ESPACE CULTURE
À LA UNE
Disneyland Paris ci aspetta a casa.
Il parco tematico di Marne-la-Vallée, inaugurato il 12 aprile di 28 anni fa, ha chiuso a tempo indeterminato a causa dell’emergenza coronavirus. In attesa che le nuove disposizioni indichino quando riaprire, ha lanciato una piattaforma gratuita: Disneyland Paris a casa (athome.disneylandparis.com/it). Permette un tour virtuale per viaggiare con la fantasia tra le attrazioni del parco, ma propone anche attività ricreative per bambini e adulti. Giochi, ricette, tutorial per imparare a disegnare Topolino, ballare la Mata Dance o truccarsi come una principessa Disney. Per sognare, aspettando di tornare a viaggiare.
Un nuovo patto urbano ci aspetta: un ecosistema in cui uomini e natura possano convivere.
Emanuele Coccia è un filosofo italiano che vive a Parigi, dove insegna all’École des Hautes Études en Sciences Sociales (EHESS), una delle più importanti scuole di scienze umane contemporanee. Ha pubblicato molti libri, tra cui La vie sensible, La vie des plantes e Métamorphoses. Ascoltiamolo: “Ci hanno molto colpito, durante il lockdown, le foto degli animali che come in una favola si riaffacciano in città. È la prova che non abbiamo bisogno di ricostruire le nostre skyline per accogliere gli animali, non servono piani urbanistici particolari: è questione di volontà. Ed è la prova che le metropoli non ci appartengono in modo esclusivo. Bisognerebbe riscrivere un nuovo patto urbano e trasformare le città del futuro in ecosistemi, in cui possano convivere più specie possibili, animali e vegetali”.
LIVRES
Serge MARQUIS, Esci dalla gabbia dei tuoi pensieri. Come vincere i circoli viziosi che ti paralizzano e imparare a vivere il momento presente (Bienvenue parmi les humains. Petit traité de bienveillance envers soi-même), Rizzoli.
Ansia, narcisismo, perfezionismo, desiderio, orgoglio, insofferenza, senso di colpa: tutti noi ci confrontiamo con le tante manifestazioni del nostro ego, e tutti noi ci troviamo spesso imprigionati nel continuo mormorio costruito dalla nostra mente. Eppure, con i giusti strumenti, è possibile trovare le chiavi per comprendere e dominare le nostre paure e avviarci verso un’esistenza felice. Il dottor Serge Marquis, forte di oltre trent’anni di esperienza nel trattamento dei disturbi da stress e ansia e autore del bestseller Ferma il criceto che hai in testa!, raccoglie in questo libro brevi racconti in cui gli animali protagonisti delle diverse storie rappresentano in modo chiaro e coinvolgente i desideri, i dubbi e le inquietudini che ogni giorno popolano i nostri pensieri e ci mostra, racconto dopo racconto, come spezzare il circolo vizioso che paralizza la nostra mente e uscire dalle gabbie che da soli ci costruiamo. Perché, come ci insegna l’autore, a furia di seguire le tante voci dei nostri pensieri, tutti noi ci ritroviamo troppo spesso a rimpiangere il passato o a temere il futuro, dimenticando che “la soluzione di un problema è nel presente”.
Serge Marquis, nato in Québec nel 1953, è uno psichiatra di fama internazionale, specializzato nel trattamento dei disturbi da stress, burnout e logorio psicologico nei luoghi di lavoro. Nel 1995 ha fondato l’associazione T.O.R.T.U.E (Organisation pour Réduire les Tensions et l’Usure dans les Entreprises). È autore di vari libri, tra cui Ferma il criceto che hai in testa!, e Il giorno in cui ho imparato a volermi bene: parabola moderna che ci invita a liberarci degli atteggiamenti che avvelenano la vita.
Serge Marquis, pourquoi un livre sous forme de fables ?: “À cause de Jean de La Fontaine! Parce qu’une tortue authentique gagne une course improbable contre un lièvre imbu de lui-même ou qu’un corbeau narcissique perd son fromage devant la flatterie d’un renard manipulateur… Ces perles de sagesse ont été, tôt dans ma vie, des invitations à observer les mensonges que je me racontais (et que je me raconte encore parfois) pour fuir les peurs qui m’habitent. Transformé par la lecture de ces textes, j’ai voulu humblement poursuivre, par l’écriture, l’observation des mensonges qu’on se fait à soi-même”.
François JULLIEN, L’apparizione dell’altro. Lo scarto e l’incontro (Si près, tout autre. De l’écart et de la rencontre), Feltrinelli.
Da uno dei più grandi filosofi, un saggio sull’incontro: l’altro è l’impulso a colmare il vuoto che sentiamo, è il desiderio, è la chiave non solo per tornare ad esplorare la filosofia, ma anche per vivere in modo più completo la nostra esistenza. Un elogio dell’altro, della diversità e degli opposti, che è anche un invito a riscoprire ciò che davamo per scontato, perché “si esiste solo in quanto si può incontrare: se smetto di incontrare, la mia vita si esaurisce”.
Philosophe, helléniste et sinologue, François Jullien a déployé son chantier entre les pensées de la Chine et de l’Europe. Il en a développé une philosophie de l’existence. Son œuvre compte plus d’une trentaine d’essais. C’est l’un des penseurs contemporains les plus traduits dans le monde.
