ESPACE CULTURE
À LA UNE
Cannes 2021 : le Festival officiellement reporté en juillet.
Changement de dates pour l’édition 2021 du Festival de Cannes ! L’équipe du Festival vient d’annoncer officiellement le report de sa 74ème édition. Initialement prévu du 11 au 22 mai 2021, le Festival aura lieu du mardi 6 au samedi 17 juillet 2021.
L’équipe du Festival n’envisage pas, à date, d’organiser un évenement virtuel, ou en distanciel. Thierry Frémaux mise sur une « configuration classique« , écartant toute idée de faire un événement virtuel, comme il l’avait récemment expliqué dans les colonnes des Inrocks. « Le Festival de Cannes est un spectacle vivant. Un festival est un spectacle vivant en soi. Il n’a jamais été question pour nous de le faire en ligne« .
Pour mémoire, l’édition 2020 avait été annulée, mais une sélection officielle avait malgré tout été dévoilée début juin 2020, avec un système de « Label Cannes ». Une brève et symbolique édition physique s’était tout de même tenue cet automne quelques jours avant l’annonce du 2ème confinement.
Accordo di cooperazione tra Teatro dell’Opera di Roma e Opéra national de Paris.
Un accordo di cooperazione franco-italiano in ambito lirico è stato lanciato con due concerti: uno a Palazzo Farnese con i giovani cantanti della Fabbrica del Teatro dell’Opera di Roma e l’altro all’Hôtel de la Rochefoucauld Doudeauville, sede dell’Ambasciata italiana a Parigi, con cantanti dell’Académie de l’Opéra national de Paris. Si sono prodotti giovani talenti lirici che incarnano l’opera di domani. I cantanti si sono esibiti, con arie d’Opera francesi in Italia e arie d’Opera italiane in Francia, in diversi spazi di Palazzo Farnese e dell’Hôtel de la Rochefoucauld-Doudeauville, permettendo al pubblico di scoprire questi gioielli del patrimonio francese e italiano. Questo programma eccezionale sarà ritrasmesso (data da comunicare) al fine di rispettare le restrizioni della situazione sanitaria. Essenziale in questo momento particolare la media partnership con la RAI che valorizzerà quest’inedito Concerto in due grandi capitali europee, unite dall’amore per la lirica, e non solo, tramite servizi culturali dedicati e la diffusione attraverso i suoi canali.
La Fabbrica e l’Académie de l’Opéra national de Paris lavorano nella stessa direzione e condividono la stessa ambizione: formare i più grandi artisti lirici di domani. E questo all’interno di due prestigiosi teatri lirici europei e con una visione internazionale. Questo progetto segnerà la prima tappa della collaborazione tra le due accademie di Roma e Parigi per tutto il 2021, con lo scambio di direttori di coro in primavera e la preparazione di un grande concerto congiunto che sarà offerto al pubblico a Roma e Parigi in autunno.
Christian Masset, Ambasciatore di Francia in Italia, ha ribadito quanto “la cultura e l’Arte in tutte le sue forme” siano “da sempre fondamentali nel legame così particolare che unisce Francia e Italia” e “fondamentale” sia anche “per i nostri due paesi lo sviluppo di accordi di cooperazione specifici: questo nella Lirica tra l’Académie de l’Opéra national de Paris e la Fabbrica del Teatro dell’Opera di Roma è un segno di grande vitalità e trait-d’union tra passato e futuro”. “Palazzo Farnese, oltre ad essere un luogo simbolico dal forte significato nei rapporti tra Francia e Italia, che vi organizzano numerose iniziative comuni, tornerà presto ad essere il cuore pulsante della città di Roma, come lo dimostra quest’insolito e lungimirante evento” si è augurato.
L’Ambasciatrice d’Italia in Francia Teresa Castaldo ha sottolineato la necessità di trasformare l’attuale crisi in opportunità: “Le sfide del mondo digitale, la tutela della creazione artistica e dei giovani in particolare, la nostra capacità di fare cultura e di fruire della stessa: sono questi i cardini dell’azione del nostro Paese e lo saranno anche nel corso della nostra presidenza del G20. Una sfida che affronteremo insieme alla Francia con passione a sostegno della cultura e dei suoi protagonisti e a tutela di un settore strategico per la nostra identità nazionale e le nostre economie. Il lancio di un partenariato tra la Fabbrica del Teatro dell’Opera di Roma e l’Accademia de l’Opera di Parigi va in questa direzione”.
