ESPACE CULTURE

À LA UNE

Settembre con Bernard Friot alla libreria Pel di Carota.

Mercoledì 11 settembre la libreria per ragazzi Pel di Carota (a Padova in via Boccalerie) compie nove anni e festeggerà con un evento straordinario! Lectures d’anniversaire n.9 letture dirette dall’autore francese Bernard Friot, considerato il Rodari d’Oltralpe: musica, letteratura e torta finale! (dalle 18.00 alle 20.00).

Venerdì 13 settembre alle ore 17.30 verrà presentato il nuovo albo illustrato Il fiore del signor Moggi di Nicoletta Bertelle e Bernard Friot.

Sabato 14 settembre dalle 14.00 alle 18.00 Bernard Friot animerà Trous dans le vent, un piccolo atelier di scrittura poetica: scrivere poesie imparando le lingue, imparare le lingue scrivendo poesie, scrivere e imparare le lingue, scrivere e imparare poesie. Lingue, poesie, scrivere, imparare…

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I dieci anni di Bru Zane.

Palazzetto Bru Zane si appresta a festeggiare il decimo anniversario della fondazione nelle sue due sedi di Venezia (20 settembre) e Parigi (7 ottobre). Nell’ottobre 2009 nasceva la fondazione con l’obiettivo di studiare un segmento considerevole della storia della musica, il repertorio della Francia del XIX secolo: dai riformatori della seconda metà del ‘700 fino al termine della carriera di coloro che, agli inizi del ‘900, si inserirono nella scia di Camille Saint-Saëns e di Jules Massenet.

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È tempo di Festival letterari.

Mercoledì 18 settembre si inaugurerà la 20esima edizione di Pordenonelegge, Festa del libro con gli autori in programma fino al 22 settembre con centinaia di incontri, dialoghi e lezioni magistrali. Sarà presente anche la Francia con Tahar Ben Jelloun, Andrée A. Michaud, Alain Touraine.

Dal 4 all’8 settembre centinaia di voci animeranno la 23esima edizione del Festivaletteratura di Mantova. La Francia sarà presente con Éric Chevillard, Geneviève Fraisse, Amin Maalouf, Nicolas Mathieu, Jane Sautière, Éric Vuillard.

Infine alla Fiera delle Parole di Padova (dal 2 al 6 ottobre) sarà presente Miguel Bonnefoy.

 

Montpellier città più verde di Francia.

Record green per Montpellier, città più verde di Francia. I dati: 25% di patrimonio natura, ovvero 43 metri quadri per abitante (Parigi è sui 9 appena). Un risultato calcolato confrontando immagini aeree e via satellite, e tenendo conto del verde pubblico e privato. Ma Montpellier ha un altro record: l’Arbre Blanc appena inaugurato, che non è un albero, ma un nuovo edificio. Una torre residenziale sul fiume Lez, con terrazze disposte in modo random, come foglie sporgenti. Un balcone come la foglia di un albero.

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Salviamo i rumori della campagna.

Il sindaco di Gajac, settanta chilometri da Bordeaux, è diventato una celebrità mondiale dopo aver lanciato un semplice appello: “Salviamo i rumori della campagna”, con il quale ha chiesto ai parlamentari francesi e all’Unesco di riconoscere come patrimonio immateriale i rintocchi delle campane, il canto del gallo, i muggiti delle mucche, ovvero tutti quei suoni che scandiscono la vita nei villaggi. A provocare l’appello del sindaco è stata la storia del processo contro Maurice, il gallo di una signora dell’Ile d’Oléron, accusato di disturbare con il suo canto. Ma le cronache giudiziarie sono piene d’altri casi simili.

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Lulu dans ma rue.

Stai per partire e non sai a chi chiedere di innaffiare le piante? Hai bisogno di qualcuno che ti ritiri una raccomandata, che ti porti a spasso il cane, che ti consigli un bravo idraulico? Ora puoi contare sul portinaio di quartiere, una versione più attuale del vecchio custode che, invece di occuparsi di un singolo palazzo, si prende cura degli abitanti di una zona intera. La prima esperienza di questo tipo è nata nel quartiere parigino del Marais e si chiama Lulu dans ma rue. È una sorta di portineria a forma di edicola che risolve i problemi quotidiani degli abitanti. È diventata talmente famosa che il Comune di Parigi sosterrà presto l’apertura di altri sette chioschi in città.

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LIVRES

Ken FOLLETT, Notre-Dame, Mondadori.

“Amo le cattedrali e giocano un ruolo importante nei miei romanzi. Eppure sono rimasto sorpreso dalla mia reazione, da quanto sono stato commosso, emozionato e rattristato dall’incendio. Credo che molti abbiano provato sentimenti analoghi. Non dipende solo dal fatto che Notre-Dame sia una meravigliosa chiesa gotica. La ragione profonda è che è un simbolo della civiltà europea.”

la Repubblica, intervista a Ken Follett di Enrico Franceschini.