Pierre LEMAITRE, Lo specchio delle nostre miserie (Miroir de nos peines), Mondadori.
Aprile 1940. Louise ha trent’anni. Fa l’insegnante di scuola elementare a Parigi e il sabato dà una mano come cameriera al ristorante del signor Jules a Montmartre, dove non si parla d’altro che di quella “drôle de guerre”, quella “strana guerra” scoppiata da pochi mesi con l’invasione tedesca in Polonia e che non si pensa possa realmente coinvolgere la Francia. Nessuno dunque ha previsto la catastrofe, men che meno Louise che finirà per ritrovarsi in mezzo alla strada, costretta alla fuga come milioni di altre persone in preda al panico in un paese sprofondato nel caos. Ed è proprio nel corso del drammatico esodo dalla capitale che lei potrà ricostruire la storia della sua vita e delle sue origini e scoprirà che questa guerra, proprio come tutte le altre, porta con sé un corteo grandioso e squallido di eroi e di mascalzoni. Segreti di famiglia, grandi personaggi, amori appassionati, colpi di scena, farsa e tragedia, avventure e sventure si avvicendano con rara potenza narrativa grazie a una scrittura magnifica e a una perfetta padronanza della trama.
Lo specchio delle nostre miserie chiude la straordinaria trilogia inaugurata con Ci rivediamo lassù, Premio Goncourt nel 2013, e proseguita con I colori dell’incendio, confermando Pierre Lemaitre come uno dei grandi maestri della narrativa mondiale.
Muriel BARBERY, Uno strano paese (Un étrange pays), Edizioni e/o.
In quanto riflessione sugli eterni tormenti delle civiltà, sulla vita dei morti e sul potere della poesia e dell’opera di finzione, Uno strano paese è allo stesso tempo un racconto imbevuto di magia, un romanzo d’avventura, una meditazione e un invito all’immaginazione e al sogno. Ispirato ampiamente all’estetica asiatica, è un libro in cui si mischiano umorismo e considerazioni metafisiche, elementi che suscitano meraviglia e temi contemporanei.
In una notte di neve, un affabile tipo dai capelli rossi di nome Petrus sembra spuntare dal nulla nella cantina del castillo dell’Estremadura in cui Alejandro de Yepes e Jesús Rocamora, giovani ufficiali dell’esercito regolare spagnolo, hanno fatto accampare le loro truppe. È il sesto anno della più grande guerra mai combattuta dagli uomini, e l’inizio di un’avventura straordinaria che vede i due spagnoli lasciare il proprio posto e attraversare un ponte invisibile. Il fatto è che Petrus è un elfo. Viene dal mondo segreto delle brume dove è già riunita una compagnia di uomini, donne ed elfi sulle cui spalle poggia il destino della guerra. Alejandro e Jesús scopriranno la terra del loro nuovo amico, terra d’armonia naturale, di bellezza e di poesia, anch’essa costretta a confrontarsi con i flagelli del conflitto e del declino, e là frequenteranno esseri insoliti, renderanno omaggio a strani rituali di tè e di calligrafia, incontreranno l’amore e in compagnia di Petrus, elfo iconoclasta e bevitore, parteciperanno all’ultima battaglia in cui si delinea l’identità del mondo a venire.
Muriel Barbery è autrice del bestseller internazionale L’eleganza del riccio, di Estasi culinarie e di Vita degli elfi. Ha vissuto a Kyoto, Amsterdam e Parigi. Attualmente vive nella campagna francese.
Jérôme FERRARI, A sua immagine (À son image), Edizioni e/o.
Ferrari intreccia percorsi di vita e storie avvincenti in una lingua ammaliante e dai tanti registri: ironico, solenne, tragico, commovente.
Un romanzo d’amore, di morte e di lotta, che vola sulle ali della trascinante prosa di Jérôme Ferrari.
Antonia, nata in un piccolo paese dell’entroterra còrso, cresce in un contesto di forti tradizioni e solidi legami familiari. La sua passione è la fotografia, passione che ha sviluppato fin da quando a quattordici anni lo zio prete, personaggio chiave della sua vita, le ha regalato la sua prima macchina fotografica. Comincia col fotografare la famiglia, i paesaggi, le amiche e gli amici al bar, in un paese in cui i ruoli maschile e femminile sono ben definiti, per certi aspetti addirittura a compartimenti stagni. E in effetti non c’è posto per le donne tra i militanti indipendentisti con passamontagna e fucile in cui, una volta diventati grandi, si sono trasformati gli amici d’infanzia. Antonia continua a fotografare, si trasferisce in città, viene assunta da un quotidiano locale per riprendere sagre paesane e gare di bocce, ma il suo sogno è diventare reporter di guerra: una guerra vera, però, e non l’insulso conflitto che si combatte in Corsica tra l’amministrazione francese e le varie fazioni di indipendentisti, peraltro in lotta fra loro, anche se i morti non mancano. Ci riuscirà? La chiave di questo libro è nel titolo, A sua immagine, perché è l’immagine di Dio quella che lo zio prete è costretto a vedere suo malgrado negli uomini che lo circondando, ma è anche l’immagine che Antonia fissa nelle sue foto ponendosi l’eterna domanda del fotografo: fissare un’immagine vuol dire renderla eterna o confinarla per sempre in una rigidità mortale? «Se fosse esistita una fotografia della morte di Cristo» pensa a un certo punto il prete, «non avrebbe mostrato altro che un cadavere straziato consegnato alla morte eterna».
