un figlio adolescente: Paul, che passa tutto il tempo a smanettare sul telefono, grugnisce invece di parlare e, come se non bastasse, è stato ripreso più volte dai professori per aver gridato «Allah Akbar» nel cortile della scuola. Cosa abbiamo fatto di male? si chiedono i genitori. Niente. Ma la guerra è ormai dichiarata. E loro non sono preparati. Tra goffi tentativi di salvare un matrimonio in crisi, gesti sorprendenti, ansie e paure, Jérôme Colin ci consegna un ritratto di famiglia umoristico e straziante, puntuale e senza tempo.
Jérôme Colin è nato nel 1974 a Flawinne, in Belgio. Scrittore e giornalista televisivo, ha esordito nel 2015 con Éviter les péages. Da Campo di battaglia, il suo secondo romanzo, sarà presto tratto un film.
David LE BRETON, A ruota libera. Antropologia sentimentale della bicicletta (En roue libre. Anthropologie sentimentale du vélo), Raffaello Cortina Editore.
La bicicletta è un invito alla lentezza, alla noncuranza, al sentire che si è vivi. Pedalando ci si immerge negli odori, nei paesaggi, nei suoni circostanti: il tempo e lo spazio ritrovano il proprio fascino. Da più di due secoli la bicicletta accompagna i movimenti sociali. L’entusiasmo dei primi decenni, che coinvolgeva gli ambienti privilegiati, ha ceduto il passo all’euforia delle classi popolari fino agli anni Cinquanta, quando ha avuto inizio un’eclissi della bicicletta, in seguito alla saturazione di città e strade a causa della circolazione automobilistica. Oggi, sempre più persone usano la bicicletta e la passione per le due ruote accomuna classi sociali e tipi umani differenti. Intrecciando spunti sociologici con storie di ciclismo e dei suoi miti, Le Breton mostra come la bicicletta sia divenuta un emblema dell’ecologia politica, mentre si rafforza la consapevolezza dell’impatto distruttivo delle automobili sul paesaggio urbano. La rivoluzione su due ruote è in atto e insegue la promessa di una città accogliente.
David Le Breton, antropologo e sociologo francese, è docente all’Università di Strasburgo. Si è occupato in particolare, della società contemporanea, analizzandone gli aspetti e i fenomeni sia da un punto di vista socio-antropologico che filosofico.
Edmond e Jules de GONCOURT, Venise la nuit (Rêve) – Venezia di notte (Sogno), Damocle Edizioni.
La veneziana Damocle, edizioni e anche libreria, si occupa di libri d’arte, inediti e riscoperte di autori italiani e stranieri. Ora pubblica, con testo a fronte, questo racconto dei fratelli Goncourt che fa parte degli scritti della celebre coppia letteraria ispirati dal viaggio in Italia, tra il 1855 e il 1856 e pubblicato in Francia come capitolo finale di L’Italie d’hier nel 1870. Nel racconto si concentrano riferimenti storici, letterari, pittorici, relativi a Venezia che volutamente confondono epoche storiche nel tentativo di costruire una dimensione onirica del testo che risulta già annunciata dal sottotitolo. Nonostante la complessità di una narrazione che procede per sequenze staccate ed anticipa alcune istanze surrealiste, Venise la nuit rappresenta uno straordinario esempio della produzione letteraria dei fratelli Edmond e Jules de Goncourt, prima che questa si orienti verso i temi sociali di Germinie Lacerteux (1865) la cui prefazione è considerata il manifesto del Naturalismo.
Edmond (1822-1896) e Jules (1830-1870) de Goncourt furono due scrittori e collezionisti francesi. Autori di numerosi romanzi scritti a quattro mani, ascrivibili alla corrente del Naturalismo. L’Académie Goncourt, che premia ogni anno un’opera in lingua francese, fu istituita per testamento alla morte di Edmond.
Nathalie LÉGER, L’abito bianco (La robe blanche), La Nuova Frontiera.
L’otto marzo 2008 l’artista Pippa Bacca inizia un viaggio dal grande valore simbolico, il cui scopo era portare un messaggio di pace attraversando in autostop paesi e regioni martoriati dalla guerra. Con indosso un abito da sposa, parte da Milano diretta a Gerusalemme. La performance viene documentata con foto e brevi video, fino al suo tragico epilogo, in Turchia, quando l’artista viene violentata e uccisa da un camionista che le aveva dato un passaggio poco prima. Nathalie Léger decide di raccontare questa storia e, mentre porta avanti la sua ricerca, riflette sui rischi che le donne incontrano nella vita e nell’arte e su quello che le sembra essere il messaggio centrale della performance di Bacca, ovvero il desiderio di porre rimedio all’insondabile natura della violenza e della guerra attraverso l’immagine simbolica della femminilità. Grazie a questo approfondito esame dell’ultima opera di Bacca e delle reazioni spesso polarizzate dell’opinione pubblica quando si confronta con il ruolo della donna nell’arte, Léger indaga in modo delicato e toccante anche il suo rapporto conflittuale con la madre e la capacità – e i limiti – della scrittura quando questa vuole dare voce alle ingiustizie.
“I libri di Léger sfidano ogni categoria: storia, saggio, memoir, narrativa. Ammiro molto la completezza e la perspicacia delle sue opere”. – Catherine Lacey
Jocelyne SAUCIER, Piovevano uccelli (Il pleuvait des oiseaux), Iperborea.
Best-seller internazionale con più di 350mila copie vendute, Piovevano uccelli è una sorprendente meditazione sulla libertà, sulla vecchiaia e sull’autodeterminazione, un romanzo in cui l’emozione, cruda e vivace, scaturisce da ogni pagina.