“L’immagine di Notre-Dame in fiamme mi ha stupefatto e sconvolto nel profondo. Un bene di inestimabile valore stava morendo davanti ai nostri occhi. È stato spaventoso come se il suolo avesse cominciato a tremare sotto i nostri piedi.” Così si esprime il grande scrittore all’indomani del tragico incendio che ha devastato la cattedrale di Notre-Dame la sera del 15 aprile scorso. Nel suo romanzo più famoso, I pilastri della terra, Ken Follett aveva descritto minuziosamente il rogo della cattedrale di Kingsbridge, come fosse una premonizione di quanto è accaduto a Parigi. In quel romanzo migliaia di uomini e donne erano giunti da diversi paesi per aiutare a ricostruire la cattedrale.

Con questo breve scritto (i cui proventi di vendita saranno devoluti alla Fondation du Patrimoine, uno dei grandi enti che ha offerto subito il suo sostegno per il restauro della cattedrale) Ken Follett ha deciso di rendere omaggio a Notre-Dame, raccontando come si è sentito quando ha assistito a questo disastro, e ripercorrendo i momenti storici salienti della vita della grande cattedrale che nei secoli ha esercitato una fascinazione universale, dalla sua costruzione durata quasi un secolo, all’influenza che ha avuto sul genio narrativo di Victor Hugo.

“Se le persone hanno pianto il 15 aprile a Parigi, ma anche nel resto del mondo, è perché qualcosa di molto importante, qualcosa di intimo, veniva distrutto sotto i loro occhi. E poiché noi siamo gli eredi di chi ha costruito la cattedrale di Notre-Dame, desidero far parte della sua ricostruzione.” Ken Follett

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Jean d’ORMESSON, Una preghiera infinita (Un hosanna sans fin), Edizioni Clichy.

Il conclusivo, commovente, straziante, intelligente epilogo della vicenda umana e narrativa di uno dei più grandi scrittori del Novecento: Jean d’Ormesson, scrittore francese raffinato e poliedrico, è stato homme de qualité ed europeo d’elezione. Esce ora il suo ultimo libro, una meditazione di sommessa esultanza, concisa e vibrante, com’è naturale in un uomo formato sulla sapienza dei moralisti classici e sulla finesse di un’educazione privilegiata.

«D’Ormesson ci ha purtroppo lasciati, ma per fortuna ci ha regalato questa meravigliosa e profondissima “preghiera” che può renderci tutti migliori» Le Magazine Littéraire

Il 5 dicembre 2017, nel tardo pomeriggio, Jean d’Ormesson detta alla sua segretaria le ultime righe del suo ultimo libro. Poi cena, tranquillamente, beve il suo cognac e va a dormire. Non si sveglierà più. Cosciente di aver concluso la sua trentottesima e conclusiva opera, questo Una preghiera infinita, può alla fine allontanarsi da questo mondo che tanto gli ha dato. Il suo testamento filosofico e letterario mette il punto finale a una riflessione che per anni questo autore gentile e discreto ha generosamente offerto ai lettori, che tanto lo hanno amato, e che ha offerto una serie di possibili risposte alle domande fondamentali dell’essere umano: chi siamo? Da dove veniamo? Che cosa ci facciamo qui?

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Denis MUKWEGE, Figlie ferite dell’Africa. La mia battaglia per salvare le donne dalla violenza (Plaidoyer pour la vie. L’autobiographie de “l’homme qui répare les femmes”), Garzanti.

«Verrà il giorno in cui una sola voce, quella di tutto il popolo e di tutte le chiese, si leverà così forte da spazzare via le forze del male. Solo allora potremo finalmente voltare pagina.»

Da giovane medico congolese, Denis Mukwege è testimone delle difficoltà che hanno le donne incinte del suo paese ad accedere a cure adeguate. Le loro gravidanze terminano spesso in tragedie. Nasce così la sua vocazione: si trasferisce in Francia per specializzarsi in ginecologia e ostetricia e sceglie poi di far ritorno a Lemera, tra le montagne del Congo orientale. Dieci anni dopo, in piena guerra civile, fonda l’ospedale Panzi per offrire cure alle donne vittime di violenze sessuali. In quella regione infatti stupri e mutilazioni sono armi strategiche delle milizie armate: colpiscono le donne per distruggere le famiglie e quindi le strutture sociali ed economiche del luogo. Sfidando le minacce di morte ricevute, Denis Mukwege decide di portare il fenomeno all’attenzione prima del suo governo – che a lungo si ostina a negarlo – e poi della comunità internazionale, e nel 2018, per il suo straordinario impegno in difesa dei più deboli e dei diritti delle donne, riceve il premio Nobel per la Pace.

“Se gli eroi esistono allora Denis Mukwege è un eroe.” Libération

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Georges SIMENON, Il Mediterraneo in barca (Mare nostrum ou La Méditerranée en goélette), Adelphi.

Prende avvio con Il Mediterraneo in barca la pubblicazione di una vasta scelta dei reportage di Georges Simenon. Gli articoli qui radunati sono apparsi per la prima volta sul settimanale “Marianne” fra il giugno e il settembre del 1934. Completa il volume un gruppo di fotografie dell’Archivio Simenon scattate nel corso della crociera.