LIVRES
Edgar MORIN, I ricordi mi vengono incontro (Les souvenirs viennent à ma rencontre), Raffaello Cortina Editore.
Edgar Morin, nato nel 1921, ha scelto di riunire qui tutti i ricordi riaffiorati alla sua memoria che, a 99 anni, è rimasta intatta e gli permette di dispiegare davanti a noi l’epopea viva e caleidoscopica di un uomo che ha attraversato i grandi eventi del XX secolo e che continua a occuparsi con brio e acume di quanto accade nel nuovo millennio. Nel libro, la grande storia è punteggiata degli episodi di una vita traboccante di viaggi, incontri con persone affascinanti, in cui l’amicizia e l’amore rivestono un ruolo centrale. Edgar Morin è il “filosofo della complessità”. Ma è noto e apprezzato in tutto il mondo, dall’Africa all’Asia all’America latina, anche per la sua capacità di enunciare pensieri complessi con una semplicità e una piacevolezza uniche. “Questi ricordi non sono emersi in ordine cronologico. Mi sono venuti incontro a seconda dell’ispirazione e delle circostanze. Interpellandosi reciprocamente, alcuni ne hanno fatti scaturire altri dall’oblio.”
Edgar Morin è una delle figure più prestigiose della cultura contemporanea. Ma Morin è un cognome inventato durante la Resistenza. È in quel periodo che l’allora giovanissimo intellettuale di famiglia ebraica, i Nahoum, originaria di Livorno, entra in contatto con coloro che sono la cultura francese del secondo dopoguerra. In questo libro c’è anche molto amore per l’Italia, che sembra la seconda patria. E c’è soprattutto una riflessione su come essere fieri della propria biografia (dal pacifismo al comunismo al rigetto del comunismo, all’impegno contro la guerra in Algeria e poi a favore dei democratici del blocco sovietico) perché capaci di correggere gli errori, di stare al passo con il mondo.
Alessandra NECCI, Al cuore dell’Impero. Napoleone e le sue donne fra sentimento e potere, Marsilio Editore.
Secondo Stendhal, per Napoleone sarebbe stato meglio non avere una famiglia. Genio poliedrico, grande stratega, cinico e al tempo stesso generoso, conosce un destino caratterizzato prima dalla fedeltà e dall’adulazione, poi dagli abbandoni e dai tradimenti di coloro che aveva più beneficiato. Addentrandosi nei meccanismi del potere e negli intrighi di un periodo decisivo nella storia d’Europa, Alessandra Necci fa sapientemente dialogare ricostruzione storica, testimonianze dirette e leggende, sino a ridisegnare una trama di rapporti familiari e sentimentali che sfata i luoghi comuni. Tra interessi nazionali e dinastici, ambizioni personali e collettive, equilibri politici e diplomatici, con un ritmo narrativo incalzante l’autrice mette in rilievo i caratteri e gli obiettivi delle donne che sono state vicine a Napoleone. Alcune sono già celebri, come la creola Giuseppina, capricciosa e sensuale, che rimane imperatrice dopo il divorzio e il successivo matrimonio di Bonaparte con Maria Luisa d’Austria. O come Paolina, bella e voluttuosa, la cui esistenza è costellata di amori fugaci, infedele a tutti tranne che al fratello. L’ascendente di altre personalità è meno noto, ma a volte molto profondo. Su tutte spicca la madre di Napoleone, Letizia, austera matriarca corsa, centrale nella vita del figlio e del clan. Ancora, le sorelle Elisa, calcolatrice ma politicamente molto abile, e Carolina, ossessionata dal potere e dagli intrighi. E la contessa polacca Maria Walewska, disinteressata e generosa amante, che lo raggiunge brevemente all’Elba. Infine, l’ultima figura femminile, Betsy Balcombe, che gli sarà vicina nel primo periodo della prigionia a Sant’Elena. Alessandra Necci si conferma capace di rileggere con maestria la storia italiana ed europea, ma soprattutto di esaminare in un’ottica diversa le vicende di uno dei più grandi personaggi di tutti i tempi, Napoleone Bonaparte.