Tre ottantenni che amano la libertà hanno scelto di vivere gli ultimi anni a modo loro, quasi senza contatti con la società, ciascuno nella propria capanna di legno nel folto della foresta canadese dell’Ontario settentrionale: Charlie, che ha rifiutato un destino di cure ospedaliere, Tom, che ha voltato le spalle a una vita dissoluta tra alcolismo e assistenti sociali, e Boychuck, taciturno e dall’oscuro passato. Unico contatto con il mondo esterno sono due personaggi ai margini della società: Steve, gestore di un albergo fantasma nella foresta, e Bruno, intraprendente coltivatore di marijuana. La visita di una fotografa sulle tracce degli ultimi sopravvissuti ai Grandi Incendi che hanno devastato la regione quasi un secolo prima sembra solo una breve parentesi nel loro isolamento, ma quando un’altra donna, fuggita dall’ospedale psichiatrico, arriva in quell’angolo sperduto del mondo, niente sarà più come prima: con l’aiuto dei suoi nuovi amici, l’anziana Marie-Desneige, un essere etereo e delicato che custodisce il segreto di amori impossibili, riuscirà a riprendere in mano la sua vita e a cambiare per sempre le regole di quella piccola e insolita compagnia. Il cauto, rigoroso rispetto degli spazi di ciascuno lascia il posto a un nuovo senso di comunità, a una condivisione delle emozioni e degli affetti che solo chi ha a lungo vissuto e sofferto può esprimere nella loro pienezza. Sullo sfondo silenzioso dei grandi spazi del Nord canadese, tra drammi del passato e nuove tenerezze del presente, Piovevano uccelli costruisce una storia luminosa di dignità e sopravvivenza, innalzando un inno alla libertà, fosse anche quella di ritirarsi dal mondo e scegliersi un’altra vita o quella di morire.
Amélie CORDONNIER, Un lupo nella stanza (Un loup quelque part), NN Editore.
Lei è felice e appagata: ha un bel lavoro e un marito amorevole, è madre di Esther e, da pochi mesi, anche di Alban. Un giorno nota una macchiolina scura sul collo del piccolo e, preoccupata, chiede consiglio al pediatra che la tranquillizza: è solo una leggera pigmentazione. Ma le macchioline aumentano, e l’inquietudine cresce. Fino al responso, definitivo e spiazzante: Alban è mulatto. Incredula, si rivolge a suo padre per essere rassicurata: e l’uomo, dopo trentacinque anni, trova il coraggio di ammettere una verità che le toglie di colpo ogni certezza, lasciandola impreparata e sola ad affrontare i pregiudizi che lei stessa non sapeva di nutrire. E mentre la pelle di Alban cambia colore, dentro di lei infuria una terribile resa dei conti con quel bambino, simbolo delle bugie in cui è stata cresciuta e dell’amore che le è stato negato. Con una lingua ritmata e sonora, Amélie Cordonnier scrive un romanzo incalzante come un thriller, in bilico tra dramma e commedia; e mette in discussione i miti fragili dell’amore materno e dell’identità, illuminando il momento in cui la paura di non essere accettati si placa come un lupo ammansito, per cedere il posto a una nuova tenerezza.
Questo libro è per chi vorrebbe trovare una parola per definire il “silenzio degli odori”, per chi ha amato l’atmosfera raffinata e irriverente di Cena tra amici, per chi ogni volta aspetta di essere sull’uscio di casa per confessare i suoi pensieri più profondi, e per chi vive nella fiducia che, anche dopo le notti più buie e spaventose, l’alba torni sempre al suo posto.
Amélie Cordonnier è una giornalista e scrittrice francese, responsabile della sezione culturale della rivista Femme Actuelle. Un lupo nella stanza è il suo secondo romanzo, dopo l’esordio con L’amore malato (Trancher).
Lorenza GENTILE, Le piccole libertà, Feltrinelli.
Oliva ha trent’anni, una passione segreta per gli snack orientali e l’abitudine di imitare Rossella O’Hara quando è certa di non essere vista. Di lei gli altri sanno solo che ha un lavoro precario, abita con i genitori e sta per sposare Bernardo, il sogno di ogni madre. Nessuno immagina che soffra di insonnia e di tachicardia, e che a volte senta dentro un vuoto incolmabile. Fa parte della vita, le assicura la psicologa, e d’altronde la vita è come il mare: basta imparare a tenersi in equilibrio sulla tavola da surf. Ma ecco arrivare l’onda anomala che rischia di travolgerla. Dopo anni di silenzio, la carismatica ed eccentrica zia Vivienne – che le ha trasmesso l’amore per il teatro e la pâtisserie – le invia un biglietto per Parigi, dove la aspetta per questioni urgenti. Oliva decide di partire senza immaginare che Vivienne non si presenterà all’appuntamento e che mettersi sulle sue tracce significherà essere accolta dalla sgangherata comunità bohémienne che fa base in una delle più famose librerie parigine, Shakespeare and Company. Unica regola: aiutare un po’ tra gli scaffali e leggere un libro al giorno. Mentre la zia continua a negarsi, Oliva capisce che può esserci un modo di stare al mondo molto diverso da quello a cui è abituata, più complicato ma anche più semplice, dove è possibile inseguire un sogno o un fenicottero, o bere vino sulla Senna con un clochard filosofo. Dove si abbraccia la vita invece di tenersene a distanza, anche quando fa male. E allora, continuare a cercare l’inafferrabile Vivienne o cedere al proprio senso del dovere e tornare a casa? E soprattutto: restare fedele a ciò che gli altri si aspettano da lei o a se stessa? Quando tante piccole libertà finiscono per farne una grande, rinunciarci diventa quasi impossibile.
“Trama brillante, scrittura tersa, punteggiata dalle citazioni de Jack Kerouac e Leonard Cohen, interrogativi profondi”. – Francesca Frediani, D La Repubblica
Lorenza Gentile ha vissuto e lavorato nella celebre libreria Shakespeare and Company di Parigi. Da quell’esperienza è nata l’ispirazione per questo romanzo: “La Shakespeare and Company mi ha dato la libertà di vivere, respirare, dormire, sognare tra i libri, e attraverso i libri. In ultimo, mi ha dato la libertà di scrivere, senza paura di sbagliare. A questa libertà ho dedicato il mio romanzo”.