Che Simenon sia un prodigioso narratore è a tutti noto. Ma forse non tutti sanno che, in particolare fra il 1931 e il 1946, è stato un reporter non meno prodigioso – e singolare. Singolare perché, lungi dal considerarsi un inviato speciale, i suoi reportage li ha scritti per sé, per viaggiare, per finanziare la sua curiosità. Quella curiosità nei confronti dell’uomo che ha scoperto in sé sin da quando, giovanissimo, lavorava alla «Gazette de Liège»: «Ho sempre colto la differenza fra l’uomo vestito e l’uomo nudo» ha dichiarato. «Intendo dire l’uomo com’è davvero, e l’uomo come si mostra in pubblico, e anche come si vede allo specchio». Così, alla vigilia di ogni viaggio, Simenon andava da un amico caporedattore e gli diceva: «La settimana prossima parto. Le interessano dodici articoli?». Ma proprio perché concepiti in funzione dell’unica attività che gli stesse a cuore, la scrittura – non a caso ha voluto intitolare il volume che li raccoglie Mes apprentissages («Il mio apprendistato») –, i suoi pezzi giornalistici non fanno dunque che rivelarci un’altra faccia del Simenon romanziere. Lo dimostra questo resoconto di una crociera compiuta nel Mediterraneo – da Porquerolles alla Tunisia passando dall’Elba, Messina, Siracusa, Malta – a bordo di una goletta: una lunga crociera durante la quale Simenon, che si era ripromesso di capire e descrivere il Mare nostrum, non potrà che confermarsi nella sua vera vocazione, la stessa di Stevenson: raccontare storie.

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Georges SIMENON, Marie la strabica (Marie qui louche), Adelphi.

Sylvie ha diciassette anni ed è bella, procace, impudica; ha un seno magnifico, che eccita gli uomini, e prova piacere «a guardarselo, ad afferrarlo a piene mani». Marie, che ha un anno più di lei, è brutta e strabica, timida e spaurita; a scuola le compagne «le giravano alla larga, dicevano che aveva il malocchio». Da piccole, Sylvie le prometteva: «Quando sarò ricca ti prenderò come cameriera, e ogni mattina mi pettinerai». Eppure, di quello che passa per la testa di Sylvie, che adora e disprezza al tempo stesso, Marie intuisce tutto. Sa perché si spoglia davanti alla finestra aperta con la luce accesa, e sa anche che è lei a provocare il suicidio di Louis, il ragazzo ritardato ed epilettico che si aggira di sera nel giardino della pensioncina dove entrambe lavorano. Priva di scrupoli, ferocemente determinata a fuggire quella povertà che le fa orrore, Sylvie lascia la provincia e parte alla conquista di Parigi. Marie, che appartiene alla razza delle creature «segnate dalla malasorte», la segue nella capitale, ma si rassegna all’esistenza mediocre a cui è destinata. Quando, molti anni dopo, le due donne si rincontreranno, sarà Sylvie ad aver bisogno dell’aiuto di Marie, e questa sembrerà assecondarla con la succube arrendevolezza di sempre. Ma forse, questa volta, con il segreto proposito di rovesciare i ruoli: chi sarà, allora, la serva, e chi la padrona?

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Philippe JAENADA, Lo strano caso di Henri Girard (La serpe), Sellerio.

Un triplice omicidio commesso nel 1941 in Dordogna vide accusato e poi scagionato un ragazzo viziato e incostante, Henri Girard. Philippe Jaenada ha studiato l’inchiesta e il processo, scovato nuovi indizi, gettando una luce nuova sulla vicenda con questo romanzo appassionante, tra reportage e saga famigliare, che ha vinto nel 2017 il Prix Femina.

Una mattina di ottobre del 1941, in un castello isolato in Dordogna, il giovane Henri cerca soccorso: durante la notte il padre, la zia e la cameriera sono stati massacrati a colpi di roncola. Lui è il solo sopravvissuto. Tutte le porte sono chiuse, nessun segno di scasso. Il ragazzo due giorni prima aveva chiesto in prestito ai vicini l’arma usata per il crimine. Dopo l’omicidio dei suoi parenti è diventato a ventiquattro anni l’unico erede delle fortune di famiglia: il castello, numerosi immobili, terreni, milioni in azioni e obbligazioni. Nel 1943, in piena guerra, alla fine di un processo clamoroso e torbido, Henri Girard viene assolto e l’inchiesta chiusa nonostante l’opinione pubblica fosse convinta della sua colpevolezza. Nel 1947 parte per il Venezuela e tornerà in Francia dieci anni più tardi. Porta con sé il manoscritto di un romanzo firmato con lo pseudonimo di Georges Arnaud, Il salario della paura, che avrà grande successo e da cui verrà tratto un celebre film con Yves Montand (Vite vendute). La vita di Girard riserverà ancora molte sorprese, diventerà giornalista, autore di testi teatrali, sosterrà la causa algerina, e morirà a Barcellona nel 1987. Il mistero del triplice omicidio nel castello di Escoire non è stato mai risolto e intorno alla vita dell’unico sospettato è nato un mito di ambiguità nera e demoniaca. Philippe Jaenada ha vestito i panni dell’investigatore e si è immerso negli archivi, ha scovato indizi, ha studiato l’inchiesta e il processo sullo sfondo della Francia degli anni ’40. Il suo Girard è un uomo tormentato e brillante, insopportabile e combattivo, un difensore dei deboli e degli sventurati, sempre in guerra con quelli che simboleggiano l’ordine, la serietà, la legge. Da questa immersione profonda nei fatti, nelle parole e nei silenzi, scaturisce un racconto che contamina il reportage con l’umorismo, il romanzo di famiglia con l’arte della digressione, ed è il ritratto fluviale e appassionante dell’intera, enigmatica esistenza di Henri Girard.

