ESPACE CULTURE
À LA UNE
Le prix Nobel de chimie attribué à la Française Emmanuelle Charpentier.
Le prix Nobel de chimie décerné à la Française Emmanuelle Charpentier et l’Américaine Jennifer Doudna pour les « ciseaux moléculaires ». L’académie suédoise a récompensé les deux chercheuses pour la mise au point du système universel d’édition du génome Crispr-Cas9. « Les femmes scientifiques peuvent aussi avoir un impact pour la recherche qu’elles mènent », a réagi Emmanuelle Charpentier peu après la remise du prix, espérant adresser un « message très fort » aux jeunes filles pour des carrières scientifiques. Depuis quatre ans, on leur promettait le Nobel de médecine. La vénérable académie suédoise a fini par entendre les arguments… C’est dans la catégorie « chimie » qu’elle leur a attribué son prix, mercredi 7 octobre, pour leur découverte d’un outil moléculaire qui permet « de réécrire le code de la vie ».
L’académie suédoise a récompensé les deux chercheuses pour la mise au point du système universel d’édition du génome Crispr-Cas9. « Les femmes scientifiques peuvent aussi avoir un impact pour la recherche qu’elles mènent », a réagi Emmanuelle Charpentier.
Le Festival de Cannes présente une petite édition hors normes.
Une version revisitée du Festival de Cannes 2020, un mini-festival, s’ouvrira à la fin octobre au Palais des festivals avec Un triomphe, d’Emmanuel Courcol, et s’achèvera avec Les Deux Alfred, de Bruno Podalydès. Asa ga Kuru (True Mothers) de la Japonaise Naomi Kawase, ainsi qu’un film de la Géorgienne Dea Kulumbegashvili, Beginning (Au commencement), tout juste couronné à San Sebastian (Espagne), seront également projetés lors de cet évènement ouvert au public, entre le 27 et le 29 octobre, indiquent les organisateurs dans un communiqué. « Un jury, dont la composition sera dévoilée prochainement, décernera la Palme d’or du court-métrage et les prix de la Cinéfondation », spécialisée dans les nouveaux talents, précisent-ils. « C’est un condensé du bonheur d’être à Cannes que nous allons vivre tous ensemble en octobre ! », s’est réjoui le délégué général du festival, Thierry Frémaux, saluant un « beau symbole », organisé en partenariat avec la mairie de Cannes. Faute d’avoir pu se tenir comme tous les ans en mai, le festival de Cannes s’était résigné à publier une liste de 56 films faisant partie de sa « sélection officielle 2020 ». Beaucoup ont pu être présentés dans d’autres festivals. Au prix d’importantes adaptations, d’autres festivals internationaux ont pu se tenir depuis, comme la Mostra de Venise, début septembre. Cette dernière a constitué le premier test grandeur nature pour ces grands raouts du 7e art depuis le Covid, avec un protocole sanitaire très strict. A Cannes, le plus prestigieux des festivals de cinéma espère, quant à lui, reprendre le cours normal des choses l’an prochain, et se tenir du 11 au 22 mai pour sa 74e édition.
La chanteuse Juliette Gréco est morte.
Chanteuse et actrice, Juliette Gréco est morte le 23 septembre, à Ramatuelle (Var), à 93 ans. Elle fut la muse du Saint-Germain-des-Prés de l’après-guerre et l’interprète inoubliable de Brel, Gainsbourg, Vian, Roda-Gil, Miossec ou Biolay… Qu’avons-nous donc tant aimé chez Gréco pour que sa disparition nous atteigne autant ? Sa voix, son élégance, sa force et ses mains, sûrement, qui volaient, virevoltaient ! Les intenses appétits et la curiosité insondable de cette interprète identifiée à la liberté française lui ont à jamais laissé sa place de muse de Saint-Germain-des-Prés, mythe de la modernité, de la liberté de l’après-guerre toujours planétairement vivace. « Gréco rose noire des préaux. De l’école des enfants pas sages », selon le poète Raymond Queneau.
Juliette Gréco disait, en 2008 : « Pour résister à l’approche de la fin, il faut aimer ce qu’on fait, à la folie, aimer son métier comme je l’aime moi, c’est-à-dire de façon démesurée, hors normes, en allant chanter aussi dans des petites salles de banlieue en matinée et savourer qu’un jeune homme ait dit à la fin du tour de chant : “Elle est bonne, hein, Gréco !” »
Amin Maalouf vince il Premio Terzani 2020.
È Amin Maalouf per Il naufragio delle civiltà il vincitore della XVI edizione del Premio Letterario Internazionale Tiziano Terzani. Amin Maalouf è stato premiato domenica 27 settembre nella ex chiesa di San Francesco di Udine nel corso di una serata-evento, da sempre il momento più atteso del festival vicino/lontano, che nel 2005, in collaborazione con la famiglia Terzani, ha istituito il Premio. La giuria ha così motivato la sua scelta: “Qual è il punto di svolta decisivo che ha dato origine alla tragedia araba? Maalouf, da testimone privilegiato e con il lucido sguardo dello storico, interroga insistentemente i fatti per comprendere egli stesso – e farci comprendere – le ragioni di un naufragio che getta un’ombra inquietante sul futuro dell’intera umanità. Per l’esplicito invito a imboccare, prima che sia troppo tardi, la strada di una solidarietà globale, contro ogni nostra indifferenza; per la sua umanità e la limpida chiarezza della sua prosa”.