Agnès POIRIER, Rive Gauche. Arte, passione e rinascita a Parigi 1940-1950, Einaudi.
La Sorbona, Les Deux Magots, il Café de Flore, l’Hôtel La Louisiane: sono luoghi avvolti da un alone leggendario, come tutta l’area di Parigi in cui sorgono, la mitica Rive gauche. Qui, tra gli anni Quaranta e Cinquanta, artisti e intellettuali straordinari hanno creato, combattuto, amato, vissuto; hanno assistito agli orrori della guerra e partecipato con entusiasmo alla rinascita della città. Dall’esistenzialismo al teatro dell’assurdo, dal jazz alle chansons, fino alla ricerca di una terza via in politica e al femminismo militante: gustoso e arguto, come lo ha definito Julian Barnes, Rive gauche è un viaggio letterario al cuore di un’epoca eccezionale attraverso le vite di chi l’ha resa indimenticabile.
“Non è un romanzo, perché ogni dettaglio è accaduto veramente e trova riscontro nelle cronache, nei diari o negli scritti dei diretti interessati, che l’autrice, la giornalista francese Agnès Poirier, ha raccolto e studiato per oltre cinque anni. Non è un romanzo ma si legge come se lo fosse”. Tommaso Melilli – il venerdì di Repubblica
Stéphanie HOCHET, Pacifico (Pacifique), Voland.
Seconda guerra mondiale. Su una portaerei dell’Impero del Giappone, il soldato Kaneda Isao si prepara a morire. Appassionato di aviazione fin da piccolo, Kaneda è stato addestrato al volo e al sacrificio di sé. È un sakura, un attentatore suicida formatosi nel codice d’onore dei samurai, e il 29 aprile 1945 la sua missione è schiantarsi contro un incrociatore americano. Anche se ha paura, anche se si interroga sull’utilità del suo gesto, non ha scelta. È una questione d’onore. Eppure dubita. Sente che la guerra è persa e quel sacrificio non salverà il paese. Kaneda dovrà attingere alla sua educazione e alle usanze ancestrali della sua terra per trovare la forza di andare fino in fondo. In pieno volo, però, il motore del caccia emette uno strano rumore, sul quadrante si accende una spia… Un romanzo che indaga i pensieri di un giovane soldato davanti alla morte e ci svela la cultura e le atmosfere di un Giappone in bilico tra il passato e il presente.
Nata a Parigi nel 1975, Stéphanie Hochet ha esordito nel 2001. Autrice di undici romanzi e un saggio letterario, ha ricevuto il Prix Lilas (2009), il Thyde Monnier de la Société des Gens de Lettres (2010), e più di recente, nel 2017, il Prix Printemps du roman. Ha curato una rubrica per “Le Magazine des Livres” e collaborato con “Libération”. Attualmente scrive per il settimanale “Le Jeudi”.
Frédéric DARD, I bastardi vanno all’inferno (Les salauds vont en enfer), Rizzoli.
Il destino, in fondo, è l’ironia della vita, sono i suoi colpi bassi. Anni Cinquanta, un luogo imprecisato nel Sud della Francia. Sono chiusi nella stessa, minuscola cella. Sono due uomini agli antipodi. Il primo è una spia, il secondo un poliziotto sotto copertura con il compito di scucire informazioni al compagno di galera. Entrambi hanno molto da nascondere e non possono sbagliare una risposta. Questo rapporto teso, nutrito dal sospetto e in bilico tra calcolo e aggressività, si complica quando Frank e Hal sentono emergere, inaspettatamente, qualcosa che somiglia a un’amicizia, un desiderio, quasi loro malgrado, di affidarsi l’uno all’altro. Nel momento in cui decidono di evadere la loro sorte sembra segnata, ma l’entrata in scena di Dora, una bionda enigmatica in cui incappano durante la fuga, cambierà tutto. Perché, rinchiusi tra quattro mura, tutti gli uomini finiscono per assomigliarsi. E una volta fuori, chi può dire quale dei due sia il poliziotto e quale la spia? I bastardi vanno all’inferno è tra i più noti romanzi di Frédéric Dard, storia scritta prima per il teatro, poi approdata sul grande schermo e infine divenuta romanzo. Un noir senza tempo, un’indagine impietosa sulla natura umana.
«Il maestro francese del noir» – The Observer
«L’erede di Georges Simenon» – Le Figaro
«Frédéric Dard, il più pacifico tra i tormentati, il più dolce tra i violenti, il più felice tra i devastati» – France Culture
Frédéric Dard (1921-200) è stato uno scrittore francese, famoso per i suoi numerosissimi romanzi noir, pubblicati lungo tutta la seconda metà del Novecento. La serie di libri polizieschi dedicata al commissario Sanantonio riscosse un eccezionale successo, e insieme ad altre opere dello scrittore arrivò a vendere, nel complesso, più di 290 milioni di copie. Nel 1957 Dard venne insignito del Grand prix de littérature policière, il più importante riconoscimento francese per il genere del giallo, per il suo romanzo Le Bourreau pleure.
Daniel PICOULY, Longtemps je me suis couché de bonheur, Éditions Albin Michel.
«« Longtemps je me suis couché à plusieurs. Chez nous on est au moins deux par lit. Pas étonnant ma mère a eu treize enfants. » Proust serait fier de moi. Sa première phrase « Longtemps je me suis couché de bonne heure » n’est pas à la hauteur.»