Philippe Jaenada, scrittore e giornalista, è nato a Saint-Germain-en-Laye nel 1964 e vive a Parigi. Ha esordito nel 1997 con il romanzo Le chameau sauvage al quale hanno fatto seguito una serie di romanzi di ispirazione autobiografica. Dal 2013 con Sulakha ha iniziato a occuparsi di personaggi reali e storie vere, un lavoro continuato con La Petite femelle (2015) e con Lo strano caso di Henri Girard (2017), candidato al Prix Goncourt e vincitore del Prix Femina.

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Éric VUILLARD, La guerra dei poveri (La guerre des pauvres), Edizioni e/o.

«Gli esasperati sono così, un bel giorno sgorgano dalla testa dei popoli come i fantasmi sbucano dai muri».
Éric Vuillard

Alcune guerre sono celebri, per esempio le guerre napoleoniche, le guerre d’indipendenza o le guerre mondiali. Di altre non si sa niente: sono le guerre dei poveri, quelle che nei libri di storia del liceo vengono ricordate al massimo come non meglio identificate “rivolte contadine”. Eppure comportavano armi, campi di battaglia, morti e feriti come in qualunque altra guerra. Raccontandoci la storia di Thomas Müntzer (c.1489-1525), prete al tempo degli albori della Riforma e condottiero di disperati, Vuillard ci fa penetrare tra le maglie più strette di quelle sommosse popolari che hanno sconvolto la Germania nei primi anni del Cinquecento e, prima, le campagne inglesi del Trecento e del Quattrocento. L’interessante denominatore comune delle varie guerre dei poveri è che si appoggiano su motivazioni religiose, e non a caso a capeggiarle sono spesso uomini di chiesa, il cui punto di partenza è la Bibbia. Il popolo, da secoli schiacciato dai nobili e dal clero, non ha da sé la forza di ribellarsi, ma la trova quando il predicatore illuminato (o pazzo, o eretico, o fanatico, a seconda dei punti di vista) lo fa riflettere: perché Dio, il dio dei poveri, ha bisogno di tanto sfarzo? Perché i suoi ministri hanno bisogno di tutto quel lusso? Perché Dio è stranamente sempre dalla parte dei ricchi? Domande che all’epoca erano a dir poco sovversive, ma che forse ogni tanto faremmo bene a porci anche oggi.

Éric Vuillard, scrittore e cineasta nato a Lione nel 1968, ha ricevuto il premio Ignatius-J.-Reilly 2010 per Conquistadors, il premio Franz-Hessel 2012 e il premio Valery-Larbaud 2013 per Congo e La bataille d’Occident, il premio Joseph-Kessel 2015 per Tristesse de la terre e il premio Alexandre-Vialatte 2017 per 14 juillet. Con L’ordre du jour nel 2017 ha vinto il Premio Goncourt.

Éric Vuillard è stato ospite del “Festivaletteratura” di Mantova con un incontro dal titolo « La storia si ripete? ».

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Jean-Claude IZZO, Marinai perduti (Les marins perdus), Edizioni e/o.

Marinai perduti è – tra quelli di Jean-Claude Izzo – il romanzo del Mediterraneo. Innanzitutto per i personaggi: il libanese Abdul Aziz, comandante di una nave condannata al disarmo; il greco Diamantis, suo secondo a bordo e poeta; il turco Nedim; le donne, Céphée, Melina, Aysel, Amina, Mariette, Gaby, Lalla, amate, perse e cercate nei porti del nostro mare.

Poi c’è Marsiglia, città di esuli, di meticci, dove ogni incontro è possibile. C’è la luce del Mediterraneo, la sua storia, le leggende, i miti, la tragedia. È il mare che intreccia i destini di questi personaggi. Solo i greci – pensa Diamantis – avevano tante parole per definirlo: “Hals, il sale, il mare in quanto materia. Pelagos, la distesa d’acqua, il mare come visione, spettacolo. Pontos, il mare spazio e via di comunicazione. Thalassa, il mare in quanto evento. Kolpos, lo spazio marittimo che abbraccia la riva, il golfo o la baia…”.

Jean-Claude Izzo è nato nel 1945 a Marsiglia, dove è morto nel 2000, a soli 55 anni. Ha esercitato molti mestieri prima di conoscere un successo travolgente con la trilogia noir (Casino totale, Chourmo, Solea), con i romanzi Il sole dei morenti e Marinai perduti, la raccolta di racconti Vivere stanca e la raccolta di scritti inediti Aglio, menta e basilico.

«Con i libri di Jean-Claude Izzo ogni volta succede la stessa cosa: c’è sempre un momento in cui non sappiamo perché stiamo piangendo. Izzo è innanzitutto questo: un’emozione fondamentale… un’insuperabile malinconia». Le Monde

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Éric CHEVILLARD, Sul riccio (Du hérisson), Prehistorica editore.