Alessandra Necci è nata a Roma. Professoressa all’Università LUISS e avvocato, si è laureata alla Sapienza di Roma per poi specializzarsi a Parigi. Opinionista televisiva, collabora con Rai Storia, con vari quotidiani e riviste. È stata insignita dell’onorificenza di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal ministro della Cultura francese e di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.
Jean-Paul DELFINO, Assassini! L’ultima notte di Zola (Assassins! Les derniers jours de Zola), Elliot E ditore.
La morte dello scrittore fu un omicidio politico camuffato da incidente domestico. È la tesi di un romanzo-inchiesta, che, scavando nell’affaire Dreyfus, scova un altro giallo.
Nella notte del 29 settembre 1902, Émile e Alexandrine Zola si addormentano nella loro casa parigina nel quartiere borghese di Nouvelle Athènes, segno tangibile che le umili origini del “brutto italianaccio” sono ormai un lontano ricordo. Zola muore per asfissia da monossido di carbonio, lei si salva. Jean-Paul Delfino, in un’opera brillante a metà tra romanzo e documento storico, indaga quest’ultima notte dal punto di vista dello stesso Zola, il quale ipotizza che si tratti di un piano di assassinio nei suoi confronti ed esamina uno ad uno i potenziali autori del crimine. Dopo il suo J’accuse a favore dell’innocenza del capitano Dreyfus, infatti, le frange di estrema destra del Paese, fortemente antisemite, avevano riversato su di lui un odio feroce e inneggiato alla morte dello “scrittore del popolo”. In Assassini! Zola, che tutto aveva compreso, rivive la sua intera esistenza con la consapevolezza della fine imminente, in una sorta di indagine poliziesca condotta dalla vittima.
Jean-Paul Delfino è nato nel 1964 a Aix-en-Provence. Giornalista, sceneggiatore e romanziere prolifico e pluripremiato, ha pubblicato di recente il romanzo Les Pêcheurs d’étoiles (Prix des Lycéens du Salon du livre de Chaumont) e Les Voyages de sable (Prix des Romancières 2019). Dal 2006, molti dei suoi romanzi sono ambientati in Brasile, dove sono stati tradotti e hanno ottenuto numerosi riconoscimenti. Assassini! è apparso in Francia nel 2019 e ha vinto il Prix Étoile du Parisien per il miglior romanzo.
Cécile COULON, Tre stagioni di tempesta (Trois saisons d’orage), Keller editore.
La storia di André, di suo figlio Benedict, della moglie Agnès, di sua nipote Bérangère. Una famiglia di medici. Quella di Maxime, di suo figlio Valère e delle sue mucche. Una famiglia di contadini. E nel mezzo, una casa, o quel che ne rimane.
Il giovane medico André lascia la città e i dolorosi ricordi della guerra per Les Fontaines, un paesino immerso in una natura selvaggia, sovrastato dalla mole rocciosa delle Trois-Gueules. Un luogo senza tempo che agli occhi di quell’uomo rappresenta la possibilità di una seconda vita. Inizia così un’indimenticabile epopea famigliare che è anche romanzo sociale, racconto corale, contemplazione di una terra indomita e difesa di un’identità antica. Per tre generazioni la vita inonda la valle, l’economia prospera, la felicità segna le giornate, il progresso cambia le esistenze, fino a quando, un mattino, qualcosa incrinerà quel mondo e segnerà per sempre il destino di André, della sua famiglia e dell’intero villaggio…
Cécile Coulon costruisce un romanzo magnetico, un’epica del mondo rurale e una grande storia d’amore, e ci conduce nella mente dei personaggi con una lingua sinuosa e materica insieme. Impossibile da lettori rimanere immuni alla forza oscura e primitiva, eterna e potente, ostile e sublime che si muove tra le pagine di Tre stagioni di tempesta. Con questo romanzo Cécile Coulon si è aggiudicata il Premio dei librai al miglior libro dell’anno, confermandosi come una delle voci più interessanti della letteratura d’oltralpe.