Orly, Cité Million, 1964. Un adolescent de quinze ans, pour l’amour d’une Albertine, plonge dans l’œuvre de Marcel Proust. Jusqu’à l’obsession. Autour de lui, se bousculent un Charlus égoutier, une Odette infirmière à domicile, une duchesse de Guermantes battant ses tapis à la fenêtre…. Rêve ou réalité, peu importe, quand il sera grand, il sera Proust. Avec la verve et l’imagination qui ont fait le succès du Champ de personne, Daniel Picouly transpose l’univers de Marcel Proust dans sa banlieue d’Orly. Le récit profond et drôle d’une éducation sentimentale, hommage à l’école, à sa famille et à l’auteur de La Recherche. À tout ce qui a fait de lui l’écrivain qu’il est aujourd’hui. Longtemps je me suis couché de bonheur célèbre le talent de conteur et la fantaisie poétique de Daniel Picouly. L’auteur de L’Enfant Léopard, récompensé par le prix Renaudot, y déploie tout son art, une verve qui n’appartient qu’à lui, imagée et virtuose, danx ce portrait tendre d’un enfant épris de littérature.
Valérie PERRIN, Trois, Éditions Albin Michel.
« Une pépite de roman ». Le Parisien
«Je m’appelle Virginie. Aujourd’hui, de Nina, Adrien et Etienne, seul Adrien me parle encore. Nina me méprise. Quant à Etienne, c’est moi qui ne veux plus de lui. Pourtant, ils me fascinent depuis l’enfance. Je ne me suis jamais attachée qu’à ces trois-là. »
- Adrien, Etienne et Nina se rencontrent en CM2. Très vite, ils deviennent fusionnels et une promesse les unit: quitter leur province pour vivre à Paris et ne jamais se séparer.
- Une voiture est découverte au fond d’un lac dans le hameau où ils ont grandi. Virginie, journaliste au passé énigmatique, couvre l’événement. Peu à peu, elle dévoile les liens extraordinaires qui unissent ces trois amis d’enfance. Que sont-ils devenus? Quel rapport entre cette épave et leur histoire d’amitié?
Valérie Perrin a ce don de saisir la profondeur insoupçonnée des choses de la vie. Au fil d’une intrigue poignante et implacable, elle nous plonge au cœur de l’adolescence, du temps qui passe et nous sépare. Ses précédents romans, Les Oubliés du dimanche et Changer l’eau des fleurs, ont connu des succès mondiaux, totalisant plus de deux millions d’exemplaires, traduits dans une trentaine de pays. En 2018, elle a été récompensée par le prix Maison de la Presse et le prix Choix des Libraires du Livre de Poche; en 2019, par le prix des Lecteurs.
EXPOSITIONS
“Charlotte Perriand and I”. Converging designs by Frank Gehry and Charlotte Perriand. Venezia. Espace Louis Vuitton, calle del Ridotto 1353. Fino al 21 novembre 2021.
Tra gli eventi collaterali della Biennale di Architettura 2021, all’Espace Louis Vuitton, sono esposti progetti di Charlotte Perriand e Frank Gehry, che hanno anticipato il bisogno di unire ecologia e modernità.
Charlotte Perriand, nata nel 1903 e scomparsa nel 1999, è una figura affascinante del mondo del design. È stata architetta, designer, urbanista e fotografa. Ha lavorato da sola o insieme con Le Corbusier e Pierre Jeanneret. Ora questa mostra mette in dialogo il suo lavoro con quello di un grande architetto contemporaneo, Frank Gehry.
Nell’ultimo secolo gli sviluppi della tecnologia hanno fatto sì che potessimo reinventare l’idea di ‘casa’ con frequenza sempre maggiore: i progressi tecnologici, insieme al mutamento dei valori sociali, hanno infatti consentito agli architetti di progettare nuove soluzioni per il nostro vivere. Oggi, nel pieno di una crisi ecologica da noi stessi provocata, stiamo tentando di accogliere una popolazione mondiale senza precedenti all’interno di confini in evoluzione. Attraverso specifici progetti, Perriand e Gehry hanno reagito alle idee di mobilità, prefabbricazione ed efficienza con progetti che hanno ridefinito il concetto di abitazione. In questa nuova mostra dell’Espace Louis Vuitton Venezia, progetti selezionati di Perriand e Gehry – alcuni esposti per la prima volta – sono presentati sia come riferimenti storici, sia come soluzioni per i problemi con cui l’architettura si confronta oggi.
Sempre a Venezia, alla Fondation Wilmotte, sarà possibile vedere la ricostruzione in scala reale del Refuge Tonneau di Perriand, realizzato da Cassina.
Les communautés à l’œuvre. Biennale di Architettura. Venezia. Giardini. Fino al 21 novembre 2021.
Espositori: Gli abitanti di: “GHI du Grand Parc”, Bordeaux e “la Cité de transit de Beutre”, Mérignac (Francia). Il progetto esplora l’intersezione fra la competenza dell’architettura e la prestazione degli abitanti. Questo approccio trasversale alla professione vuole fare luce sulle implicazioni dell’architettura in un mondo in rapido cambiamento. La mostra propone una visione ottimistica del mondo in cui le comunità che lo abitano sono spinte ad agire sui loro ambienti abitativi, sulla loro vita quotidiana. Attraverso documentari sulle comunità vive impegnate nella trasformazione dei propri ambienti quotidiani, proponiamo un’angolazione diversa da cui osservare la vita già presente ovunque, assieme ai mezzi di una strategia astuta, accurata e accorta per migliorarla.
L’Arca di vetro. La collezione di animali di Pierre Rosenberg. Venezia. Le stanze del vetro, Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore. Fino al 25 luglio 2021.