Il suo viso esprime ferma risolutezza. I suoi gesti sono brevi e precisi. La sua mano non trema. Eppure c’è in gioco la sua stessa vita in questa storia. È uno scrittore e, questa sera, si propone di scrivere la sua autobiografia. Sul tavolo si trova riunito tutto il materiale necessario, della carta, una matita, una gomma, un riccio. Che non c’entra nulla qui, quest’ultimo, avete ragione voi. La cui presenza incongrua è persino un vero mistero. Ma l’effetto sorpresa svanisce presto. Spazio alla collera. Questo riccio naïf e globuloso è una calamità. Per quanto così dotato lui stesso per l’introspezione viziosa e il ripiego compulsivo su di sé, ostacola e confonde l’ambizioso progetto autobiografico dello scrittore.

Autentico libro dei libri, Sul riccio affronta così il tema spinoso per antonomasia, quello che soggiace a qualsivoglia opera letteraria: l’ossessione della pagina bianca, il famigerato blocco creativo.

Proprio sotto gli occhi increduli del lettore, lo scrittore e protagonista affronta apertamente la propria paura, di cui riuscirà a dirci per oltre duecento pagine.

Il romanzo che ispira: dedicato ai veri amanti della lettura, e a tutti gli aspiranti scrittori.

Éric Chevillard è nato nel 1964 a La Roche-sur-Yon e, come recita non senza ironia il suo sito, “ieri il suo biografo è morto di noia”. Si tratta indubbiamente di uno dei massimi scrittori francesi contemporanei, che ha saputo suscitare il vivo interesse di critica e pubblico, anche all’estero. Ideatore del fortunatissimo blog letterario, L’Autofictif, ha nel corso degli anni ottenuto diversi e prestigiosi premi, come il PRIX FÉNÉON, Il PRIX WEPLER, il PRIX ROGER-CAILLOIS, il PRIX VIRILO e il PRIX VIALATTE per l’insieme della sua opera. Nel 2013, la traduzione di un suo romanzo, Préhistoire, si è aggiudicata il Best Translated Book Award – premio statunitense assegnato dalla rivista “Open Letters” e dall’università di Rochester.

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Tatiana DE ROSNAY, Sentinella della pioggia (Sentinelle de la pluie), La nave di Teseo.

Dopo aver lasciato Parigi, chi per un motivo chi per l’altro, tutta la famiglia Malegarde si ritrova nuovamente nella capitale per festeggiare due ricorrenze: i settant’anni del padre Paul e i cinquant’anni di matrimonio di Paul e Lauren. Una pioggia batte incessante sulla città, provocando un’emergenza di portata nazionale. Ma lo straripare della Senna non è l’unica minaccia che pesa sulla famiglia. Costretti in casa, a una vicinanza forzata, anche i conflitti fra padre e figlio, fratello e sorella, madre e figlia rompono gli argini, tanto da convincere tutti della necessità di un rientro anticipato. Ma un improvviso malore colpisce Paul, costringendo i Melegarde a restare all’interno di quel nucleo da cui vorrebbero tanto scappare. E così tutti e tre – Linden, il figlio diventato fotografo di fama internazionale e segretamente omosessuale, Tilia, una madre single di mezza età che si sente frustrata e insoddisfatta, e l’anziana Lauren, che forse ha un’amante – si avvicinano al letto dove Paul è in coma come fosse un confessionale. In un susseguirsi serrato di rivelazioni e litigi, di intimità e diffidenze, di bugie e rimpianti, Sentinella della pioggia svela i meccanismi più oscuri di ogni famiglia e trasforma quella che sembra la solita riunione domestica, nell’occasione di fare i conti con il passato e liberarsi dei segreti e dei silenzi coltivati per tutta la vita.

Franco-inglese, Tatiana de Rosnay è la scrittrice francese più letta in Europa e negli Stati Uniti. Autrice di undici romanzi, tra cui La chiave di Sarah, best seller internazionale che ha venduto più di sette milioni di copie ed è stato adattato al cinema da Gilles Paquet-Brenner, vive a Parigi con la sua famiglia.

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Alice RIVAZ, La pace degli alveari (La paix des ruches), Casa editrice PaginaUno.

Sconosciuta in Italia, la svizzera Alice Rivaz (1901-1998) è stata un’antesignana del femminismo, molto amata ad esempio da Annie Ernaux. In questo romanzo del 1947, il diario segreto di una moglie che non ama più il marito si traduce in un atto d’accusa contro la società patriarcale.

« Credo di non amare più mio marito ». Così si apre il diario segreto di Jeanne Bornand, moglie e lavoratrice, donna che è stata amante e amata e che si ritrova, ancora giovane ma vicina a non esserlo più, faccia a faccia con la sua estraneità alla vita cui le sue scelte l’hanno condotta. A finire implacabilmente sotto accusa è il matrimonio, nella sua prosaicità, nel suo insanabile scollamento dall’amore, ma una volta cominciato sembra che Jeanne non riesca più a fermarsi. L’intera società degli uomini, di cui le donne sono al tempo stesso vittime e complici, finisce sotto la sua critica spietata, tanto più feroce perché tinta della più lucida ironia.

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Sylvie SCHENK, Veloce la vita, Keller Editore.