Jérôme Ferrari è nato nel 1968 a Parigi. Professore di filosofia e consulente pedagogico, ha insegnato in Algeria, in Corsica e negli Emirati Arabi Uniti. Vincitore del Premio Goncourt nel 2012.
Jean GIONO, Melville. Un romanzo (Pour saluer Melville), Guanda.
Negli anni Trenta lo scrittore affronta la traduzione di Moby Dick. Contemporaneamente scrive un diario di lavoro, una sorta di libro parallelo che ora viene pubblicato in Italia.
Per quasi sei anni Jean Giono racconta di aver coltivato uno strano sodalizio: quello con Herman Melville e il suo capolavoro Moby Dick. Dal libro compagno delle sue giornate si sprigiona la vita multiforme dei mari che si materializza nel paesaggio circostante: le colline si fanno onde, i tronchi dei pini alberi maestri, mentre la balena soffia davanti a lui. È così che, a partire dal 1936, sulla scia di questa relazione osmotica matura il progetto di lavorare, insieme all’amico Lucien Jacques, alla prima traduzione francese dell’opera. Nel moltiplicarsi delle pagine che dovevano esserne la prefazione e che ben presto diventano materia narrativa, Giono immagina quali eventi – durante il soggiorno di Herman a Londra nel 1849 per incontrare il suo editore – abbiano ispirato a Melville la stesura di Moby Dick al suo rientro negli Stati Uniti. La penna evocativa di Jean Giono dipinge un Melville che si muove tra la quotidianità della vita a terra e gli sconfinati orizzonti del mare, tra la produzione di opere conformi ai gusti del pubblico e la più autentica vocazione letteraria. Lo si vede abbandonare i vestiti alla moda per un abito da marinaio, conoscere una nazionalista irlandese, lottare con un angelo e infine piegarsi alla sua volontà… Sulle note di una narrazione che viaggia tra biografia e invenzione, e che oscilla tra la vicenda letteraria ed editoriale e un’intensa storia d’amore vissuta dall’autore americano, questo romanzo rende omaggio a un grande scrittore ritraendone i sogni e i più intimi moti dell’animo.
Laurent BINET, Civilizzazioni (Civilizations), La nave di Teseo.
Vincitore Gran Prix du Roman de la Academie francaise.
Cosa sarebbe successo se fossimo stati noi, gli europei, il nuovo mondo da scoprire e conquistare? Dopo La settima funzione del linguaggio, Laurent Binet cambia completamente ambientazione, genere e stile, e ci consegna un’irresistibile epopea storica che ironizza sull’insensatezza delle guerre di religione, sui giochi di potere a scapito delle esigenze dei più poveri, sul perbenismo di chi si scandalizza di fronte alla nudità ma coltiva un complesso sistema di amanti.
1492: Cristoforo Colombo non scopre l’America ma viene fatto prigioniero a Cuba, e il futuro non gli promette nulla di buono. 1531: gli Inca invadono l’Europa. In un romanzo di amori, conquiste, battaglie, tradimenti, tesori, Laurent Binet capovolge la storia delle scoperte: il re degli Inca Atahualpa sbarca nell’Europa di Carlo V, della riforma luterana e dell’Inquisizione, della nascita del capitalismo e della rivoluzione della stampa. Da Cuzco a Firenze, Atahualpa si allea con Lorenzo de’ Medici e si mostra molto abile nel conquistare il favore dei popoli oppressi, garantendo libertà di culto, un’equa redistribuzione delle ricchezze, un mondo con meno tasse. Il nuovo conquistatore guarda però con sospetto alle stranezze e alle contraddizioni degli europei, uomini vestiti in modo sorprendentemente misero, che combattono tra loro per un uomo crocifisso e vietano la poligamia, ma non rinunciano alle amanti. Laurent Binet sfida i generi letterari con una trama che ribalta la storia che conosciamo: cosa sarebbe successo se fossimo stati noi, gli europei, il nuovo mondo da scoprire e conquistare? Un romanzo su un passato immaginario che somiglia, in modo inequivocabile e inquietante, al nostro presente.
Antonino DE FRANCESCO, Tutti i volti di Marianna. Una storia delle storie della Rivoluzione francese, Donzelli Editore.
Le storie della Rivoluzione francese sono state per oltre due secoli lo specchio delle tensioni presenti nel processo di costruzione della modernità politica. Hanno contrapposto libertà ed eguaglianza a ordine e tradizione – un dissidio che non ha mai avuto termine – ma hanno anche diviso quanti, sotto profili ideologici volta a volta diversi, attribuivano un valore universale e periodizzante al 1789. Questo libro passa in rassegna oltre trecento storie della Rivoluzione francese pubblicate tra l’Europa e gli Stati Uniti in un arco cronologico che dall’epoca degli avvenimenti stessi giunge a tutto il Novecento, mettendo in risalto gli elementi che di volta in volta venivano valorizzati o nascosti, esaltati o taciuti. Il risultato è un quadro dove il volto di Marianna, figura assurta a simbolo stesso della Repubblica sorta dalla rivoluzione, assume sembianze diverse, proprio perché la riflessione sugli sviluppi seguiti al 1789 ha sempre inciso sul tempo presente, accompagnando, oppure contrastando, il pluralismo politico e culturale nel quale hanno preso forma le pratiche democratiche. Se oggi le fortune della storia globale sembrano porre in discussione il rilievo periodizzante di un 1789 dal profilo dichiaratamente eurocentrico, tornare sul dibattito attorno alla Rivoluzione è un modo per ricordare come l’esperienza delle storiografie nazionali – che si vorrebbe frettolosamente dar per conclusa – resti ancora un sicuro punto di riferimento per una rinnovata ricerca storica.