“Un romanzo potente, pieno di segreti e sensualità”. LE MONDE DES LIVRES
«Tre stagioni di tempesta è un romanzo magnifico […] che lascia un’impronta così profonda da farci tornare spesso col pensiero ai suoi magnetici personaggi». PAGE DES LIBRAIRES
Cécile Coulon è nata a Clermont-Ferrand il 13 giugno 1990. Ispirata dalla letteratura francese quanto da quella americana, l’autrice è anche una grande appassionata di cinema e musica. Nel suo universo convivono Maupin, Proust, Flaubert, Steinbeck, Tennessee Williams ma anche le pellicole di Pier Paolo Pasolini e dei fratelli Coen, e la musica di Elvis Presley, Jerry Lee Lewis, Chuck Berry. Considerata una delle scrittrici più talentuose della sua generazione, ha conquistato critici e lettori con una produzione narrativa di grande qualità. In Italia sono apparsi Il re non ha sonno e La casa delle parole.
Marie DARRIEUSSECQ, Il mare sottosopra (La Mer à l’envers), Einaudi.
In crociera natalizia nel Mediterraneo Rose, madre e psicologa partita da Parigi, incontra Younès, un giovane nigerino salvato dal naufragio insieme ad altri migranti tra la Libia e l’Italia. Quando il ragazzo le chiede di poter fare una chiamata, Rose non ci pensa due volte e gli regala il cellulare di suo figlio. Un piccolo gesto banale compie una grande magia. Perché attraverso quel telefono passa un filo invisibile che resiste al tempo e alle frontiere.
Si sa, le crociere sono un po’ pacchiane, soprattutto se si viaggia a Natale, ma è un regalo di sua madre, e Rose non ha voluto rifiutare. È partita con i suoi due figli: Gabriel, che ha quindici anni e sta scrivendo di nascosto un romanzo sul suo smartphone, e la piccola Emma, che somatizza tutti i problemi che ha a scuola, ma non perde mai il buonumore. Rose è una psicologa, si è trasferita a Parigi dal sud della Francia per l’università, e poi ci è rimasta. Ora che suo marito, un agente immobiliare, è in pieno burnout, la decisione è presa. Tra qualche mese la famiglia lascerà la capitale per trasferirsi a Clèves, il paesino in cui è nata Rose. Nel frattempo Rose si gode la vacanza nel placido mar Mediterraneo. Almeno fino all’alba della vigilia di Natale: durante la notte l’equipaggio della nave trae in salvo centinaia di migranti che su un’imbarcazione di fortuna tentavano di raggiungere le coste italiane dalla Libia. Rose presta soccorso come può a quella massa di corpi fradici stipati sottocoperta. Tra loro c’è anche Younès, un giovane nigerino che attira la sua attenzione. Il ragazzo le chiede un cellulare, e Rose, che è una donna di buona volontà, ma anche un po’ maldestra, va a prendere quello di suo figlio e glielo regala. Rose ancora non lo sa, ma quel gesto all’apparenza insignificante cambierà per sempre i loro destini. Quando, mesi dopo, Younès si ritrova a Calais, ferito per aver tentato di raggiungere l’Inghilterra aggrappato a un camion, sa che può contare sull’aiuto di Rose (in fondo è lei la «mamma» nella rubrica). Superando ogni timore, Rose e la sua famiglia accolgono allora Younès nella loro casa di Clèves per prestargli le cure necessarie. Durante quell’insolita convivenza, tutti rimettono qualcosa in discussione e imparano ad accettarsi e amarsi un po’ di più. In particolare Rose, che conferma i sospetti sulla sua capacità di compiere magie, nel vero senso della parola…
Il mare sottosopra è un libro commovente, ma anche divertente, sull’importanza di quei momenti di eroismo in grado di salvare una vita. «Les Inrockuptibles»
Marie Darrieussecq ha scritto un romanzo impegnato, percorso al tempo stesso da una vivace leggerezza, che punta tutto sul nostro senso di umanità. «Le Monde»
Marie Darrieussecq (Bayonne 1969) è una scrittrice francese. Ha esordito con successo con il romanzo Troismi (Truismes, 1996), provocatoria metamorfosi bestiale del corpo di un’ingenua impiegata di profumeria. Attenta alle dinamiche complesse della percezione, ai rapporti tra visibile e invisibile, tra parola e suono, nei romanzi successivi Nascita dei fantasmi (Naissance des fantômes, 1998), Bianco (White, 2003), Il paese (Le Pays, 2005) ha proposto una concezione della scrittura come pratica di analisi e costruzione del sé. Nei racconti di Zoo (2006) ha disegnato una geniale entomologia del genere umano.