In una Lione degli anni Cinquanta che non ha ancora dimenticato i drammi dell’occupazione, arriva Louise che ha lasciato le Alpi francesi e un ambiente famigliare oppressivo. Per lei tutto è nuovo: la vita di una grande città, le avventure, l’amore… Conosce Henri, pianista jazz molto dotato che non riesce ad accettare l’uccisione dei genitori e vive in un’antica casa con una biblioteca ormai vuota perché depredata dai nazisti, e quindi Johann, un ragazzo tedesco, con il quale è amore. Per lui, Louise lascerà la Francia, si opporrà alla famiglia e sceglierà un nuovo Paese e nuove relazioni, imparerà una nuova lingua… Resta solo un tarlo: quello che Henri le ha svelato in un misto di rabbia e confidenza prima della sua partenza. Le persone da cui andrà forse non sono così innocenti. Veloce la vita è un romanzo dalle molteplici letture e scritto in modo incantevole. È la bellissima storia di una donna, della sua indipendenza, della sua forza, delle sue scelte e dell’amore, dei ponti tra le lingue, dei libri letti, dei sogni, delle ombre e delle colpe che ci portiamo dietro – a volte anche quelle di cui non siamo responsabili – della drammatica velocità con cui passa il tempo e con cui anche la vita più piena, alla fine, si consuma. Bello, intelligente e commovente.

Sylvie Schenk è nata nel 1944 a Chambéry, in Francia. Ha studiato a Lione e si è trasferita in Germania nel 1966. Ha pubblicato poesie in francese e, dal 1992, ha iniziato a scrivere in tedesco. Vive vicino a Aachen (Aquisgrana) e a La Roche-de-Rame, nelle Alte Alpi francesi.

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Sorj CHALANDON, La professione del padre (La profession du père), Keller Editore.

PRIX DU STYLE. ROMANZO DELL’ANNO PER LES ÉTOILES • LE PARISIEN • AUJOURD’HUI EN FRANCE

«Che libro! Ti afferra a ogni pagina per la purezza dello stile, l’intensità delle emozioni, e propone un’affascinante riflessione sulla narrazione» NICOLAS MOUTON, L’OBS

«Sorj Chalandon scrive con le sue lacrime. Dopo quelle versate per il tradimento del suo amico irlandese (Il mio traditore), quelle del massacro di Sabra e Shatila in Libano (La quarta parete), lo scrittore libera le lacrime della sua infanzia in La professione del padre. OLIVIER PÉROU, LE POINT»

Quante cose si possono fare in una sola vita? André Choulans dice di essere stato cantante, insegnante di judo, calciatore, spia, pastore pentecostale, paracadutista durante la guerra, confidente del generale de Gaulle e poi suo nemico. Ha una missione: uccidere de Gaulle e combattere affinché l’Algeria resti francese: per questo chiede aiuto al figlio Émile. Il ragazzo decide di stare al suo fianco eseguendone gli ordini e accettandone il duro addestramento. Affascinato ascolta i racconti di eroismo del padre e dimentica i comportamenti violenti di quell’uomo malato. Incassa i colpi, non dubita, non si lamenta, non giudica.
Vuole essere il miglior figlio possibile, ogni volta più bravo, a scuola come a casa. Quella casa, dove non è permesso portare nessuno, che diventa il luogo in cui la piccola storia eroica e avventurosa di Émile incontra la grande Storia nella quale il padre in qualche modo è sempre implicato – la fuga di Nureyev dall’URSS, l’omicidio di Kennedy – e dove si forma la ferita che poi albergherà nel cuore del protagonista anche da adulto.
Un romanzo forte e potente – pieno di ombre che convivono con la luce – come tutti quelli che ci ha regalato Sorj Chalandon, narrato con uno stile serrato, pieno di immagini dalle quali difficilmente riusciamo a staccarci.
Una storia toccante e un romanzo sublime.

Sorj Chalandon è nato nel 1952. È stato per trent’anni corrispondente e giornalista per «Libération», prima di entrare nella squadra irriverente de «Le Canard Enchaîné». Ha coperto i maggiori conflitti del secolo scorso, dal Libano all’Afghanistan e si è trovato più volte a tu per tu con la guerra.

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Philippe BESSON, Un certo Paul Darrigrand (Un certain Paul Darrigrand), Guanda.

È una mattina d’autunno del 1988. Il giovane Philippe, da poco stabilitosi a Bordeaux per proseguire gli studi, si scontra nei corridoi della facoltà con uno studente di qualche anno più grande. Questione di un secondo, un rapido scambio di sguardi, un turbamento fugace. Quindi un pranzo al ristorante, una passeggiata. Comincia così un rapporto tormentato, emozionante e malinconico. Il fascinoso sconosciuto si chiama Paul Darrigrand e ha gli occhi neri e profondi, il fisico asciutto del surfista, l’aria sicura. Ha anche una moglie, ma questo non basta a frenare la passione che si accende durante una vacanza invernale all’isola di Ré. Il resto sono momenti rubati, abbracci clandestini, dubbi e, per il più fragile Philippe, una lotta accanita contro una misteriosa malattia. Un certo Paul Darrigrand è il racconto di un anno vissuto pericolosamente. Una storia di giovinezza, di esitazioni e di desiderio. Philippe Besson, dopo l’esito felicissimo di Non mentirmi, apre di nuovo il baule dei ricordi, ne estrae una foto e rievoca il passato, in un continuo rimando tra realtà e finzione, tra scrittura e vita.