Antonino De Francesco è ordinario di Storia moderna all’Università degli Studi di Milano, dove attualmente dirige il Dipartimento di studi storici. I suoi lavori fanno centro sull’epoca rivoluzionaria e napoleonica nonché sull’Ottocento politico italiano.
Mara FAZIO, Voltaire contro Shakespeare, Laterza.
La storia emblematica di Voltaire e dell’ingombrante eredità di Shakespeare, della contrapposizione tra cultura aristocratica e cultura borghese, tra civiltà classica e moderna, tra ideale del gusto e libera, geniale, creatività. Un capitolo affascinante della storia della cultura europea. Voltaire è stato il primo intellettuale impegnato del nostro mondo, il più letto, criticato, discusso ed emulato del suo secolo. Grande ammiratore degli Inglesi, della loro libertà di pensiero e delle loro istituzioni, giovane esule, tra il 1724 e 1728, nei teatri di Londra scoprì Shakespeare, allora in Francia del tutto sconosciuto, e lo utilizzò per rinnovare la tragedia francese. Solo pochi decenni dopo però, intorno al 1760, la fama del poeta inglese in Europa crebbe a dismisura, mettendo in crisi la tragedia, il ruolo della Francia nel mondo e quindi lo stesso Voltaire, la cui cultura significava regole, norme, principi e, soprattutto, buon gusto. Shakespeare, invece, che trascendeva i limiti aristocratici, metteva in scena non eroi ma uomini moderni, con un linguaggio ora ricercato ora triviale, unendo tragico e comico, alto e basso. Pur contro l’oscurantismo, Voltaire vide vacillare il suo mondo e attaccò il poeta inglese, il cui sorprendente successo gli parve, a un secolo e mezzo dalla morte, uno scandalo intollerabile. Il libro ricostruisce il modo in cui la scoperta quasi improvvisa dell’eredità di William Shakespeare aprì in Europa uno scontro culturale senza precedenti e sconvolse irreversibilmente l’assetto della civiltà classica. È la storia della riscoperta del poeta che, con il suo genio, pose fine alla tradizione del mondo neolatino e all’egemonia culturale francese, annunciò il Romanticismo e aprì alla modernità.
Amin MAALOUF, Le Crociate viste dagli arabi (Les Croisades vues par les Arabes), La nave di Teseo.
Luglio 1096: fa molto caldo sotto le mura di Nicea. All’ombra dei fichi, nei giardini fioriti, circolano notizie inquietanti: una truppa formata da cavalieri, fanti, ma anche donne e bambini, marcia su Costantinopoli. Si dice che portino, cucite sulla spalla, delle croci in tessuto e che vengano a sterminare i musulmani fin dentro Gerusalemme. Resteranno due secoli in Terra Santa, saccheggiando e massacrando in nome del loro dio. Un’incursione barbara compiuta dall’Occidente contro il cuore del mondo musulmano segna l’inizio di un lungo periodo di decadenza e oscurantismo, e l’eco della violenza di quell’attacco si fa sentire ancora oggi. Nell’intento di raccontare le crociate da un punto di vista inedito e completo, Maalouf ha fatto ricorso agli scritti degli storici arabi, molti dei quali sconosciuti in Europa, gettando al di là della barricata uno sguardo che ci riserva non poche sorprese: un affresco a colori violenti, ma anche un monito inquietante per i nostri tempi. Torna in libreria, arricchito da una nuova introduzione dell’autore, il primo saggio scritto da Amin Maalouf, pubblicato nel 1983 e da allora divenuto riferimento critico per la comprensione del rapporto e delle tensioni più profonde fra il mondo arabo e quello occidentale.
Prima di Maalouf nessuno aveva ancora raccontato come le crociate erano state vissute e raccontate da chi questa invasione aveva subito. E chi poteva farlo meglio di lui, nato nel 1949 a Beirut da una famiglia cristiana, con l’arabo come madrelingua ma allievo per tutta la sua scolarità in un collegio di padri gesuiti francesi? Maalouf, vincitore nel 1993 del premio Goncourt ed eletto nel 2012 all’Académie Française dove occupa lo scranno lasciato vacante dopo la morte di Claude Lévi-Strauss, sulle crociate non si sbilancia sulle colpe degli uni o degli altri. E non prende mai partito, per nessuno. “Volevo solo sottolineare che per capire l’evoluzione del mondo, era necessario prendere in considerazione le due opposte versioni della storia, non solo una”.
Amin MAALOUF, Gli scali del Levante (Les Échelles du Levant), La nave di Teseo.
Un amore in sospeso, un amore quieto ma, forse, più potente della storia.
“Quell’epoca in cui uomini di tutte le origini vivevano gli uni accanto agli altri negli Scali del Levante, e mescolavano le loro lingue, è una reminiscenza remota? O è una prefigurazione dell’avvenire?”