L’esposizione è dedicata alla straordinaria collezione di animali di vetro di Pierre Rosenberg, Presidente-Direttore onorario del Museo del Louvre di Parigi. Gli oltre 750 pezzi in esposizione – elefanti, ippopotami, gatti, giraffe, orsi, pappagalli, pesci, tartarughe, volpi… e persino minuscoli insetti realizzati a lume in scala reale – appartengono alla collezione personale che Pierre Rosenberg ha messo insieme in trent’anni d’assidua frequentazione di Venezia. Quando questo genere di produzione vetraria era ancora relegata all’ambito del souvenir o considerata come una sorta di divertissement da fornace, Pierre Rosenberg ha dimostrato una passione autentica, svincolata dalle mode, e ha creato una collezione quanto mai originale e vasta, della quale questa mostra dà parzialmente conto. La Murano del Novecento ha prodotto un repertorio assai vasto di animali di vetro, che da un lato incantano per le infinite interpretazioni del soggetto e dall’altro si fanno testimoni di una tecnica millenaria e dei quali questa mostra offre uno scorcio assai personale e originale. L’animale in vetro ha infatti due caratteristiche che lo distinguono dai bestiari realizzati in altri materiali: non ha mai atteggiamenti feroci, che sono invece tipici della scultura animalier più tradizionale, e soprattutto non è mai pensato come un gioco. Eppure un senso ludico aleggia talvolta in questa collezione di rara ecletticità, raccolta mescolando animali celeberrimi a quelli di vetrerie meno note o persino sconosciute, seguendo il filo, certamente della qualità tecnica, ma anche dell’ironia e di un gusto completamente personale e distante da schemi e attese.
Le porcellane dei Duchi di Parma. Capolavori delle grandi manifatture europee del ‘700. Reggia di Colorno (Parma). Fino al 19 settembre.
Questa mostra è un evento unico perché, per la prima volta dal 1859, quando il Ducato di Parma e Piacenza venne cancellato per poi essere inglobato nel Regno d’Italia, viene riunito il patrimonio di oggetti d’arte appartenente a quella che per secoli era stata una delle più raffinate corti europee. In particolare, la Reggia di Colorno torna eccezionalmente ad abbracciare le preziose porcellane che Luisa Elisabetta di Francia e il consorte Filippo di Borbone utilizzavano per i ricevimenti ducali.
L’eccezionale, per raffinatezza e qualità, corpus di porcellane, in mostra in occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21, evidenzia come il gusto alla corte dei Duchi di Parma si fosse plasmato in pieno accordo con i modelli francesi sviluppati nel Settecento, quando ricchezza decorativa e desiderio di ostentazione accompagnavano l’allestimento delle tavole del Vecchio Continente. La passione dei Duchi per le porcellane fu davvero assoluta. Luisa Elisabetta – “Babette”, come la chiamava il padre, Luigi XV, sovrano di Francia – era letteralmente ammaliata dal fascino di questo materiale compatto, lucente e leggero, capace di dare vita a oggetti dalle linee raffinate che contribuivano a identificare lo status sociale di chi li possedeva. Nei suoi frequenti viaggi a Versailles non trascurava di fare acquisti sia per dotare la sua residenza di vasellame alla moda sia per far dono al marito, che condivideva con lei il piacere delle preziose porcellane. Così il piccolo Ducato di Parma e Piacenza acquisì il meglio della produzione di tutte le più prestigiose manifatture europee che la Duchessa personalmente cercava e commissionava, come confermano le numerose lettere in mostra. Nelle loro residenze erano presenti oggetti in porcellana: raffinati servizi da tavola, da caffè, statuine, tazze da gelato e oggetti curiosi firmati Meissen, Sèvres, Vincennes, Chantilly, Doccia e Capodimonte. Tra gli oggetti più curiosi? I porta-ostriche di Sèvres: in Francia erano molto diffusi, ma all’epoca nel parmense di ostriche non ce n’erano!
Sul filo di Raffaello. Impresa e fortuna nell’arte dell’arazzo. Urbino. Palazzo Ducale. Fino al 12 settembre 2021.
A partire dal regno di Luigi XIV, in Francia crebbe un tale culto nei confronti di Raffaello che nel corso dei secoli diversi monarchi vollero che si ricreassero a Parigi una o più versioni su tessuto di quasi tutti gli affreschi dell’Urbinate presenti in Vaticano. Questa mostra riporta nella città natale dell’artista i suoi capolavori attraverso le pregevoli manifatture, soprattutto francesi, che produssero gli arazzi (utilizzando, a tal fine, da un lato i pittori francesi dell’Accademia di Francia residenti a Roma per copiare dal vivo i prototipi, dall’altro l’abilità straordinaria degli arazzieri inquadrati da Colbert sotto l’egida della manifattura dei Gobelins, aperta a Parigi e attiva esclusivamente per le commissioni reali, dove molte delle tappezzerie furono tessute). Grazie alla collaborazione dei Musei Vaticani e del parigino Mobilier National il risultato è un viaggio inaspettato nell’opera pittorica di Raffaello, riversata nella vivacità del tessuto, alla riscoperta dell’influenza che il grande artista ebbe nella diffusione crescente, nell’Europa dei secoli a venire, dell’arte e della tecnica dell’arazzo.
Napoleone e il mito di Roma. Roma. Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali. Fino al 7 novembre 2021.
Ideata in occasione del bicentenario dalla morte di Napoleone Bonaparte, la mostra lo celebra ripercorrendo il rapporto tra l’imperatore francese, il mondo antico e Roma.