«È per me un piacere e un onore – ha dichiarato Amin Maalouf – essere il vincitore dell’edizione 2020 del Premio Terzani. Questi ultimi mesi sono stati per tutti noi un tempo di dolore e angoscia. Interpreto questo annuncio come un segno che la vita sta tornando. Con gioia e al contempo con rinnovata consapevolezza. Ora più che mai abbiamo bisogno di credere nella letteratura e nell’arte, nel libero dibattito delle idee e nell’uguale dignità di ogni essere umano. È rimanendo fedeli a questi valori che onoreremo il nome di Tiziano Terzani. Per questo esprimo la mia profonda gratitudine ai membri della giuria».
Baricco riceve il Premio Europeo per la saggistica.
Vince la 42a edizione del prestigioso Prix Européen de l’Essai, assegnato a Losanna dalla Fondation Charles Veillon, Alessandro Baricco per il suo The Game, nella traduzione francese edita da Gallimard. Il saggio è stato giudicato dalla giuria « un’opera profondamente filosofica, dall’impostazione originale ». Nel passato il premio è stato assegnato, tra gli altri, a Edgar Morin e a Amin Maalouf.
Perdrix conquista il pubblico di Schermi d’Amore.
Vittoria tutta francese per quest’edizione di Schermi d’Amore, il festival veronese dedicato al cinema romantico e sentimentale. A conquistare sia il Premio del Pubblico sia il Premio della Giura Giovani è Perdrix, di Erwin Le Duc: una commedia leggera su un amore improbabile tra un capitano di gendarmeria e un’esuberante anticonformista. Tra gli attori anche Fanny Ardant.
Queste le motivazioni scritte dalla Giuria Giovani per premiare il lungometraggio di Erwin Le Duc: «Per la capacità di suscitare ilarità senza sfociare nel demenziale e di portare in vita personaggi tipizzati in modo non convenzionale. Un film che parla di una storia d’amore prevedibile, ma improbabile ed evolve grazie a una fotografia vivida e una colonna sonora ricercata».
LIVRES
Laetitia COLOMBANI, Il palazzo delle donne (Les victorieuses), Edizioni Nord.
Il grande ritorno dell’autrice della Treccia con “il meraviglioso ritratto di due eroine ingiustamente dimenticate.” Le Figaro.
« Qui sei benvenuta. Qui sarai protetta. Qui troverai molto più di ciò che cercavi ». È il coraggio a spingere la giovane Blanche a voltare le spalle a una vita di agi per lanciarsi nella più logorante delle battaglie: quella contro la povertà, la fame e l’umiliazione. A sette anni dalla fine della Grande Guerra, Parigi è ancora in ginocchio. Eppure Blanche si rende conto che alla metà dei bisognosi è negato ogni aiuto: tutti gli sforzi, infatti, sono rivolti agli uomini; nessuno tende la mano alle donne che ogni giorno mendicano agli angoli delle strade, si privano del cibo per sfamare i propri bambini e dormono all’addiaccio per sfuggire ai mariti violenti. Per Blanche, quella è un’ingiustizia intollerabile. E, quando viene a sapere che in rue de Charonne è in vendita un intero palazzo, combatterà fino all’ultimo per regalare un luogo sicuro a tutte le donne in difficoltà…
È la disperazione a portare Solène al Palazzo delle Donne. Avvocato di successo, Solène è crollata il giorno in cui un suo cliente si è gettato dalla finestra del tribunale. Come parte della terapia, lo psicologo le ha suggerito il volontariato, così lei ha scelto di aiutare le donne che hanno trovato rifugio tra le mura di quel grande edificio in rue de Charonne. Qui, entra in contatto con un mondo lontanissimo da lei, fatto di miseria, di sfruttamento, di perdita. Ma anche di condivisione, di resilienza e di riscatto. A poco a poco, Solène capisce di non essere tanto diversa dalle ospiti del Palazzo: come lei, pure loro sono state sconfitte dalla vita. Però non si arrendono e continuano a lottare per un futuro migliore, traendo forza l’una dall’altra, come legate da un filo invisibile di solidarietà e comprensione. E sarà proprio quel filo ad avvolgere anche il cuore di Solène e a cambiare per sempre la sua esistenza.
Laetitia Colombani è nata a Bordeaux nel 1976. Ha studiato cinema all’École Louis-Lumière e ha diretto il suo primo film a venticinque anni. In breve tempo, si è imposta come regista e sceneggiatrice, lavorando con attrici del calibro di Audrey Tatou, Emmanuelle Béart e Catherine Deneuve. Il suo romanzo d’esordio, La treccia (La tresse), è subito diventato un caso editoriale, venduto in 26 paesi ancora prima della pubblicazione.
Maylis de KERANGAL, Un mondo a portata di mano (Un monde à portée de main), Feltrinelli.
Dopo il successo di Riparare i viventi, sul mondo dei trapianti, un romanzo di formazione che si intreccia con il mondo della pittura e del cinema, ambientato nell’inconsueto mondo del trompe-l’oeil, della fabbrica di un’illusione.