Arrivato a Parigi per un incontro atteso da troppo tempo, il vecchio Ossyan guarda alla sua vita e, come in una moderna Mille e una notte, affida a un misterioso ascoltatore il racconto delle sue avventure. Cresciuto a Beirut, ultimo discendente di una nobile famiglia ottomana, viene educato in uno spirito liberale e insofferente verso i pregiudizi razziali. Ossyan si trasferisce per gli studi in Francia dove, durante la lotta eroica per liberare il paese dai nazisti, conosce Clara, un’ebrea di cui si innamora perdutamente. Insieme a lei decide di vivere la sua personale rivoluzione: lui, un musulmano, sposa una ragazza ebrea proprio quando il mondo intero sembra rassegnato a vedere la violenza dividere per sempre le due culture. I casi della vita e il corso della storia metteranno a dura prova la loro scelta: privati di un futuro insieme, delle gioie più semplici, cosa rimane loro? Un amore in sospeso, un amore quieto ma, forse, più potente della storia.
Jean-Marc MATALON, Jean-Claude Izzo. Les vies multiples du créateur de Fabio Montale, Éditions du Rocher.
Le 26 janvier 2000 disparaissait prématurément Jean-Claude Izzo, reconnu aujourd’hui comme le maître du polar marseillais. Mais, avant de rencontrer la notoriété à cinquante ans, avec la publication de Total Khéops, premier volet de sa Trilogie marseillaise, ce fils d’immigré italien a vécu de nombreuses vies. Élevé dans la tradition catholique, il fréquente très jeune les églises et le patronage tout en se révélant très doué pour les études. Adolescent, il est néanmoins aiguillé vers un lycée technique où il obtiendra un CAP d’ouvrier tourneur-fraiseur. Pendant sa scolarité, Izzo écrit des poèmes, anime un ciné-club et se rapproche du mouvement pacifiste Pax Christi, animé par un père dominicain. Ce sont ses premières années militantes au cours desquelles il lutte contre la guerre d’Algérie et la course aux armements. Après un service militaire effectué dans un bataillon disciplinaire à Djibouti, il sera tour à tour libraire, journaliste, connaîtra quelques années difficiles, mais sera toujours aussi impliqué dans la vie culturelle et dans l’engagement politique, irrémédiablement du côté des pauvres, des oubliés et des opprimés.
C’est cette figure inclassable, également marquée par une vie amoureuse foisonnante et complexe, que Jean-Marc Matalon nous dépeint dans une biographie à la fois vive, imagée et très documentée. Une façon de (re)découvrir une voix unique dans le polar français, mais aussi un auteur de poèmes, de chansons, de théâtre et de magnifiques romans, tels Les Marins perdus ou Le Soleil des mourants.
Jean-Marc Matalon est né à Marseille. Journaliste dans la presse régionale et nationale, il mène actuellement un travail de recherche sur les faits divers et les drames sociaux qui ont marqué la mémoire collective des Marseillais à travers les siècles.
Baptiste MORIZOT, Sulla pista animale (Sur la piste animale), Nottetempo.
Uno dei temi che si va affermando oggi è quello riguardante il nostro ruolo di esseri umani nel mondo, nell’ambito di una riflessione intorno ai nostri rapporti con gli altri esseri viventi. In una vera avventura filosofica, Baptiste Morizot, richiamandosi alla sua passione per la pratica del tracciamento, ci trasporta, con una scrittura chiara e coinvolgente, attraverso boschi e foreste, come un detective che, una volta assunto il principio che qualunque vivente lascia traccia di sé, va alla scoperta di queste domande essenziali: chi vive qui? come? come possiamo creare un mondo diverso assieme agli altri viventi?
“Bisogna sperare che un diplomatico andato a inforestarsi presso gli altri esseri viventi ritorni trasformato, tranquillamente inselvatichito, lontano dalla ferocia fantasmatica attribuita agli Altri. Che colui che si lascia inforestare dagli altri esseri viventi ritorni leggermente modificato dal suo viaggio da licantropo: un mezzosangue, a cavallo tra due mondi. Né svilito né purificato, semplicemente altro e un minimo capace di viaggiare tra i mondi, e di farli comunicare, per lavorare alla realizzazione di un mondo comune”.
Ali BÉCHEUR, Il paradiso delle donne (Le paradis des femmes), Francesco Brioschi Editore.
Ali Bécheur, oggi 83enne, è uno dei più noti autori tunisini di lingua francese.
Ali si è innamorato di Luz in un giorno d’estate, a una festa in giardino. La stessa Luz a cui decide di raccontare la propria vita, perché lei lo possa capire e per tentare di capirsi lui stesso. È con una punta di timore che Ali ha sempre osservato l’universo femminile, fin da bambino, ma anche con una immensa fascinazione. La madre è stata la prima a consegnargli le chiavi di accesso a questo mondo misterioso e inevitabile. Poi verranno una cameriera, una cugina, la figlia dei vicini… E crescendo la graduale scoperta di sé va di pari passo con la scoperta della propria sessualità e sensualità, trasformandosi in un’implacabile ricerca del piacere. Sullo sfondo, una Tunisia multietnica e multireligiosa infiammata dalla lotta per l’indipendenza. Poi Parigi e la cultura francese, quella dei grandi poeti, degli scrittori esistenzialisti e degli chansonnier. E infine la letteratura, unica possibilità, forse, di conoscere davvero sé stessi e combattere il crudele scorrere del tempo.