Daniel MARGUERAT, Gesù di Nazareth. Vita e destino (Vie et destin de Jésus de Nazareth), Claudiana editore.
«La figura fondatrice di Gesù di Nazareth attira sempre più l’attenzione di storici, scrittori, registi. Come mai questo interesse, vivo e mai sazio? Dopo due millenni, non è ancora stato tutto detto, scritto, discusso, predicato al suo riguardo? Le ricerche per ritrovare il “vero Gesù” hanno dato vita a un Gesù rivoluzionario, hippie, rabbi, profeta, femminista, filosofo… Di quale ritratto fidarsi? Questo libro propone ai lettori un ritratto del Gesù storico. Come in un’inchiesta poliziesca, lo storico lavora per indizi. Ricostruire la vita del Nazareno significa riesplorare le testimonianze antiche per scrutare l’oscurità e scoprire chi egli fu, come apparve ai suoi contemporanei». «Questo libro non pretende in alcun modo di consegnare ai lettori il “vero Gesù”. Ogni descrizione del passato è una ricostruzione e l’esame più obiettivo delle fonti a nostra disposizione resta condizionato dallo sguardo di chi le esamina. Io sono in grado di presentare un Gesù “possibile”, probabile, forse anche verosimile. Ho l’ambizione di proporre un Gesù il cui ritratto è stato minuziosamente verificato dall’analisi rigorosa delle fonti. Aspiro a condurre un’inchiesta che non arretri davanti alle risposte impreviste o non auspicate. Niente di più. Lo storico onesto rinuncia alle certezze assolute. L’onestà consiste anche nel dire che chi scrive queste righe è un credente e un teologo cristiano». Daniel Marguerat
Daniel Marguerat, nato in Svizzera nel 1943, è professore ordinario di Nuovo Testamento alla Facoltà teologica dell’Università di Losanna, nonché professore invitato al Pontificio Istituto Biblico di Roma dal 1993. Ha esercitato il ministero pastorale in alcune parrocchie della Chiesa evangelica riformata del cantone di Vaud.
Marylène PATOU-MATHIS, L’homme préhistorique est aussi une femme. Une histoire de l’invisibilité des femmes, Allary Éditions.
« Non, les femmes préhistoriques ne consacraient pas tout leur temps à balayer la grotte et à garder les enfants en attendant que les hommes reviennent de la chasse. Les imaginer réduites à un rôle domestique et à un statut de mères relève du préjugé. Elles aussi poursuivaient les grands mammifères, fabriquaient des outils et des parures, construisaient les habitats, exploraient des formes d’expression symbolique. Aucune donnée archéologique ne prouve que, dans les sociétés les plus anciennes, certaines activités leur étaient interdites, qu’elles étaient considérées comme inférieures et subordonnées aux hommes. Cette vision de la préhistoire procède des a priori des fondateurs de cette discipline qui naît au XIXe siècle. Il est temps de poser un autre regard sur l’histoire de l’évolution et de déconstruire les processus qui ont invisibilisé les femmes à travers les siècles. » M.P.M.
S’appuyant sur les dernières découvertes en préhistoire et l’analyse des idées reçues que véhicule, jusqu’à notre époque, la littérature savante, cet essai pose les bases d’une autre histoire des femmes, débarrassée des préjugés sexistes, plus proche de la réalité.
Préhistorienne française spécialiste des comportements des Néandertaliens et des Sans, directrice de recherche au CNRS et rattachée au département Préhistoire du Muséum national d’histoire naturelle (MNHN), Marylène Patou-Mathis s’est toujours intéressée à l’altérité, qu’il s’agisse des sociétés disparues dans les temps immémoriaux ou de celles en déclin comme les Bushmen du Kalahari qu’elle a côtoyés à l’issue de sa thèse. Des figures lointaines, considérées comme « sauvages » par l’homme occidental. Mais également des figures méprisées et opprimées comme les femmes : cet « autre que l’homme… incompréhensible, pleine de secrets, étrangère et pour cela ennemie » — une citation qu’elle emprunte à Sigmund Freud. Elle le revendique : Marylène Patou-Mathis est issue d’une lignée maternelle émigrée de la Tchécoslovaquie et a été éduquée principalement par sa grand-mère qui occupait le poste d’ouvrière-agricole. Dès son plus jeune âge, elle perçoit les comportements discriminatoires liés à son altérité, à ses origines. Mais c’est aussi à cet âge qu’elle ramasse une ammonite et découvre que la mer était à Paris il y a plusieurs millions d’années ! Sa vocation est née : étudier les temps passés d’où elle se sent proche.