“Chi, come Besson, sa offrire delicatezza persino nel dramma?” Le Parisien

“Besson ricorda Marguerite Duras, sia per la purezza dello stile sia per i temi.” L’Obs

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Aurélie THÉROND, Il tuorlo & l’albume – 60 ricette antispreco per utilizzare ciò che avanza (Le Jaune & le Blanc. Le livre de cuisine anti-gaspillage – 60 recettes pour utiliser les jaunes et les blancs d’oeufs qu’il vous reste), Gribaudo.

Un libro esteticamente splendido, fatto per essere letto e sfogliato. Concettualmente risponde a una domanda che molti appassionati di cucina si saranno spesso fatti: che fare dei tuorli o degli albumi inutilizzati perché scartati da altre ricette? Questo libro offre 60 magnifiche ricette dolci e salate “antispreco” pensate proprio per questo: torte, biscotti, dolci al cucchiaio, creme e salse… Inoltre trucchi, consigli, idee alternative per riciclare con gusto.

Aurélie Thérond, cuoca autodidatta, punta tutto su una cucina creativa e sana, ponendo l’accento sulla sostenibilità e sull’attenzione allo spreco. Fotografie di Claire Curt.

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LIVRES POUR LES PLUS JEUNES

Hergé, Tintin sulla luna (On a marché sur la Lune), Rizzoli Lizard.

«A furia di credere nei suoi sogni, l’uomo li ha resi realtà.»

In occasione dei novant’anni di Tintin (1929-2019) e del cinquantenario dei primi passi dell’uomo sulla Luna (1969), Rizzoli Lizard presenta due dei più celebri capitoli della saga creata da Hergé: Obiettivo Luna (1953) e Uomini sulla Luna (1954). Questi due libri, qui raccolti in un unico prezioso volume di grande formato, sono un’occasione imperdibile per ritrovare il sapore eroico e l’ambiziosa innocenza degli anni dell’era spaziale, che Hergé – con grande sensibilità – aveva saputo anticipare e cogliere con ineguagliabile maestria.

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Laetitia COLOMBANI, La treccia. Il viaggio di Lalita (La tresse ou le voyage de Lalita), illustrazioni di Clémence Pollet, Casa Editrice Nord-Sud.

Una storia di coraggio e di speranza che ripercorre, anche attraverso raffinate illustrazioni, la fantastica lotta di una donna per assicurare alla figlia un futuro migliore. Adattato dal best seller La treccia di Laetitia Colombani.

Come ogni mattina, Smita scioglie i capelli di sua figlia Lalita. Non glieli ha mai tagliati, perché in India le donne si lasciano crescere i capelli per molto tempo, a volte anche per tutta la vita. Li divide in tre ciocche e ne fa una treccia. Ma oggi non è un giorno come gli altri. Oggi per Lalita è il primo giorno di scuola. Questo libro racconta con grande sensibilità la sorte riservata in India alle donne, in particolare se appartengono alle classi sociali più basse, per sottolineare che è cruciale lottare contro le discriminazioni che impediscono a migliaia di persone di vivere dignitosamente.

“Leggere un libro è come viaggiare. Da piccola leggevo moltissimo, sono cresciuta in biblioteca. I bambini hanno bisogno di libri non solo per conoscere il mondo che li circonda, ma anche per essere liberi.” La Repubblica, intervista a Laetitia Colombani di Ilaria Zaffino.

Laetitia Colombani è nata a Bordeaux nel 1976. Ha studiato cinema all’École Louis-Lumière e ha diretto il suo primo film a soli venticinque anni. In breve tempo, si è imposta come regista, sceneggiatrice e attrice. Ha lavorato con attrici del calibro di Audrey Tautou, Emmanuelle Béart e Catherine Deneuve. La treccia è il suo romanzo d’esordio, che è rimasto per mesi ai vertici delle classifiche francesi e aggiudicandosi il prestigioso Prix Relay.

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EXPOSITIONS

Berthe Morisot (1841-1895). Parigi. Musée d’Orsay. Fino al 22 settembre 2019.

Grande figura dell’Impressionismo, Berthe Morisot risulta oggi meno nota rispetto ai suoi amici Monet, Degas o Renoir, pur essendo stata sin da subito riconosciuta come una delle artiste più innovatrici del gruppo. Questa mostra ricostruisce lo straordinario percorso di una pittrice che, in antitesi con gli usi del suo tempo e del suo ambiente, diventa una figura fondamentale delle avanguardie parigine dalla fine degli anni ’60 dell’Ottocento fino alla sua morte prematura nel 1895. La pittura dal modello permette a Berthe Morisot di esplorare varie tematiche della vita moderna, come l’intimità della vita borghese, il gusto della villeggiatura e dei giardini, l’importanza della moda, il lavoro domestico femminile, offuscando i limiti tra interno/esterno, privato/pubblico, finito/non finito. Per lei, la pittura deve sforzarsi di « fissare qualcosa di ciò che passa ».
Soggetti moderni e rapidità di esecuzione sono dunque legati alla temporalità della rappresentazione, e l’artista si confronta costantemente con l’effimero e il passare del tempo. Così, le sue ultime opere, caratterizzate da un’espressività e una musicalità inedite, invitano a una mediazione spesso malinconica su tali rispondenze tra l’arte e la vita.