Paula Karst si iscrive al prestigioso Istituto superiore di pittura a Bruxelles dove vive sei mesi intensi, calata nell’arte e dedita a imparare la tecnica del trompe-l’oeil, decorando e plasmando diversi materiali minerali, vegetali e animali. L’apprendimento rigoroso, i ritmi di lavorazione serrati con grande coinvolgimento fisico rappresentano, in particolare per Paula, un momento di crescita e maturazione. Una volta diplomata, dopo un primo periodo di difficoltà, la ragazza finirà per trovarsi su grandi cantieri, soprattutto in Italia, dove a Cinecittà è incaricata degli scenari di Habemus Papam di Nanni Moretti. E dopo un ingaggio in Russia, sul set del film Anna Karenina, rientra in Francia e un suo vecchio compagno di studi le fa una proposta che si rivelerà peculiare. Le suggerisce di lavorare al grande progetto di ricreazione della grotta di Lascaux: un enorme fac-simile, Lascaux iv.
Come già in passato, Maylis de Kerangal ci offre un romanzo di formazione, presentandoci giovani alla ricerca di sé, in una metaforica discesa nell’intimità dell’arte nel suo senso più profondo, più concreto e totalizzante.
Maylis de Kerangal è considerata una delle più importanti scrittrici francesi contemporanee: “La frase di Maylis de Kerangal è intensamente viva, racchiude tecnica e poetica, è sensibile e intellettuale.” Le Monde des livres
Louise ROGERS LALAURIE, Matisse. I libri, Einaudi.
Una felice intuizione letteraria e una bella iniziativa editoriale: un libro sontuosamente illustrato che ci avvicina al Matisse orchestratore di parole e immagini. Da Baudelaire a Mallarmé, da Ronsard ad Aragon: tutti i libri che Matisse decise di illustrare testimoniano un momento importante della sua creatività e sono cruciali per comprendere fino in fondo la sua ricerca artistica.
In una Francia prossima alla devastazione della guerra e dell’occupazione nazista, Henri Matisse mette in atto la propria, intima forma di resistenza creando otto splendidi libri d’artista in cui i suoi magistrali disegni e i papiers decoupés si confrontano con alcuni grandi autori del canone letterario francese, da Charles d’Orléans a Louis Aragon ed Henry de Montherlant, da Ronsard a Mallarmé e Baudelaire. I disegni, le incisioni e i collages intrecciano un dialogo serrato con i testi e i loro autori, mettendo in scena gli stessi fantasmi di Matisse: la malattia, l’ansia del rapporto con il pubblico e l’establishment dell’arte ufficiale, le paure, la rabbia e i rischi della vita in tempo di guerra. Louise Rogers Lalaurie indaga quelle opere cruciali, che per Matisse rappresentarono l’inizio di una “seconda vita” e di una nuova, fortunata fase artistica, offrendo per la prima volta al lettore una ricca messe di immagini nelle quali i fili di un momento cruciale per la storia europea e mondiale si riannodano nelle creazioni di uno dei massimi artisti del Novecento.
Sylvain PRUDHOMME, I più grandi (Les grands), 66thand2nd.
Musica e politica in un romanzo che spalanca una finestra sulla piccola Guinea Bissau.
È morta, lei è morta. Sdraiato sul letto accanto alla sua donna, Couto rimane in attesa che il dolore gli esploda dentro, ma a invaderlo è piuttosto un torpore, uno scollamento di tutto l’essere. Fuori il pomeriggio è assolato, la luce morbida. Couto prende a girovagare per le strade, il suo sguardo corre sulle case, i vicoli, i bar di Bissau: nulla sembra cambiato eppure oggi è un giorno diverso, oggi è morta Dulce, l’ex cantante dei Super Mama Djombo, il suo amore di gioventù. Couto il gran maestro di chitarra sarà per sempre il Dun di Dulce, l’uomo della Kantadura, anche se sono passati trent’anni, anche se lei ha sposato un altro. Mentre cammina la sua mente ripercorre momenti del passato: il successo mondiale del gruppo negli anni Settanta, le tournée in Africa, Europa, Sudamerica, la gloriosa epoca della lotta per l’indipendenza del paese. E intanto cala la notte, carica di umidità, e trapela la notizia del colpo di stato in programma di lì a poche ore. Ma oggi è un giorno diverso, sta per iniziare il concerto che riunirà vecchi e nuovi componenti del gruppo, e sarà un evento memorabile, l’occasione per celebrare Dulce e insieme il tempo che fu. I più grandi è un libro sensuale, voluttuoso – corpi che si intrecciano nel caldo soffocante, alberi che trasudano acqua dopo un violento temporale, odore di carne alla brace che si spande nella quiete notturna –, un libro che incarna la musica evocandola attraverso l’atmosfera, i dialoghi indolenti, il sesso, i profumi, il ricordo, in un ritmo coinvolgente che permea ogni frase.
Sylvain Prudhomme è nato in Francia nel 1979. L’Africa, dove ha vissuto e lavorato per lungo tempo, è fonte di ispirazione di molti suoi romanzi e reportage. Con Les grands si è aggiudicato tra gli altri il prix de la Porte Dorée e il prix Georges Brassens.