Annessa all’Impero dal 1809 al 1814 e città imperiale seconda solo a Parigi per volontà di Napoleone stesso, Roma, e più precisamente l’area archeologica dei Fori Imperiali, fu oggetto di scavi promossi dal Governo Napoleonico di Roma tra il 1811 e il 1814 per liberare l’area a sud della Colonna di Traiano, che Napoleone aveva già preso a modello per la realizzazione tra il 1806 e il 1810 della Colonna Vendôme a Parigi, celebrazione di un impero e di un imperatore e delle sue imprese militari. I Francesi volevano applicare a Roma quei criteri di ordine urbanistico che, nei loro intenti, l’avrebbero trasformata realmente in una seconda Parigi. Ispirarsi alla Roma Imperiale in ogni suo aspetto per celebrare la magnificenza di Napoleone e della sua famiglia divenne ben presto una consuetudine e portò inevitabilmente con sé l’uso di un linguaggio di propaganda ispirato all’Antico, caratterizzato dalla rappresentazione dell’Imperatore come erede dei grandi condottieri del passato, degli Imperatori romani, se non addirittura come eroe e divinità dell’antica Grecia, in un rimando costante a Roma Imperiale, alla sua arte e alla sua cultura. Il percorso espositivo si snoda attraverso 3 macro-sezioni e comprende oltre 100 opere – tra cui sculture, dipinti, stampe, medaglie, gemme e oggetti di arte cosiddetta minore – provenienti dalle Collezioni Capitoline nonché da importanti musei italiani ed esteri. La mostra si conclude con il famoso quadro Napoleone con gli abiti dell’incoronazione, dipinto da François Gérard nel 1805 e conservato ad Ajaccio, nel Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts: il dipinto raffigura Napoleone al suo apice e rappresenta il compendio più evidente dell’uso che egli seppe fare dei simboli. I gusti personali di Napoleone erano quelli della sua generazione ma egli sapeva che il mondo antico rappresentava una categoria culturale tanto vasta quanto varia che poteva in qualche modo essere adattata a tutti gli usi. Napoleone mise in pratica una sorta di archeologia delle immagini del potere attraverso il recupero meticoloso e spregiudicato di simboli, figure e concetti del passato, da utilizzare per creare un impressionante raccolta di ritratti e di ornamenti, allusioni, richiami e prestiti che serviranno a legittimare un regime, la cui esistenza poggiava essenzialmente sulla forza militare. Le immagini dell’anticomania napoleonica (la nudità eroica, le insegne del potere, l’alloro, l’aquila…) rifunzionalizzate nel presente sono allo stesso tempo rivolte al futuro: si rivolgono ai posteri e partecipano alla costruzione della leggenda dell’Imperatore.
Napoleone ultimo atto. L’esilio, la morte, la memoria. Roma. Museo Napoleonico. Fino al 9 gennaio 2022.
Dedicata ai momenti estremi dell’epopea di Napoleone Bonaparte, l’esposizione del Museo Napoleonico intende illustrare le vicende dell’esilio e della morte dell’Imperatore a Sant’Elena attraverso un evocativo racconto visivo, costruito tramite stampe, acquerelli ed effigi scultoree e numismatiche. Il percorso espositivo si articola in quattro sezioni: Sant’Elena, l’ultima isola / Reliquie dall’esilio / «Il n’est plus» / Il ritorno delle ceneri a Parigi nel 1840, e si compone di circa 85 pezzi. L’esposizione valorizza il rilevante nucleo di oggetti legato agli anni di Sant’Elena posseduto dal Museo Napoleonico. Spiccano l’iconica maschera funeraria dal calco del volto preso dal medico Antonmarchi subito dopo la morte di Napoleone e numerose “reliquie da contatto”. Si tratta di preziose tabacchiere, giochi di società, volumi provenienti dalla biblioteca, tessuti raffinati e capi di abbigliamento utilizzati quotidianamente da Napoleone durante il suo ultimo esilio: memorie, quindi, dotate di straordinario valore storico e simbolico. Lo stesso Napoleone ne era consapevole, tanto da esprimere nel proprio testamento – una copia del quale è presente in mostra – la volontà, poi disattesa, di destinare tali oggetti al figlio, a cui avrebbero trasmesso l’essenza del suo spirito. Alla narrazione visiva si intreccia il tema della costruzione e trasmissione della memoria della propria storia da parte di Napoleone, evocato dalla presenza di documenti e volumi, come l’esemplare del Memoriale di Sant’Elena di Emmanuel de Las Cases posseduto dal figlio di Napoleone. Quello di Napoleone verso Sant’Elena e l’altro, a ritroso, delle sue ceneri verso Parigi sono viaggi attraverso i due emisferi della terra, «dall’uno all’altro mar» si potrebbe dire prendendo in prestito e reinterpretando il verso manzoniano dell’ode Il Cinque Maggio. La mostra vuole seguire le rotte e illustrare gli esiti di questi viaggi, rievocandone le suggestioni.
Mostra d’arte a tema napoleonico. Portoferraio. Pinacoteca Foresiana. Fino al 10 ottobre 2021.
L’Isola d’Elba accolse il breve periodo d’esilio di Napoleone, che vi arrivò dopo la disastrosa campagna di Russia e la sconfitta di Lipsia. E proprio questo luogo ospiterà uno tra i primissimi eventi degli Uffizi diffusi: la mostra d’arte a tema napoleonico per celebrare il bicentenario della morte del Bonaparte. Accolta nella Pinacoteca Foresiana di Portoferraio, sarà inaugurata il 30 giugno e la chiusura è prevista per il 10 ottobre, e avrà al suo centro una selezione di opere in arrivo dalle Gallerie degli Uffizi, oltre che dipinti da collezioni locali.
Nell’attesa di poter ammirare l’esposizione elbana, è già online su uffizi.it la mostra virtuale “Gli Uffizi e Napoleone. Opere, luoghi e memorie nelle collezioni delle Gallerie”: la compongono 57 immagini ingrandibili ad alta definizione.
Chagall. La Bibbia. Catanzaro. Complesso Monumentale del San Giovanni. Fino al 29 agosto 2021.