LIVRES POUR LES LECTEURS LES PLUS JEUNES
Marta PALAZZESI, Le avventure del giovane Lupin, Salani Editore. Età consigliata: dai nove anni.
Anche il ladro più famoso del mondo è stato un bambino. Scaltro, coraggioso e con un profondo senso dell’onore: Lupin ha solo quattordici anni ma è già una celebrità tra i malviventi di Parigi. La sua casa è la Forca, il palazzo più malfamato della città, e i suoi vicini sono falsari, rapinatori di banche e topi d’appartamento. Lupin, però, non ruberebbe mai senza un motivo e divide sempre il suo bottino con gli orfani del quartiere. Un giorno alla sua porta bussano Cyrano e Clarisse, lo scontroso domatore di elefanti e l’agile funambola del Circo d’Hiver, e per Lupin comincia un’avventura inaspettata. Il fratello di Cyrano è infatti scomparso nel nulla e la polizia si rifiuta di indagare. Quando Lupin capisce che dietro al rapimento si nasconde il fantomatico Dottor Moustache non può più tirarsi indietro perché, nessuno lo sa, ma i due hanno un vecchio conto in sospeso… Tra colpi di scena e fughe rocambolesche, travestimenti e astuzie, Marta Palazzesi ci conduce nell’avventuroso passato di Lupin per scoprire come ha fatto a diventare il ladro gentiluomo più famoso e amato del mondo.
L’autrice ci dice: “Come raccontare a un ragazzo di oggi di un ladro gentiluomo (nato dalla fantasia di Maurice Leblanc), vissuto più di un secolo fa, amante di cilindro, monocolo e marsina? (…) Ecco allora Arsenio Lupin diventare coetaneo dei suoi lettori. Ragazzo di un’altra epoca, sì, ma con problemi senza tempo: l’affermazione di sé, il confronto con il branco, la gestione delle delusioni, il rapporto con gli adulti. Il tutto, certo, condito da avventure complesse, articolate, fuori dall’ordinario, al limite dell’impossibile. Perché, si sa, le storie che funzionano meglio sono quelle in cui il lettore non può fare a meno di immedesimarsi nel protagonista, ritrovandosi ad avanzare ipotesi su un caso irrisolvibile. (…) Così anche io mi sono cimentata nell’impresa di raccontare ai ragazzi il “mio” Lupin. In che modo? Nell’unico possibile, per me. Divertendomi.
EXPOSITIONS
Riaprono le mostre! Ricordiamone qualcuna.
Van Gogh. I colori della vita. Padova. Centro San Gaetano.
Presentata come la più intensa esposizione di opere dell’Olandese mai organizzata in Italia: 78 le opere di Van Gogh tra dipinti e disegni, affiancate da una selezione di una ulteriore quindicina di capolavori di artisti, a partire ovviamente da Millet, passando tra gli altri per Gauguin, Seurat, Signac, Hiroshige e i giapponesi, a lui precisamente collegati. O come nel caso delle tre grandi, splendide tele di Francis Bacon a inizio percorso, a indicare come la figura dello stesso Van Gogh abbia agito anche sui grandissimi del XX secolo.
I Macchiaioli. Capolavori dell’Italia che risorge. Padova. Palazzo Zabarella. Fino al 18 aprile 2021.