Marion FAYOLLE, Gli amori sospesi (Les amours suspendues), Gallucci Editore.
Può l’amore essere un sentimento multiplo? Cosa cerchiamo nel legame di coppia? Si possono “congelare” le emozioni per viverle successivamente, al momento opportuno? A partire da questi interrogativi Marion Fayolle, autrice francese di culto, costruisce il suo nuovo libro come una sorta di “commedia musicale” a fumetti. Per la prima volta, infatti, i suoi personaggi, di solito privi di voce, sono dotati di parola. Resta però centrale l’espressività dei corpi danzanti e dei gesti, alla quale si affianca una narrazione talvolta classica, talvolta in rima o in forma di canzone.
Con il consueto tocco surreale, Marion Fayolle ha la capacità di spiazzare continuamente il lettore: quando ci sembra di cogliere il suo pensiero, ecco che uno scarto improvviso ci porta altrove. Impossibile non innamorarsi dei suoi personaggi che si muovono come danzatori dell’anima!
Carole FIVES, Fino all’alba (Tenir jusqu’à l’aube), Einaudi.
È sera. Una donna esce di casa e si chiude la porta alle spalle. Fa una passeggiata di pochi minuti, poi affretta il passo, irrequieta. Torna indietro. Sale di corsa le scale, riapre la porta: il bambino dorme ancora, non si è accorto di niente. La donna sa che lasciare il figlio di due anni da solo è pericoloso, ma durante le brevi fughe notturne le sembra finalmente di respirare: può dimenticare di essere una madre single, con un lavoro precario, senza aiuto né compagnia in una città nuova e impietosa. Per inseguire quella libertà clandestina allora ogni volta osa di più. Ma quanto lontano può spingersi, fino a quando può scherzare con il fuoco?
«Vicino, vicino». Lei tenta di ignorare quella voce flebile che la implora dall’altra stanza, ma sa che non resisterà a lungo. Si alzerà nel cuore della notte per andare dal suo bambino di due anni. Per prendergli la mano, rassicurarlo: la mamma è qui, dove vuoi che vada? Preferisce non immaginare cosa succederebbe se il bambino si svegliasse durante le sue uscite notturne. A volte, infatti, le capita di fare due passi intorno all’isolato, qualche minuto, per prendere un po’ d’aria. Non è una madre irresponsabile e sa che lasciarlo da solo è rischioso, ma a volte sente il bisogno di allontanarsi da quel nido soffocante, da quell’appartamento che è rifugio e prigione al tempo stesso. Perché da quando è nato il bambino, vive con lui in una simbiosi totale: il suo compagno l’ha abbandonata, in città non ha famiglia né amici, non può permettersi la retta dell’asilo o di pagare una baby-sitter e non riesce a dedicare il tempo necessario al suo lavoro, già precario, di grafica freelance. E il mondo sembra accanirsi contro di lei: la burocrazia è un rebus irrisolvibile che l’affligge, i vicini le lanciano sguardi di biasimo – «è la madre sola del sesto» -, una svista le è valsa l’ostilità dei genitori al parco – il piccolo è caduto dallo scivolo, succede quando le madri sono «tutte prese dal loro smartphone» -, impiegati di banca e ufficiali giudiziari fanno a gara per ricordarle che sta esaurendo le risorse. In cerca di confronto – e conforto -, la protagonista ricorre a internet, legge sui forum le opinioni di altre con una situazione analoga alla sua. Ma anche in rete si imbatte in un muro di ipocrisia e perbenismo. Avvilita, scorre i commenti crudeli di chi si scaglia contro le madri single che non riescono a organizzarsi, che sanno solo piangersi addosso, che alla fine se la sono cercata. Tra senso di colpa e voglia di libertà, la donna continua allora a concedersi quelle evasioni imprudenti. Ma la meta è ogni volta più lontana, e sempre di più il tempo che il bambino passa da solo in casa. Fino al giorno in cui è impossibile tornare indietro…
«Questo libro ci tiene in ostaggio. Come la protagonista, restiamo in apnea, desiderosi di uscire, respirare. Ma la bravura di Carole Fives sta nel farci rimanere incollati alle sue pagine implacabili, fino alla fine, fino ad avere l’impressione di leggere di noi stessi». «Le Parisien»
«Carole Fives racconta le insospettabili lotte quotidiane di una giovane madre. Fino all’alba è un romanzo dalla parte delle donne». «Télérama»
«Et l’enfant ? Il dort, il dort. Que peut-il faire d’autre ?» Une jeune mère célibataire s’occupe de son fils de deux ans. Du matin au soir, sans crèche, sans famille à proximité, sans budget pour une baby-sitter, ils vivent une relation fusionnelle. Pour échapper à l’étouffement, la mère s’autorise à fuguer certaines nuits. À quelques mètres de l’appartement d’abord, puis toujours un peu plus loin, toujours un peu plus tard, à la poursuite d’un semblant de légèreté. Comme la chèvre de Monsieur Seguin, elle tire sur la corde, mais pour combien de temps encore? On retrouve, dans ce nouveau livre, l’écriture vive et le regard aiguisé de Carole Fives, fine portraitiste de la famille contemporaine.
Philippe FOREST, L’oblio (L’oubli), Fandango Libri.