Per la prima volta a Catanzaro, una mostra dedicata al genio artistico di Marc Chagall. Il vero nome di Chagall era Moishe, Mosè; iniziò a farsi chiamare Marc quando si trasferì a Parigi negli anni ’20 del secolo scorso. Tuttavia continuò a tener vivo sulla tela il legame con la Russia e il suo paesaggio, come pure l’appartenenza alla comunità israelitica e alle sue tradizioni. Per questo, quando nel 1930 l’editore e amico Ambroise Vollard gli propose di illustrare la Bibbia, Chagall accettò con entusiasmo, convinto che fosse “la principale fonte di poesia di tutti i tempi” e partì subito per la Terra Santa. Oggi, all’interno della mostra, possiamo ammirare ben 170 tra litografie e acqueforti. Ed ecco spuntare una capra che legge davanti a re Salomone, un Dio dall’incarnato verde nella cacciata di Adamo ed Eva e Mosè con la faccia da uccello mentre tiene le Tavole della legge. Spiegare le parole e i simboli sacri a Chagall non interessa, lui vuole solo soffiare la vita e i colori della sua infanzia dentro il Libro dei Libri.
THÉÂTRE
Ho visto Maradona. Di e con Daniel Pennac. Napoli. Campania Teatro Festival. Giardino Paesaggistico Pastorale di Capodimonte. 11 luglio 2021 ore 21.00.
Pennac racconta Maradona. Il Dio, il santo, il mito, il capro espiatorio, San Diego, l’ultimo dei Malaussène. Un’impresa quasi impossibile, raccontare tutto ciò che ha rappresentato D10S, non solo nel mondo del calcio, una vera icona pop che ha condizionato attraverso il suo genio sregolato, vita, sogni e desideri delle persone in ogni parte del mondo. Lo spettacolo si immergerà nel realismo magico e affronterà la figura poliedrica del più grande giocatore della storia. Miglior calciatore in campo e personaggio vitale, traboccante, attraente e icona fuori misura.
Daniel Pennac darà forma al “Mondo Maradona”, dagli aneddoti ai momenti vitali che lo hanno reso parte della nostra vita, come un Benjamin Malaussène dei nostri sogni; perché è come qualcuno ha detto, “quello che Maradona ha fatto con la sua vita non è importante, ciò che conta è quello che ha fatto con la nostra.” Immaginiamo per un attimo Daniel Pennac che attraverso la scrittura scenica, accompagnato dalla sua compagnia teatrale e da una piccola orchestra popolare, ci racconta come sia possibile che “La mano di Dio” voli nel cielo e scenda negli inferi, come in un moderno viaggio dantesco.
Il progetto è pensato per essere costruito in sintonia e collaborazione con diversi ambiti artistici, culturali e lavorativi della città di Napoli. Un incontro di culture, esperienze, relazioni, umanità. Questo è uno spettacolo su MARADONA? È un tributo? È una storia? È una musica? È tutto questo… ma molto altro ancora. Come MARADONA.
CINÉMA
Estate ’85 (Été 85). Un film di François Ozon. Con Félix Lefebvre, Benjamin Voisin, Philippine Velge, Valeria Bruni Tedeschi. Uscita 3 giugno 2021.
L’estate di un ragazzo negli anni ’80. Il film è stato premiato a Roma Film Festival, ha ottenuto 1 candidatura agli European Film Awards, ha ottenuto 11 candidature a Cesar, ha ottenuto 4 candidature e vinto 2 Lumiere Awards. Dietro l’aria spensierata del teen movie, il racconto vertiginoso delle origini e del potere del cinema. Le storie d’amore qualche volta finiscono male ma il debutto è sempre folgorante. Lo è quello di Alexis e David. Alexis affonda tra i flutti di un’estate (irre)quieta, David lo salva dal naufragio come un dio greco. Alexis ha sedici anni e una passione per i riti funerari, David pochi di più e un dinamismo che non conosce freni. Cresciuto senza slanci in una famiglia proletaria, Alexis è attirato da David, orfano di padre e figlio di una madre divorante e impudica. Tutto li separa, tutto li innamora dentro un dramma annunciato e una stagione stordente. L’ultima, spensierata e innocente, prima dell’inverno e dell’HIV.
Adam (Adam). Un film di Maryam Touzani. Con Lubna Azabal, Nissrine Erradi, Douae Belkhaouda, Aziz Hattab, Hasna Tamtaoui. Uscita 3 giugno 2021.
La storia di due donne in fuga che dovranno unire le loro forze. Il film ha ottenuto 2 candidature a Lumiere Awards. Nella Medina di Casablanca, Abla, vedova e madre di una bambina di 8 anni, gestisce una pasticceria marocchina. Quando Samia, una giovane donna incinta, bussa alla sua porta, Abla è lontana dall’immaginare che la sua vita cambierà per sempre. Un incontro fortuito con il destino, due donne in fuga e un percorso verso l’essenziale.
Io, lui, lei e l’asino (Antoinette dans les Cévennes). Un film di Caroline Vignal. Con Laure Calamy, Benjamin Lavernhe, Olivia Côte, Marc Fraize, Jean-Pierre Martins. Uscita 10 giugno 2021.
Una commedia sentimentale tipicamente francese venata di femminismo e di inattesi echi western. Antoinette è un’insegnate di Parigi che ha una relazione con il padre di una sua alunna. Lasciata sola dall’amante, che in estate non può esimersi dall’accompagnare moglie e figlia nelle Cévennes, catena montuosa nel sud della Francia, Antoinette decide di recarsi anche lei nelle località di vacanza e qui provare a insediare l’uomo che ama. In attesa del suo arrivo, passa le giornate facendo lunghe escursioni in compagnia di un asino chiamato Patrick e poco alla volta si affezione al luogo e alla propria indipendenza. L’incontro con la famiglia dell’uomo e le inevitabili tensioni della situazione la aiuteranno a dare un nuovo senso alla sua vita.
I profumi di Madame Walberg (Les Parfums). Un film di Grégory Magne. Con Emmanuelle Devos, Grégory Montel, Gustave Kervern, Sergi López, Zelie Rixhon. Uscita 10 giugno 2021.