Guillaume MUSSO, La vita è un romanzo (La vie est un roman), La nave di Teseo.
Guillaume Musso torna con un thriller intimista che oscilla tra realtà e immaginazione: un gioco letterario che alterna citazioni e suspense.
“Carrie, mia figlia di tre anni, è sparita mentre giocavamo a nascondino nel mio appartamento di Brooklyn.” La denuncia di Flora Conway, una famosa scrittrice nota per la sua riservatezza, sembra un enigma senza soluzione. Nonostante il clamoroso successo dei suoi libri, Flora non partecipa mai a eventi pubblici, né rilascia interviste di persona: il suo unico tramite con il mondo esterno è Fantine, la sua editrice. La vita di Flora è avvolta dal mistero come la scomparsa della piccola Carrie. La porta dell’appartamento e le finestre erano chiuse, le telecamere del vecchio edificio di New York non mostrano alcuna intrusione, le indagini della polizia non portano a nulla. Dall’altra parte dell’Atlantico, a Parigi, Romain Ozorski è uno scrittore dal cuore infranto. Vorrebbe che la sua vita privata fosse metodica come i romanzi che scrive di getto, invece la moglie lo sta lasciando e minaccia di portargli via l’adorato figlio Théo.
Romain è l’unico che possiede la chiave per risolvere il mistero di Flora, e lei è decisa a trovarlo a tutti i costi. Guillaume Musso, il maestro del thriller letterario francese, ci immerge in un romanzo avvincente sul potere dei libri e sulla forza magnetica dei personaggi che intrecciano, imprevedibilmente, le nostre vite.
Romanzo dopo romanzo, Guillaume Musso ha costruito un legame unico con i suoi lettori. Nato ad Antibes nel 1974, ha iniziato a scrivere dopo gli studi e non si è più fermato, nemmeno quando è diventato professore di Economia. I suoi libri, tradotti in 40 lingue, e più volte adattati per il cinema, lo hanno consacrato come uno dei più importanti scrittori di noir.
Régis JAUFFRET, Papà (Papa), Edizioni Clichy.
«Régis Jauffret è lo scrittore che oggi nel mondo sa raccontare meglio di chiunque altro le zone più oscure della psiche. E ciò significa che è probabilmente il più grande scrittore vivente» Le Monde
«Non si capisce perché la gente si affanni tanto a leggere libri inutili quando basterebbe prendere qualunque cosa scritta da Régis Jauffret per avere tutto quello che si cerca in un libro» Le Magazine Littéraire
Uno sguardo distratto al televisore, casualmente sintonizzato su un documentario dedicato alla Francia di Vichy, ai collaborazionisti, ai rastrellamenti della Gestapo. Improvvisa, inattesa, inaudita, appare un’immagine di Marsiglia, del palazzo dove lo scrittore è nato e cresciuto, di suo padre ammanettato e portato via da due agenti nazisti. Sette brevi secondi che cambiano tutto quello che si era pensato fino a quel momento. Da questo frammento, inverosimile e impossibile, ha origine la discesa di Régis Jauffret nell’abisso insondabile della vita di suo padre. Chi era Alfred Jauffret? Perché gli è così sconosciuto? Perché di quell’uomo rinchiuso nella sua sordità e nella sua bipolarità non ha mai saputo niente? Da cosa nasce questa sua «sete di un padre»? E allora eccolo tessere, smontare, rappezzare i pochi elementi che ha per costruire il suo «papà», parola insieme tenera e spaventosa, facendoci sprofondare come in ogni suo scritto nei magnifici e terrificanti labirinti di ciò che si è veramente, di ciò che non si vuole dire, di ciò che si cerca di nascondere, anche a se stessi. Di ciò che significa scrivere, creare, rimodellare e inventare la realtà. Un inestricabile groviglio di ricordi e di fantasmi, di vero e di falso, di voluto e di negato, di indicibile e di inaccettabile, di sperato e di irrimediabile. Come il Philip Roth di Operazione Shylock, come l’Heinrich Böll di Foto di gruppo con signora, come il Jerome David Salinger di Alzate l’architrave, carpentieri: uno scivolare cercando di aggrapparsi, violentemente attratti da quel buio nel quale si sa esserci forse una qualche verità che ci è inspiegabilmente eppure anche inevitabilmente necessaria.
Fouad LAROUI, La vecchia signora del riad (La vieille dame du riad), Del Vecchio Editore.
È possibile condividere il proprio mondo con qualcuno che viene percepito come completamente estraneo? Questa è la domanda che Fouad Laroui si pone nel raccontare la tragicomica storia di François e Cécile, coppia benestante, progressista e liberale che assecondando un capriccio e inseguendo una imprecisata voglia di libertà lascia di punto in bianco la propria vita parigina per trasferirsi a Marrakesh. Costantemente destabilizzati da cliché e stupore i due “francesi di Francia” riescono, non senza qualche complicazione, a prendere possesso di un riad apparentemente perfetto, una dimora da sogno completamente in linea con le aspettative della coppia. Ed è proprio quando i due sembrano liberi di esplorare la propria idilliaca nuova vita che di nuovo si imbattono nell’inatteso: una silenziosa e coriacea vecchia signora che occupa, senza alcuna intenzione di andarsene, una stanza del loro riad. La convivenza forzata, che costringerà la coppia a confrontarsi con il proprio progressismo di maniera, saprà stimolare il dialogo tra i due mondi?