« Un matin, un mot m’a manqué. C’est ainsi que tout a commencé. Un mot. Mais lequel, je ne sais pas ». Un homme se réveille, convaincu d’avoir égaré un mot dans son sommeil, incapable de se le rappeler. Bientôt, cette idée prend l’allure d’une obsession. Avec cette fable touchante, Philippe Forest nous rappelle, comme l’a écrit un poète, que la nuit recèle en son sein le plaisir et l’oubli, qui sont les deux seuls secrets du bonheur.
“Un mattino mi è mancata una parola. È cominciato tutto così. Una parola. Ma non so quale.” Nell’incipit di L’oblio si concentra una trama labirintica dove le coordinate spazio temporali spariscono.
Un uomo si sveglia convinto di aver perso una parola nel sonno, incapace di ricordarsi quale. Progressivamente, un’ossessione s’impadronisce di lui: che una alla volta tutte le parole lo abbandoneranno e che, perdendo il linguaggio, la sua vita si svuoterà. Rifugiatosi su un’isola al largo del continente, l’uomo si ostina a cercare questa parola mancante. La cerca nel vento, la cerca nella solitudine, sonda le nuvole, ascolta i silenzi. La sua caccia alla parola perduta lo incita a lasciar passare i giorni, esponendosi incessantemente agli effetti della luce sull’oceano, riflessa anche dallo specchio della sua camera d’albergo. Presto, anche il quadro attaccato al muro, dipinto dal precedente e misterioso inquilino della stanza, sembra animarsi di vita propria, mutando in funzione dell’atmosfera, riempiendosi di nuovi tratti man mano che la mente del narratore si svuota di parole. Il protagonista decide allora, invano, di catturarne giorno dopo giorno le metamorfosi con una vecchia macchina fotografica. Sarà dall’oceano o dal quadro, o da entrambi, che infine emergerà una donna in carne e ossa per restituirgli la voglia di abbandonarsi al piacere e svelargli il senso dell’oblio?
In questo libro la strana esperienza di perdita che vive il narratore ne riproduce un’altra precedente, la evoca e la ripete – perdita in quel caso di una persona invece che di una parola –, fino a quando tutti gli elementi sparsi della storia in trompe l’oeil non cominciano a ricomporsi e s’incanalano verso un ritorno. Non ci sono più parole per dire, ma solo per stare.
«Philippe Forest intreccia due storie: l’uomo che sa di aver dimenticato un vocabolo (ma non ricorda quale) e l’uomo che si è ritirato su un’isola deserta. Due ossessioni intorno a un tema centrale per lo scrittore: la perdita» – la Lettura
Philippe Forest (Parigi 1962) è uno scrittore e saggista francese. Tradotto in Italia da Gabriella Bosco, francesista che, studiosa delle scritture in prima persona, ha stretto con lui un rapporto di collaborazione sul piano della ricerca scientifica e accademica.
LIVRES POUR LES PLUS JEUNES
Florence THINARD, Meno male che il tempo era bello (Encore heureux qu’il ait fait beau), illustrazioni di Veronica Truttero, Casa Editrice Camelozampa.
Nessuno sa né come né perché, durante un violento temporale la biblioteca Jacques Prévert si ritrova a navigare nell’oceano. A bordo il direttore, la bibliotecaria, la signora delle pulizie, un professore di tecnologia con la sua prima media al completo e il giovane Saïd, che si trovava lì per caso.
Dopo un primo momento di panico, ragazzi e adulti devono imparare a procurarsi il cibo, razionare l’acqua, organizzare la vita a bordo, per fortuna ad aiutarli ci sono i tanti libri della biblioteca!
Ognuno darà prova di coraggio e immaginazione per trasformare questa incredibile traversata in un’avventura indimenticabile.
Finalista Premio Strega Ragazze e Ragazzi 11+ con la seguente motivazione: Meno male che il tempo era bello è una storia capace di divertire, di sorprendere, e di nutrire l’amore dei lettori per il meraviglioso. Una biblioteca sradicata dalle proprie fondamenta alla deriva in mare aperto. Un gruppo di ragazzini che insieme ad alcuni adulti dovrà imparare a sopravvivere cercando informazioni nei libri che li circondano. Navigare nell’oceano della conoscenza è un’avventura che Florence Thinard racconta con levità e ironia, con uno sguardo pieno di stupore, e senza scordarsi di tenere il lettore con il fiato sospeso.
Vincitore del Prix du Livre Jeunesse Marseille.
EXPOSITIONS Torniamo a visitare le mostre!
Georges de La Tour. L’Europa della luce. Milano. Palazzo Reale. Fino al 27 settembre 2020. La mostra è aperta solo su prenotazione.
La prima mostra in Italia dedicata al pittore lorenese del Seicento Georges de La Tour che, attraverso mirati confronti tra i capolavori del Maestro francese e quelli di altri grandi del suo tempo (Gerrit van Honthorst, Paulus Bor, Trophime Bigot, Frans Hals e altri), vuole portare una nuova riflessione sulla pittura di genere e sulle « sperimentazioni luministiche », per affrontare i profondi interrogativi che ancora avvolgono l’opera di questo misterioso artista.