Il film ha ottenuto 1 candidatura a Lumiere Awards. Anne Walberg è una celebrità nel mondo dei profumi. Ha uno straordinario talento nel creare nuove fragranze che vende ad aziende di ogni genere. Ha un carattere forte, è egoista e vive come una diva. Guillaume è il suo nuovo autista ma, soprattutto, l’unico a non aver paura di tenerle testa. Questo è senz’altro ciò che maggiormente incuriosisce Anne e che le impedisce di licenziarlo. Un uomo e una donna che nulla accomuna vagano tra città e campagne imparando a conoscersi e rispettarsi e finiscono con lo scoprire anche molte cose ognuno su di sé.
Mandibules – Due uomini e una mosca (Mandibules). Un film di Quentin Dupieux. Con Adèle Exarchopoulos, Dave Chapman, Anaïs Demoustier, Coralie Russier, India Hair. Uscita 17 giugno 2021.
Un’ode esilarante all’idiozia che celebra l’irrazionale e disegna una Francia senza senso. Jean-Gab e Manu sono amici per sempre e scemi da sempre. In missione per conto di un misterioso cliente, devono consegnare una valigetta in cambio di una banconota da cinquecento euro. Rubata una vecchia auto per la trasferta, trovano nel cofano una mosca gigante e decidono di addestrarla al furto. Insieme cullano il sogno di diventare ricchi ma la strada è lunga e l’imprevisto dietro l’angolo.
La brava moglie (La bonne épouse). Un film di Martin Provost. Con Juliette Binoche, Yolande Moreau, Noémie Lvovsky, Edouard Baer, François Berléand. Uscita 24 giugno 2021.
Il film ha ottenuto 4 candidature e vinto un premio ai Cesar.
1967: Boersch, paesino dell’Alsazia. Il film segue la storia di Paulette Van der Beck (Juliette Binoche) e di suo marito. I due hanno gestito in Francia per diversi anni, una scuola per buone mogli, insegnando a giovani ragazze di buona famiglia come essere delle perfette casalinghe e dolci mamme, occupandosi delle faccende domestiche, senza mai opporsi ai doveri coniugali. Quando improvvisamente il marito di Paulette scompare, la donna, che fino a quel momento era stata in disparte e alle dipendenze del marito, si rende conto che è rimasta senza soldi e che la scuola sta per fallire. Tutto questo, insieme all’aria di cambiamento del maggio del 1968, porterà Paulette a rivedere il suo modo di essere. La donna si ribellerà infatti alle regole da brava casalinga che rappresentavano le sue certezze, per essere finalmente se stessa e una donna libera.
La felicità degli altri (Le bonheur des uns). Un film di Daniel Cohen. Con Vincent Cassel, Bérénice Bejo, Florence Foresti, François Damiens, Daniel Cohen. Uscita 24 giugno 2021.
Un cast d’eccezione per una commedia corale sul significato profondo dell’amicizia.
Léa, Marc, Karine e Francis sono amici di vecchia data. Ognuno occupa un posto ben preciso nel gruppo, che va d’amore e d’accordo fino al giorno in cui Léa confessa agli altri che sta scrivendo un romanzo. Il libro ben presto diventerà un best-seller e il successo di Léa scatenerà piccole gelosie e grandi cattiverie.
Agente Speciale 117 al servizio della Repubblica – Missione Cairo (Le Caire nid d’espions). Un film di Michel Hazanavicius. Con Jean Dujardin, Bérénice Bejo, Aure Atika, Philippe Lefebvre (II), Constantin Alexandrov. Uscita 1 luglio 2021.
Il primo capitolo della saga dedicata all’Agente Speciale 117. Il film è ambientato nel 1955 in Egitto, dove si nascondono moltissime spie, appartenenti a diverse nazioni. Ci sono inglesi, francesi, sovietici, tutti pronti a organizzare o sventare un complotto. Il Paese, però, sta attraversando anche una crisi governativa, perché il Re Farouk, deposto, cerca di riconquistare il diritto al trono, spodestando il potere istituito da Nasser. A causa di questa situazione, i legami tra Egitto e Francia sono tesi, perché il paese francofono simpatizza per Farouk. Prima che le cose peggiorino, portando le nazioni a un conflitto, il presidente francese René Coty invia sul posto la sua migliore spia, Hubert Bonisseur de la Bath (Jean Dujardin), noto nella cerchia come Agente Speciale 117. La missione affidatagli è quella di portare la pace in Medio Oriente, così da evitare guerre e ribellioni. L’agente, però, coglierà l’occasione per indagare anche sulla scomparsa del suo collega e amico, Jack Jefferson (Philippe Lefebvre). Riuscirà nell’impresa o si perderà tra le bellezze locali e il compiacimento del suo ego?
Agente Speciale 117 al servizio della Repubblica – Missione Rio (Oss 117: Rio Ne Répond Plus). Un film di Michel Hazanavicius. Con Jean Dujardin, Louise Monot, Rudiger Vogler, Alex Lutz, Reem Kherici. Uscita 29 luglio 2021.
Hubert Bonisseur de la Bath, alias Agente Speciale 117, è la spia francese considerata dai suoi superiori la migliore in servizio. Nel 1967 viene mandato in missione a Rio de Janeiro, per trovare un ex gerarca nazista di alto rango fuggito in esilio in Sud America al termine della Seconda Guerra Mondiale. La sua indagine movimentata lo porta in tutto il Brasile, da Rio a Brasilia fino alle cascate dell’Iguazú, accompagnato da un’affascinante agente del Mossad, anche lei sulle tracce del criminale tedesco. Incredibili avventure e un’affascinante storia d’amore si alterneranno in questo secondo capitolo della saga, sempre con i Premi Oscar Michel Hazanavicius alla regia e Jean Dujardin nei panni dell’Agente Speciale 117.