«Fouad Laroui gioca con gli stereotipi e li usa per costruire una storia ironica e a tratti tragica, dove due culture si riflettono in uno specchio di superficialità e incomprensione. Per poi riscoprire una storia comune» La Lettura
«Appassionante requisitoria contro l’intolleranza, questo libro erudito ma mai pedante si legge piacevolmente. Grande romanzo iniziatico e universale, interpretabile come importante riconciliazione fra i popoli, dovrebbe far parte del programma di tutte le scuole. Anzi, si dovrebbe imporne la lettura in tutti i ministeri, fino agli eserciti.» Christine Ferniot, Lire
Elaine Sciolino, La Senna. Storie e mito, Guanda.
Celebrata da poeti, scrittori, chansonnier e pittori, la Senna è senza dubbio uno dei simboli della Francia. Il fiume, che sgorga da una rete di sorgenti su un altopiano della Borgogna e si ingrossa fino a diventare maestoso nel suo tragitto di 777 chilometri verso il mare, fa un viaggio nella storia: lambisce insediamenti preistorici, antiche città romane, castelli medievali, abbazie e campi di battaglia della Seconda guerra mondiale. Lungo il suo corso, la Senna sa aprirsi senza esitazione, consentendo a ogni città sulle sue rive di rivendicarne la mistica. Ma ha un unico grande amore: Parigi. La rive gauche e la rive droite brulicano di vita: qui è possibile mangiare e bere, sposarsi, praticare yoga, comprare libri, assistere a spettacoli pirotecnici, sfilate di moda, concerti… La cattedrale che vanta il maggior numero di visitatori al mondo, Notre-Dame, si trova su un’isola al centro della Senna; il museo d’arte più visitato del pianeta, il Louvre, si affaccia sul fiume. Passando attraverso un quadro di Renoir e una poesia di Prévert, un fotogramma del Favoloso mondo di Amélie e un’aria di Puccini, una citazione dei Miserabili e una preghiera a Sequana, la dea che dà il nome alla Senna, Elaine Sciolino, giornalista e corrispondente americana da Parigi, firma un’appassionata lettera d’amore alla città più romantica del mondo e al suo fiume.
Alex LANDRAGIN, Storia di due anime, Editrice Nord.
Una storia iniziata più di due secoli fa (e non ancora finita). Sette vite. Tre manoscritti «impossibili». Due anime che si cercano. Un assassino.
A Parigi, una ricca collezionista incarica un uomo di rilegare insieme tre manoscritti, composti in epoche diverse e da mani diverse. A una condizione: non leggerli. Ma quando viene a sapere che la donna è morta – qualcuno dice assassinata – il rilegatore rompe la promessa. Rimane così colpito – e turbato – dalla lettura dei manoscritti che decide di pubblicarli col titolo di Storia di due anime.
L’educazione di un mostro. Dopo essere stato investito da una carrozza, Charles Baudelaire viene soccorso e portato in una villa subito fuori Bruxelles. Anche se lui non l’ha mai vista, la misteriosa padrona di casa dimostra di conoscere il suo passato fin troppo bene. E gli fa una proposta inquietante…
La città fantasma. A Parigi, davanti alla tomba di Baudelaire, un uomo e una donna s’incontrano per la prima volta. Lui è un rifugiato tedesco, lei – Madeleine –, un’enigmatica appassionata di poesia. Con l’esercito nazista ormai alle porte, la città viene evacuata, ma i due decidono di restare. E, in quei giorni di passione, Madeleine gli racconta una storia incredibile: la storia di due anime che si perdono e si ritrovano da quasi due secoli. E poi gli chiede di partecipare a un’asta, dove si venderà il manoscritto di un racconto inedito di Charles Baudelaire, L’educazione di un mostro. L’uomo la asseconda, rimanendo così invischiato in una serie di brutali omicidi che sembrano portare la firma dell’esclusiva – ed elusiva – Société Baudelaire…
I racconti dell’albatro. È la storia di Alula, colei che ricorda, e di Koahu, colui che dimentica. Una storia che comincia al tramonto del XVIII secolo, in una sperduta isola del Pacifico, e si dipana fino ad arrivare a Parigi, nel 1940, davanti alla tomba di Charles Baudelaire, dove il cerchio si chiude. O forse no…
Un romanzo nel romanzo, in cui le tre storie possono essere lette una dopo l’altra oppure seguendo una sequenza alternativa di capitoli. Due esperienze di lettura, un’unica, eccezionale avventura letteraria.
Alex Landragin è nato in Francia da una famiglia di produttori di champagne, ma si è trasferito in Australia quand’era bambino. Dopo aver conseguito un master in Scrittura Creativa, è diventato autore di guide turistiche per Lonely Planet, prima di iniziare a lavorare a tempo pieno come copywriter. Ha vissuto a Washington, Parigi, New Orleans, Los Angeles, Alice Springs e Marsiglia, per poi stabilirsi definitivamente a Melbourne.