I Macchiaioli già nell’800 seppero vedere oltre, il loro sentire profondo e umano è esaltazione di ogni singolo attimo di vita quotidiana. Anticiparono Monet, van Gogh, Gauguin…nel loro modo di rappresentare ed esaltare la relazione umana in tutto il suo reale valore, in tutto il suo “eroismo”. Luce, sole, nuvole, balconi fioriti, bucato steso ad asciugare, giovani donne che guardano assorte il paesaggio che si disegna fuori dalla finestra: sono immagini di un’Italia datata Ottocento, ancora incompiuta, sotto il profilo sociopolitico, ma iconicamente riconoscibile, segno concreto di un’identità precisa e amata.
Marc Chagall. Anche la mia Russia mi amerà. Rovigo. Palazzo Roverella. Fino al 14 marzo 2021.
Una selezione esemplare di oltre cento opere, circa 70 i dipinti su tela e su carta oltre alle due straordinarie serie di incisioni e acqueforti pubblicate nei primi anni di lontananza dalla Russia, Ma Vie, 20 tavole che illuminano la sua precoce e dolorosa autobiografia, e Le anime morte di Gogol, il più profondo sguardo sull’anima russa della grande letteratura.
Una mostra importante, di preciso impianto museale, che non intende raccontare “di tutto un po’” ma sceglie un tema preciso e lo approfondisce attraverso una selezione dei suoi capolavori imprescindibili. Il tema su cui la curatrice Claudia Zevi ha scelto di misurarsi è quello dell’influenza che la cultura popolare russa ha avuto su tutta l’opera di Chagall, con maggiore impatto realistico quando viveva nella Russia del primo ventennio del novecento, ma altrettanto prepotentemente, nelle figure di animali, case e villaggi, sempre presenti nei dipinti dei suoi lunghi anni successivi a Parigi, in America, nel sud della Francia.
Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi. Bologna. Palazzo Albergati. Fino al 21 febbraio 2021.
Riparte l’attività espositiva a Palazzo Albergati di Bologna con questa attesissima mostra: un insieme di 57 capolavori che portano le firme di Monet e dei maggiori esponenti dell’Impressionismo francese – quali Manet, Renoir, Degas, Corot, Sisley, Caillebotte, Morisot, Boudin, Pissarro e Signac – tutti provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, noto nel mondo per essere la “casa dei grandi Impressionisti”.
Un’anteprima assoluta dal momento che, per la prima volta dalla sua fondazione nel 1934, il Museo parigino cede in prestito un corpus di opere uniche, molte delle quali mai esposte altrove nel mondo.
CINÉMA
Le regard de Charles. Un film di Marc di Domenico e Charles Aznavour. Con Charles Aznavour, Maurice Biraud, Lino Ventura, Edith Piaf, Romain Duris (voce narrante).
Nel 1948 Édith Piaf ha regalato all’amico Charles Aznavour la sua prima cinepresa, una Paillard, che il cantante porterà sempre con sé. Fino al 1982 Charles ha collezionato ore di girato che costituiscono il corpus del suo diario filmato. Aznavour filma la sua vita e vive come filma. Ovunque vada, la cinepresa è lì con lui. Registra tutto. I momenti della vita, i luoghi che visita, gli amici, gli amori, i figli, le seccature. Qualche mese prima della sua scomparsa, inizia con Marc di Domenico a rivedere quel materiale. Decide allora di farne un film, il suo film.
“Questo è un film a due teste. La formula che preferisco è un film di Charles Aznavour realizzato da Marc di Domenico. Charles non ha filmato in modo casuale, ha tratteggiato qualcosa di preciso. Penso che il film rifletta il mio sguardo, rispettando integralmente il suo. La mia visione passa attraverso la sua. Lui ha scelto i luoghi, i paesaggi, la posizione della cinepresa, la dimensione dell’inquadratura, l’oggetto e io in seguito ho selezionato, assemblato, e rifinito questo materiale grezzo.” (Marc di Domenico)
Tutto, in Le regard de Charles, è poesia: le inquadrature, le parole che accompagnano le immagini, la musica, la canzoni, il viso espressivo e schietto con cui l’artista ha attraversato e interpretato il mondo.
Dice Aznavour nel film: “Non ho mai rivisto queste immagini, ma filmandole sapevo che un giorno voi le avreste viste. Oggi siete là, alle mie spalle. Non c’è più divisione, nessuna linea tra di noi. Il nostro sguardo si fonde”.
Il film è stato presentato in anteprima al 32° Trieste Film Festival (online dal 21 al 30 gennaio).