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Gustave Caillebotte. Pittore e mecenate degli Impressionisti. Berlino. Alte Nationalgalerie. Fino al 15 settembre 2019.

Per la prima volta in assoluto in un museo della capitale tedesca viene esposta la celebre tela «Rue de Paris, temps de pluie» (1877), prestito dell’Art Institute of Chicago. Gustave Caillebotte (1848-94) fu uno degli attori principali del movimento impressionista francese, eppure il suo nome non rientra nella ristretta cerchia dei grandi. Solo in un secondo momento divenne famoso come pittore, proprio grazie al sopracitato capolavoro che con la sua insolita, poco convenzionale prospettiva urbana e le grandi figure in primo piano, raggiunse la ribalta alla Terza Esposizione Impressionista del 1877. Berlino espone una prestigiosa selezione dei suoi più significativi lavori, disegni di studio e preparazione che offrono un’interessante panoramica su un processo creativo insolito, molto personale, dell’artista parigino. Si evince che con la pittura di Caillebotte è possibile inaugurare nuovi approcci allo studio dell’Impressionismo da questi altrimenti interpretato con la costruzione di spazi pittorici e audaci prospettive e con un dettaglio sorprendentemente immediato e moderno. Il giovane, assai benestante Gustave fu anche vero e proprio mecenate di Renoir, Manet, Degas, Cézanne e Monet, tutti presenti nella sua collezione, esposta in larga parte in questa di Berlino.

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CINÉMA

Grandi bugie tra amici (Nous finirons ensemble). Un film di Guillaume Canet. Con François Cluzet, Marion Cotillard, Gilles Lellouche, Laurent Lafitte, Benoît Magimel. Uscita 12 settembre 2019.

Canet dirige il sequel del cult Piccole bugie tra amici.

Dopo diversi anni la banda di amici si ritrova nella casa al mare di Max in occasione del suo compleanno.

Sfiancato dalle scadenze e da una situazione economica assai poco rosea, Max si trasferisce nella sua casa al mare per riflettere. Lì, senza preavviso, lo raggiunge il suo gruppo di amici storici, che non vede da oltre 3 anni, per festeggiare il suo compleanno. La sorpresa è certamente riuscita ma l’accoglienza lascia a desiderare. Max non finge neppure di essere felice. Anzi, fa di tutto per non mettere a proprio agio gli (ex?) amici. Una situazione che metterà il gruppo in una situazione ancora una volta imprevedibile.

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I migliori anni della nostra vita (Les plus belles années d’une vie). Un film di Claude Lelouche. Con Jean-Louis Trintignant, Anouk Aimée, Souad Amidou, Antoine Sire, Marianne Denicourt. Uscita 19 settembre 2019.

È il terzo capitolo dedicato ai personaggi di Anne e Jean-Louis, i protagonisti del film di grande successo Un uomo, una donna: Lelouche incontra di nuovo le strade di Jean-Louis e Anouk per riflettere sul mistero della vita e su quello dei sentimenti.

Li conosciamo ormai da molto tempo. Un uomo e una donna, la cui inaspettata storia d’amore, immortalata in un dittico diventato mitico, ha rivoluzionato il nostro modo di vedere l’amore. Oggi, l’ex pilota di gara si perde un po’ sui sentieri della sua memoria. Per aiutarlo, suo figlio troverà quello che suo padre non sa come mantenere ma che evoca costantemente. Anne vedrà di nuovo Jean-Louis e riprenderà la loro storia dove l’avevano lasciata…

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Selfie di famiglia (Mon bébé). Un film di Lisa Azuelos. Con Sandrine Kiberlain, Thaïs Alessandrin, Yvan Attal, Arnaud Valois, Patrick Chesnais, Victor Belmondo. Uscita 19 settembre 2019.

Prima della partenza della figlia, Héloise ripensa ai loro ricordi e si improvvisa regista filmando con il suo telefono i loro momenti: una commedia emozionante e attualissima sull’amore.

Héloise è una « super-mamma » single: ha tre figli, un ristorante da mandare avanti e all’occasione, perchè no, anche qualche amante. Ma la diciottenne Jade, la più giovane di casa, presto lascerà il nido per continuare i suoi studi in Canada. Mentre la partenza di Jade si avvicina, Héloise ripensa ai loro ricordi e si improvvisa regista filmando con il suo telefono i loro momenti insieme prima del viaggio, rendendoli unici grazie alla complicità che ha sempre saputo creare con sua figlia, « la sua piccola ».

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Sisters in arms (Soeurs d’armes). Un film di Caroline Fourest. Con Dilan Gwyn, Esther Garrel, Camélia Jordana, Maya Sansa, Mark Ryder, Nanna Blondel. Uscita 26 settembre 2019.

Un film d’azione sulle donne in guerra. Un film di guerra sulle donne in guerra.

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