Edgar MORIN, Cambiamo strada. Le 15 lezioni del coronavirus (Changeons de voie. Les leçons du coronavirus), Raffaello Cortina Editore.
“Siamo entrati nell’epoca delle grandi incertezze”. Filosofo, sociologo, antropologo, Edgar Morin ha compiuto a luglio 99 anni, senza mai esaurire la sua curiosità intellettuale, ravvivata dalla crisi del covid.
Cosa fa emergere la pandemia? La necessità di un nuovo umanesimo. Non riuscendo a dare un senso alla pandemia, impariamo da essa per il futuro. Un minuscolo virus in una città molto lontana della Cina ha scatenato lo sconvolgimento del mondo. L’elettroshock sarà sufficiente per rendere finalmente tutti gli umani consapevoli di una comunità di destino? Per rallentare la corsa frenetica allo sviluppo tecnico ed economico? Siamo entrati nell’era delle grandi incertezze. Il futuro imprevedibile è in gestazione oggi. Assicuriamoci che tenda a una rigenerazione della politica, alla protezione del pianeta e a un’umanizzazione della società: è tempo di cambiare strada.
Hamid LARBI, Campo di parole. Poesie (Ce champ de mots: poèmes), etabeta editore.
È forse un miracolo, un’impostura, un’arma, una maschera, la sindrome di Don Chisciotte, una disfunzione chimica ormonale, una montagna di crema sanguinante o una follia? Cos’è, se non un atto d’amore o di disperazione; forse una possessione diabolica, o meglio ancora uno stato di grazia o una malattia? Chi lo sa! Ciò di cui sono certo, tuttavia, è che male non fa. Al contrario, talvolta è qualcosa di talmente salutare da svolgere una funzione terapeutica fino a divenire una panacea per le ferite dell’anima. E quando si realizza una tale magia, allora, forse, ci troviamo davanti alla poesia… E in fondo che cos’è la poesia se non un campo di parole? Ed è questo il titolo che Hamid Larbi (nato ad Algeri vive a Montpellier dopo Milano e Alberobello) ha dato alla sua prima raccolta in lingua francese. Pubblicata nel 2007 e subito balzata agli onori della cronaca letteraria e a un largo consenso di pubblico, è ora tradotta in italiano con le fotografie di Maurizio Totaro.
EXPOSITIONS
Van Gogh. I colori della vita. Padova. Centro San Gaetano. 10 ottobre 2020 – 11 aprile 2021.
È dedicata a Vincent van Gogh (Zundert, 1853 – Auvers-sur-Oise, 1890) questa grande mostra curata da Marco Goldin che presenta al pubblico 125 opere, di cui 78 del solo van Gogh e le altre di artisti che hanno intrecciato, per diversi motivi e in diversi momenti, il loro percorso creativo con quello del pittore olandese, tra cui Delacroix, Courbet, Millet, Hiroshige, Kunisada, a volte direttamente come Seurat, Pissarro, Signac, Guillaumin, Bernard e naturalmente Gauguin. A questi si aggiunge Francis Bacon, di cui saranno esposte tre tele, per indicare come la figura di van Gogh sia stata di ispirazione anche per i grandi autori del Novecento. Attraverso 5 sezioni (Il pittore come eroe – Gli anni della formazione. Dalla miniera di Marcasse all’Aia – Da Nuenen a Parigi. Un colore che cambia – Un anno decisivo, 1888 – Di lune e nuvole. Van Gogh e la fine del suo viaggio), la mostra si propone come la più grande esposizione mai organizzata in Italia dedicata a van Gogh, di cui verranno ricostruite e raccontate le vicende di vita e d’arte. La mostra – promossa da Linea d’Ombra e dal Comune di Padova e con la collaborazione del Kröller-Müller Museum e del Van Gogh Museum – verrà accompagnata dal libro di Marco Goldin, Vita di van Gogh attraverso le lettere, edito da La nave di Teseo. Alcuni dei capolavori in mostra: L’Autoritratto con il cappello di feltro, Il seminatore, Il postino Roulin, L’Arlesiana…
Marc Chagall. Anche la mia Russia mi amerà. Rovigo. Palazzo Roverella. Fino al 17 gennaio 2021.
“Anche la mia Russia mi amerà”, scrive Marc Chagall (Lëzna, 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 1985) a conclusione di Ma Vie, autobiografia che il pittore russo naturalizzato francese scrisse tra il 1921 e il 1922, poco prima di lasciare Mosca dopo la Rivoluzione. Una frase, quella di Chagall, che racchiude il legame con la sua terra natia, e soprattutto con la sua cultura: ed è proprio questo il tema su cui si fonda questa mostra. L’esposizione presenta oltre 100 opere, tra cui 70 dipinti e le serie di incisioni che l’artista ha realizzato per illustrare la propria autobiografia e Le anime morte di Gogol. Scopo della mostra – curata da Claudia Zevi – è riflettere sull’influenza che la cultura popolare russa ha esercitato sull’arte di Chagall, a livello di immaginario, di iconografie e leggende. Tra le opere in mostra – provenienti dagli eredi dell’artista, dalla Galleria Tretyakov di Mosca, dal Museo di Stato Russo di S. Pietroburgo, dal Pompidou di Parigi, dalla Thyssen Bornemisza di Madrid, dal Kunstmuseum di Zurigo e da collezioni private – sono anche i celebri La passeggiata, l’Ebreo in rosa, Il matrimonio, Il Gallo, Guanto nero…
Gabrielle Chanel. Manifeste de mode. Parigi. Palais Galliera. Fino al 14 marzo 2021.