La Tour ritrae angeli presi dal popolo, santi senza aureola né attributi iconografici, e predilige soggetti presi dalla strada, come i mendicanti, dipingendo in generale gente di basso rango più che modelli storici o personaggi altolocati. I pochi quadri riconosciuti come autografi sono perlopiù di piccolo o medio formato, intimi, privi di sfondo paesaggistico, notturni e, soprattutto nella presunta ultima fase artistica, quasi dei monocromi dall’impianto geometrico, semplice ma modernissimo per l’epoca.
Robert Doisneau. Bologna. Palazzo Pallavicini. Fino al 21 luglio 2020.
L’esposizione è il risultato di un ambizioso progetto del 1986 di Francine Deroudille e Annette Doisneau , le figlie del fotografo, che hanno selezionato da 450mila negativi, le immagini in mostra che ci raccontano l’appassionante storia autobiografica dell’artista.
I sobborghi grigi delle periferie parigine, le fabbriche, i piccoli negozi, i bambini solitari o ribelli, la guerra dalla parte della Resistenza, il popolo parigino al lavoro o in festa, gli scorci nella campagna francese, gli incontri con artisti e le celebrità dell’epoca, il mondo della moda e i personaggi eccentrici incontrati nei caffè parigini, sono i protagonisti del racconto fotografico di un mondo che “non ha nulla a che fare con la realtà, ma è infinitamente più interessante”. Doisneau non cattura la vita così come si presenta, ma come vuole che sia. Di natura ribelle, il suo lavoro è intriso di momenti di disobbedienza e di rifiuto per le regole stabilite, di immagini giocose e ironiche giustapposizioni di elementi tradizionali e anticonformisti. Influenzato dall’opera di André Kertész, Eugène Atget e Henri Cartier-Bresson, Doisneau conferisce importanza e dignità alla cultura di strada, con una particolare attenzione per i bambini, di cui coglie momenti di libertà e di gioco fuori dal controllo dei genitori, trasmettendoci una visione affascinante della fragilità umana.
Le meraviglie della vita quotidiana sono così eccitanti; nessun regista può ricreare l’inaspettato che trovi per strada. Robert Doisneau
James Tissot. L’ambigu moderne. Paris. Musée d’Orsay. 23 juin – 13 septembre 2020.
Né à Nantes, formé à l’Ecole des Beaux-Arts de Paris et ayant mené carrière des deux côtés de la Manche, Jacques Joseph Tissot, est un artiste majeur de la seconde moitié du XIXe siècle, à la fois ambigu et fascinant. S’il est très régulièrement représenté dans les expositions dédiées à cette période, cette rétrospective est la première qui lui est consacrée à Paris depuis celle organisée au Petit Palais en 1985. A la fin des années 1850, Tissot fait ses premières armes dans la capitale où sa passion pour l’art japonais comme ses relations avec les cercles les plus influents nourrissent sa peinture. Dans le creuset parisien, à une époque où la modernité théorisée par Baudelaire trouve son expression sous le pinceau de Whisler, Manet ou Degas, Tissot et son esprit dandy sont appréciés par la société mondaine. Après la guerre de 1870 et la Commune de Paris, il s’installe à Londres et poursuit une carrière en vue qui le voit naviguer dans les meilleures sphères. Peu à peu, son oeuvre se concentre sur la figure radieuse puis déclinante de sa compagne Kathleen Newton, incessamment présente dans ses tableaux. La mort de cette dernière en 1882 scelle le retour en France de Tissot.
Sa carrière se poursuit dans la description des déclinaisons multiples de la Parisienne, objet d’un grand cycle (La Femme à Paris), et les explorations de sujets mystiques et religieux, avec le cycle du Fils prodigue et les centaines d’illustrations de la Bible, qui rendront l’artiste immensément célèbre au tournant du XIXe au XXe siècle. Centrée sur la figure de James Tissot, veillant à ancrer l’art de ce peintre dans le contexte artistique et social de son temps, cette exposition présente les grandes réussites d’un artiste aux images souvent iconiques, et ses recherches les plus audacieuses.
Elle explore également la fabrique de son oeuvre : les thèmes qui lui sont chers et leurs variations, mais également sa volonté de s’exprimer dans des techniques variées, telles que l’estampe, la photographie ou l’émail cloisonné, en sus de la peinture.
CINÉMA ONLINE
Finché i cinema resteranno chiusi, diverse piattaforme digitali offrono la possibilità di vedere film che avrebbero dovuto uscire in questo periodo.
I Miserabili (Les Misérables). Un film di Ladj Ly.
I Miserabili, diretto dal regista di origini maliane Ladj Ly, si ispira alle rivolte della banlieue del 2005, attualizzando le pagine del romanzo storico di Victor Hugo richiamato nel titolo e nella didascalia finale (“Non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”).
Il film è stato candidato all’Oscar come miglior film straniero e premiato a Cannes (premio della Giuria) e ai César francesi.
Matthias & Maxime. Regia di Xavier Dolan. Con Xavier Dolan, Harris Dickinson, Anne Dorval, Marilyn Castonguay, Catherine Brunet.
Xavier Dolan torna sui temi che costituiscono la sua poetica: la sessualità come ricerca identitaria e i legami amicali e famigliari. Tutto è raccontato con il consueto stile impaziente di un regista che ha girato il suo primo lungometraggio a 19 anni e non si è più fermato, con la fretta di rappresentare il (suo) mondo in maniera bulimica e impavida.
Il film è stato in concorso a Cannes 2019.