À la faveur de sa réouverture après des travaux d’extension, le Palais Galliera, musée de la Mode de la Ville de Paris, présente la première rétrospective en France d’une couturière hors normes : Gabrielle Chanel (1883-1971).
Dans ces années où Paul Poiret domine la mode féminine, Gabrielle Chanel, va dès 1912, à Deauville, puis à Biarritz et Paris, révolutionner le monde de la couture, imprimer sur le corps de ses contemporaines un véritable manifeste de mode. Chronologique, la première partie évoque ses débuts avec quelques pièces emblématiques dont la fameuse marinière en jersey de 1916 ; elle invite à suivre l’évolution du style de Chanel à l’allure chic : des petites robes noires et modèles sport des Années folles jusqu’aux robes sophistiquées des années 30. Une salle est consacrée au N°5 créé en 1921, quintessence de l’esprit de « Coco » Chanel. En regard du parcours articulé en dix chapitres, dix portraits photographiques de Gabrielle Chanel ponctuent la scénographie et affirment combien la couturière a incarné sa marque. Puis vient la guerre, la fermeture de la maison de couture ; seule subsiste à Paris au 31, rue Cambon la vente des parfums et des accessoires. Viennent ensuite Christian Dior et le New Look, ce style corseté qu’elle conteste ; Gabrielle Chanel réagit avec son retour à la couture en 1954 et, à contre-courant, réaffirme son manifeste de mode. Thématique, la seconde partie de l’exposition invite à décrypter ses codes vestimentaires : tailleur en tweed gansé, escarpin bicolore, sac matelassé 2.55, couleurs noir et beige bien sûr, mais aussi rouge, blanc et or… sans oublier les bijoux fantaisie et de haute joaillerie indispensables à la silhouette de Chanel.
André Derain. Expérimentateur à contre-courant. Mendrisio (Svizzera). Museo d’arte. Fino al 31 gennaio 2021.
Dans le cadre de ses expositions consacrées aux grands maîtres modernes, le Museo d’arte Mendrisio a décidé d’organiser une importante rétrospective de l’œuvre d’André Derain, souhaitant explorer les principaux aspects de sa recherche, mettre en évidence et valoriser les qualités particulières de sa production complexe, depuis l’entre les deux guerres jusqu’à sa mort. À travers la présentation d’une centaine d’œuvres, l’exposition présentera des sections spécifiques consacrées aux questions centrales de sa recherche : dans le domaine de la peinture, du dessin, de la sculpture, et de son engagement dans le monde du théâtre.
Un catalogue d’environ 230 pages, publié par le Museo d’arte Mendrisio, documentera toutes les œuvres exposées avec des photographies et des notices détaillées. Il sera introduit par des essais de chercheurs et de conservateurs et suivi d’une bibliographie et d’une sélection d’expositions. Des textes théoriques exemplaires de l’artiste seront également publiés, traduits en italien pour la première fois.
CINÉMA
Roubaix, une lumière. Un film di Arnaud Desplechin. Con Roschdy Zem, Léa Seydoux, Sara Forestier, Antoine Reinartz, Chloé Simoneau. Uscita 1 ottobre 2020.
Desplechin, che in molti film è stato il cantore di una generazione di borghesi parigini e il prosecutore ideale di una certa nouvelle vague, ogni tanto si concede delle deviazioni dal suo percorso. È il caso di questo film, ispirato a un documentario sul commissariato di Roubaix. Il commissario Daoud è un Maigret di una Francia che non c’è più. Figlio di immigrati algerini che sono rientrati in patria, è rimasto solo e vede la città in cui è cresciuto trasformarsi in un inferno triste. Un tempo polo industriale, Roubaix è la città più povera della Francia, terra di disagio e delinquenza. Daoud conosce a volte gli indagati o i loro parenti e comunque tutti li capisce e li spiega, vittime e criminali.
Sola al mio matrimonio (Seule à mon mariage). Un film di Marta Bergman. Con Alina Serban, Tom Vermeir, Rebeca Anghel, Marie Denarnaud, Marian Samu. Uscita 1 ottobre 2020.
Il ritratto realistico di una donna in cerca di una vita diversa, di un’indipendenza da conquistare: una giovane madre rumena abbandona la figlia per unirsi a uomo in Belgio. Lo fa per disperazione, per sopravvivere a una vita senza prospettive.
Pamela, giovane ragazza rumena, bella e appariscente, vive con la nonna e la figlia in un paese alle porte di Bucarest. Senza lavoro e senza prospettive, ha un solo obiettivo: incontrare uno straniero online e sposarlo. Grazie a un’agenzia matrimoniale conosce così il belga Bruno, e senza dire nulla alla nonna fugge da lui nella speranza poi di tornare a prendere la figlia. Per Pamela la vita in Belgio non è però facile: senza conoscere la lingua, senza una vera intesa con Bruno, senza la sua bambina le giornate passano vuote e infinite. Nel frattempo, a casa, l’anziana nonna muore e il solo amico che Pamela abbia avuto, Marian, si prende cura della sua bambina…
A Padova il film sarà proiettato al cinema MPX da venerdì 9 ottobre a mercoledì 14 ottobre. Ogni proiezione sarà preceduta da una video – presentazione della regista Marta Bergman.
L’uomo delfino (L’homme dauphin. Sur les traces de Jacques Mayol). Un film di Lefteris Charitos. Con Jacques Mayol, Jean-Marc Barr, Umberto Pelizzari, Dottie Mayol. Uscita 5 ottobre 2020.
Un documentario fa riemergere la figura eroica e tragica di Jacques Mayol, con la sua straordinaria storia sportiva che è stata d’ispirazione per Le Grand Bleu di Luc Besson.
Imprevisti digitali (Effacer l’historique). Un film di Benoît Delépine, Gustave Kervern. Con Blanche Gardin, Denis Podalydès, Corinne Masiero, Vincent Lacoste, Benoît Poelvoorde. Uscita 15 ottobre 2020.
Il racconto dei media da chi ne è stato vittima: una piacevole commedia in cui ognuno può riconoscersi, e può ridere di sè e della propria quotidianità.
In un quartiere periferico seguiamo le vicende di tre vicini di casa alle prese con il mondo dei social media. Marie, che vive da sola dopo che il figlio adolescente è andato a vivere con l’ex marito, si trova coinvolta nel tentativo di far cancellare dalla rete un video che la riprende in attività sessuale. Bertrand, che non sa resistere alle chiamate di una certa Miranda che chiama da un call center, al contempo cerca di proteggere la figlia che è vittima di cyberbullismo. Christine, che ha perso il lavoro a causa della sua dipendenza dalle serie tv, si è messa ora nel giro del trasporto Uber ma ritiene che la valutazione che le viene attribuita sia nettamente inferiore alla qualità delle sue prestazioni come autista. Da soli hanno poca speranza di ottenere risultati positivi. Ma se si coalizzassero?
Una classe per i ribelli (La lutte des classes). Un film di Michel Leclerc. Con Leïla Bekhti, Edouard Baer, Ramzy Bedia, Tom Lévy, Baya Kasmi. Uscita 22 ottobre 2020.
La vita nella banlieu. La lotta di classe e le differenze sociali viste dagli occhi innocenti dei bambini.
Sofia e Paul sono una coppia di idealisti. Lei è un brillante avvocato di origine magrebina che dai sobborghi parigini è riuscita a farsi strada senza mai tradire i propri principi. Lui è un batterista punk, anarchico nel midollo, in perenne conflitto con il sistema. Arrivato il momento di iscrivere il figlio Corentin alla scuola elementare, entrambi scelgono di trasferirsi nella banlieue parigina, nella casa che Sofia ha sognato per tutta l’infanzia. La periferia, ai loro occhi, si presenta come un ambiente multiculturale e popolare: l’ideale per un’educazione paritaria e democratica. Quando, però, tutti gli amici di Corentin decidono di lasciare la scuola pubblica per iscriversi in un istituto privato, Sofia e Paul sono costretti a confrontarsi con tutte le contraddizioni del caso: devono costringere il figlio a seguire i loro principi o accettare che quell’eterogeneità sociale in cui avevano sempre creduto non sia così semplice da realizzare?
The Specials – Fuori dal comune (Hors Normes). Un film di Olivier Nakache, Eric Toledano. Con Vincent Cassel, Reda Kateb, Hélène Vincent, Benjamin Lesieur. Uscita 29 ottobre 2020.
Un film che esplora l’impegno sociale senza rinunciare a una storia coinvolgente. È la storia vera di un’associazione che fornisce supporto a giovani affetti da autismo nelle sue forme più gravi. Il film segue le avventure e disavventure quotidiane che i due operatori e fondatori, interpretati da Vincent Cassel e Reda Kateb, sono costretti a fronteggiare.
Cosa resta della rivoluzione (Tout ce qu’il me reste de la révolution). Un film di Judith Davis. Con Judith Davis, Malik Zidi, Simon Bakhouche, Claire Dumas, Mélanie Bestel, Nadir Legrand.
La francese Davis racconta le emozioni del Sessantotto. Una riflessione in forma di commedia sulle rivoluzioni fallite e sulle decisioni semplici ma rivoluzionarie: Angela è una giovane urbanista convinta, con più di una ragione, di essere nata quando gli ideali maturati nel ’68 erano ormai entrati nella stagione del riflusso. In lei però si sono radicati e vorrebbe lavorare per quel ‘mondo migliore’ a cui aspiravano i suoi genitori che invece hanno finito con il separarsi. Judith Davis fa il suo esordio dietro la macchina da presa non rinunciando al suo ruolo di attrice e aderendo sia fisicamente che psicologicamente al personaggio di Angela. Lo fa con i toni della commedia che vuole provocare un pensiero senza per questo pretendere di dare risposte a priori. Perché Angela ha soprattutto domande a cui cerca una risposta in sé e negli altri. Spesso però le riposte non aderiscono a ciò che vorrebbe sentirsi dire e la chiusura a riccio o l’aggressività verbale prendono il sopravvento.